Luci e sirene delle ambulanze servono raramente

Negli Stati Uniti c'è un dibattito sull’utilizzo improprio di segnali che aumentano il rischio di incidenti e portano pochi benefici

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Un’ambulanza in servizio attraversa un quartiere residenziale a Yonkers, nello stato di New York, il 6 aprile 2020 (John Moore/Getty Images)
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Il fenomeno degli accessi impropri in pronto soccorso, cioè quelli che non richiedono un intervento medico immediato, è uno dei fattori che contribuiscono ad aumentare i tempi di attesa in ospedale, intasare i reparti e peggiorare la qualità dei servizi sanitari. Vale per l’Italia, ma anche per altri paesi europei e per gli Stati Uniti, dove è in corso da qualche anno un dibattito più specifico, relativo all’eccessivo utilizzo dei fari e delle sirene di emergenza da parte delle autoambulanze.

Un recente articolo sul sito d’informazione medica STAT, riprendendo un’ampia letteratura scientifica sul tema, ha descritto l’utilizzo improprio di luci e sirene delle ambulanze come una pratica molto diffusa e causa di un aumento significativo dei pericoli sulla strada. In sostanza, suggerisce STAT, sulla base dei dati disponibili è probabile che allo stato attuale luci e sirene portino più danni che benefici.

Oltre tre quarti degli interventi di pronto soccorso richiesti tramite 911 – il numero telefonico per le emergenze negli Stati Uniti – determina un trasporto a sirene spiegate e fari accesi verso le strutture mediche. Ma meno del 5 per cento dei pazienti che ricevono poi le cure nelle strutture trae benefici clinici concreti da quel tipo di trasporto d’emergenza. L’utilizzo congiunto di luci e sirene permette di risparmiare in media tra 42 secondi e 3,8 minuti di viaggio, e triplica la possibilità di incidente con un paziente a bordo.

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In teoria luci e sirene servono a salvare vite umane perché permettono alle autoambulanze di trasportare i pazienti in pericolo di vita il più velocemente possibile. Anche pochi minuti possono infatti essere fondamentali in diverse circostanze cliniche: arresti cardiaci, ostruzioni delle vie respiratorie, traumi gravi, ictus, emorragie ed emergenze ostetriche o di altro tipo, che hanno tempi di intervento molto ristretti e non possono essere risolte dagli operatori intervenuti sul luogo della richiesta di soccorso. Non tutte le persone che chiedono aiuto telefonando al numero delle emergenze presentano però problemi di questo tipo e hanno bisogno di un trasporto di emergenza verso l’ospedale (“in ritorno”, come sono chiamati i trasporti con il paziente a bordo, per distinguerli da quelli “in andata”).

In uno studio pubblicato nel 2019 sulla rivista Annals of Emergency Medicine un gruppo di ricercatori della scuola di medicina della University of Texas segnalò la necessità di condurre maggiori ricerche per trovare un migliore compromesso tra il rischio di incidenti e qualsiasi beneficio clinico di un trasporto più veloce. Aggiunse che la maggior parte dei fornitori di servizi medici di emergenza negli Stati Uniti è consapevole di quel rischio e cerca di limitare l’uso di luci e sirene, per quanto possibile, ma l’attivazione o meno di questi segnali dipende da molteplici fattori.

La tendenza a utilizzare luci e sirene più spesso del dovuto nelle fasi di trasporto “in andata” riflette in molti casi l’incertezza di chi telefona al numero delle emergenze e non è in grado di descrivere con precisione la situazione per cui richiede un intervento. I ricercatori aggiunsero che una futura, auspicabile inversione della tendenza all’utilizzo eccessivo e improprio di luci e sirene potrebbe richiedere in alcuni casi e contesti anche una certa capacità umana di gestire le aspettative del pubblico. Le persone tendono infatti a considerare il proprio caso un’emergenza ma il più delle volte non sono nelle condizioni di poter soppesare il rischio di incidenti rispetto all’eventuale beneficio determinato dall’uso di luci e sirene.

In Italia le telefonate verso il numero unico per le emergenze – 112, attivo in diverse regioni – vengono gestite dalle centrali operative: raccolgono le prime informazioni sull’emergenza segnalata e agiscono da filtro smistando le richieste valide verso i servizi di competenza (soccorso sanitario, vigili del fuoco, polizia o carabinieri). In caso di richiesta di soccorso sanitario la centrale del 118 con competenza territoriale invia i mezzi idonei all’emergenza e stabilisce il livello di priorità dell’intervento, sulla base di quanto appreso nella telefonata.

Ogni intervento ha un codice di gravità che può variare nelle diverse fasi del soccorso a seconda dell’evoluzione delle condizioni cliniche del paziente, delle valutazioni del personale intervenuto sul luogo del soccorso e di altre variabili. Soltanto nel caso di interventi indifferibili-urgenti (codice giallo) o di emergenza (codice rosso) è ammesso l’utilizzo delle sirene e delle luci lampeggianti. E solo in questo caso, in base all’articolo 177 del codice della strada, i conducenti dei mezzi di soccorso «non sono tenuti a osservare gli obblighi, i divieti e le limitazioni relativi alla circolazione», né la segnaletica stradale, pur «nel rispetto comunque delle regole di comune prudenza e diligenza».

A parte il tipo di priorità stabilita per l’intervento in corso, nella pratica un altro fattore da tenere in considerazione per spiegare la velocità del trasporto è la possibile richiesta di rientro tempestivo del mezzo nei casi in cui la disponibilità di altre ambulanze sia ridotta. Questa condizione limiterebbe infatti le possibilità di rispondere a successive richieste di soccorso, potenzialmente più urgenti dell’intervento in corso.

La gestione dei servizi di soccorso sanitario può essere di competenza regionale, e in alcuni casi provinciale o locale. E le autoambulanze possono essere di proprietà dei servizi di soccorso di emergenza ma anche di ospedali, cliniche e associazioni di pubblica assistenza o volontaristiche riconosciute. È quindi difficile avere dati omogenei su quanti eventuali utilizzi impropri delle luci e delle sirene si verifichino sul piano nazionale nei trasporti “in ritorno”, quelli con il paziente a bordo.

I dati relativi agli accessi nei pronto soccorso – che però includono sia quelli in ambulanza che su mezzi privati, e non indicano il livello di priorità dell’intervento al momento dell’arrivo in pronto soccorso – sono raccolti e pubblicati dall’Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. E indicano che nel 2021, prendendo in considerazione il dato cumulativo di tutti gli ospedali italiani, nel 51,7 per cento dei casi di accesso al pronto soccorso nella fascia oraria dalle 8 alle 20 dei giorni feriali sono stati assegnati codici verdi o bianchi (oltre 2,6 milioni). Nelle ore notturne e nei giorni festivi quella percentuale è stata invece del 38 per cento.

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Negli ultimi anni negli Stati Uniti e in altri paesi, scrive STAT, è emersa un’inclinazione a chiedere al personale che gestisce le richieste di soccorso sanitario di autorizzare l’utilizzo di luci e sirene sulla base delle reali necessità del paziente e con la stessa attenzione con cui viene prescritto qualsiasi trattamento medico. Da marzo scorso nella contea di Mecklenburg in North Carolina è in vigore un nuovo piano che limita l’utilizzo di luci e sirene soltanto a ferite da arma da fuoco al petto, emorragie massicce e pazienti incoscienti: riguarda casi del genere circa una chiamata su cinque. Per tutti gli altri casi il personale alla guida dell’ambulanza guida come farebbe con qualsiasi altro mezzo.

I provvedimenti presi in alcuni stati riflettono in parte le preoccupazioni emerse in molti contesti locali in seguito a incidenti stradali, anche mortali, in cui sono state coinvolte ambulanze, la cui necessità di utilizzare luci e fari e quindi non rispettare la segnaletica stradale durante il trasporto del paziente in ospedale è stata in alcuni casi contestata.

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Un’ambulanza nel quartiere Borough Park, a New York, il 28 settembre 2020 (Spencer Platt/Getty Images)

Nei primi anni di istituzione dei servizi di emergenza sanitaria l’utilizzo di luci e sirene replicava l’utilizzo che di quei segnalatori già facevano i vigili del fuoco. Come si pensava che un incendio potesse propagarsi molto rapidamente, per cui prima arrivavano i vigili del fuoco, maggiori erano le probabilità di salvare vite e proprietà, allo stesso modo si pensava che più velocemente un paziente poteva essere trasportato in ospedale, maggiore era la probabilità di salvarlo. I primi autisti di ambulanze non seguivano quindi alcuna formazione specifica, come invece succede oggi, ed erano autisti con gli stessi requisiti richiesti loro per altri servizi: essere bravi e veloci alla guida.

Ancora oggi, in molti casi, le agenzie che forniscono servizi medici di emergenza negli Stati Uniti sottoscrivono contratti di prestazione con le città o le contee in cui è esplicitamente richiesto che le ambulanze arrivino sul luogo della richiesta di soccorso entro un limite di tempo prestabilito (di solito otto minuti o anche meno). Come ha spiegato a STAT Douglas Kupas, direttore dell’associazione nazionale dei tecnici di medicina di emergenza (Emergency medical technician, EMT, il personale in servizio sulle ambulanze), molti di quei tempi prestabiliti sono ancora basati sui risultati di uno studio del 1979 secondo cui i pazienti con arresto cardiaco avevano bisogno di rianimazione cardio-polmonare (RCP) entro quattro minuti e cure stabili entro dieci minuti.

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Secondo Kupas sono requisiti perlopiù anacronistici, perché lo studio risale a un’epoca in cui non c’era l’attuale disponibilità di defibrillatori automatici. E perché c’erano molte meno persone di quante ce ne siano oggi in grado di praticare una rianimazione cardio-polmonare in attesa dell’arrivo di un’ambulanza. «Trasportarti velocemente in ospedale non è più il valore della medicina di emergenza», ha detto Kupas. Spesso, come vale anche in Italia per il personale medico a bordo delle ambulanze, i medici di emergenza hanno le attrezzature e la preparazione per curare i pazienti o stabilizzare le loro condizioni sul luogo dell’intervento. E questo primo intervento può anche rendere il trasporto in ospedale meno urgente di quanto inizialmente stabilito dagli operatori al telefono.

In molti casi negli Stati Uniti i medici nell’ambulanza possono applicare lacci emostatici alle ferite, curare gravi reazioni allergiche e overdose tramite iniezione di farmaci e anche intubare pazienti che non sono in grado di respirare autonomamente. Soltanto una chiamata su 14 riguarda questo tipo di interventi, secondo un’analisi nazionale condotta nel 2018 su circa 9 milioni di telefonate al 911. E altri studi suggeriscono che le emergenze mediche per cui il tempo è un fattore di vitale importanza costituiscono tra il 4,5 e il 5,3 per cento di tutto il volume delle chiamate.

Secondo Rick Ferron, responsabile dei servizi di medicina di emergenza nella municipalità canadese di Niagara, nell’Ontario, dare troppa enfasi alla velocità dei servizi «è un po’ come cercare di determinare chi ha vinto una partita di calcio tenendo d’occhio la velocità della corsa dei giocatori anziché il risultato», scrive STAT. «Ci chiamiamo servizi medici di emergenza ma è un termine un po’ improprio, non possiamo trattare tutto come se fosse un’emergenza», ha detto Ferron, che ha segnalato che nella municipalità di Niagara luci e sirene sono ora utilizzate soltanto nel 5-10 per cento delle chiamate.

Nello studio del 2019 pubblicato su Annals of Emergency Medicine il gruppo di ricercatori della University of Texas rilevò che su circa 20 milioni di trasporti in ambulanza verso le strutture sanitarie i tassi di incidenti erano più che raddoppiati quando luci e sirene erano accese. Oltre che mettere in pericolo la vita delle persone coinvolte, gli incidenti hanno ripercussioni anche quando non provocano morti: rallentano il soccorso al paziente, impegnano ulteriore personale medico chiamato a intervenire e, in caso di ferite e infortuni, costringono i servizi di emergenza a rimanere senza uno o più medici per settimane o mesi. Senza considerare l’aumento dei costi legati alla sostituzione o riparazione dei veicoli, o all’aumento dei premi assicurativi.

Sebbene difficile da rilevare e quantificare con precisione, è inoltre noto il fenomeno del cosiddetto «effetto scia» dei mezzi di soccorso, espressione utilizzata per definire gli incidenti stradali che si verificano in seguito al passaggio di un’ambulanza ma che non coinvolgono né sono causati direttamente dalle ambulanze. Sono generalmente incidenti dovuti al comportamento imprevedibile e atipico degli altri conducenti sulla strada, che per esempio frenano bruscamente a un incrocio o sterzano improvvisamente per permettere il passaggio dell’ambulanza.

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L’eccessivo utilizzo di luci e sirene, ha detto a STAT un medico di emergenza della Pennsylvania, può anche interferire con il lavoro a bordo dell’ambulanza e rendere più complicato il genere di valutazione che invece serve proprio a determinare la priorità del trasporto verso l’ospedale. «È più complicato per me valutare e curare il paziente lungo il tragitto se non riesco ad alzarmi, ad auscultare i polmoni né a comunicare con un collega, a causa delle sirene spiegate» e della velocità di viaggio, ha detto.

La corsa verso l’ospedale può anche provocare ulteriore stress fisiologico a un paziente in condizioni critiche, aumentando la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca in situazioni in cui l’ossigeno è invece una preziosa riserva. Le sirene possono essere causa di rischi per la salute anche per il pubblico in generale e fonte di pericoli nel caso di persone con deficit visivi, uditivi o altri deficit percettivi.

Una delle principali difficoltà nel cercare di porre limiti condivisi e nazionali all’utilizzo improprio di luci e sirene, secondo STAT, è che il settore dei servizi di emergenza è gestito a livello di città e contee da differenti organi, agenzie e strutture, pubbliche e private, ciascuna con un proprio regolamento o un proprio insieme di prassi e abitudini. Alcune agenzie utilizzano volontari qualificati, altre impiegano professionisti a tempo pieno; alcune sono senza scopo di lucro, altre sono servizi privati a pagamento.

Nel 2022 la National EMS Quality Alliance, un’organizzazione impegnata nel miglioramento degli standard dei servizi medici di emergenza, ha avviato con 50 agenzie che forniscono questo tipo di servizi un programma per ridurre l’utilizzo di luci e sirene, e collaborare allo sviluppo di linee guida nazionali. Oltre che approvare la riduzione dell’utilizzo di luci e sirene, un gruppo di 14 associazioni che rappresentano le agenzie ha inoltre reso noto un documento condiviso in cui, tra le altre misure, richiede che sia garantita una formazione migliore per i conducenti delle ambulanze e un miglioramento del triage telefonico, cioè la procedura con cui gli operatori danno informazioni e consigli a chi è incaricato di soccorrere la persona che ha bisogno dell’ambulanza.