Alcuni comuni italiani pagano i propri cittadini per andare al lavoro in bici

I cittadini possono guadagnare fino a cinquanta euro al mese se rinunciano alla macchina per andare al lavoro

di Cecilia Pellizzari

(Emanuele Cremaschi/Getty Images)
(Emanuele Cremaschi/Getty Images)

In questi giorni oltre cento aziende di Reggio Emilia hanno fatto richiesta al comune perché rimborsi i loro dipendenti che vanno al lavoro in bicicletta. Non è l’unica città in Italia a incentivare mezzi ecologici per lo spostamento da casa al lavoro: a Cuneo, Bergamo, Padova, Caserta e Bari, tra le altre, le persone che fanno il tragitto in bicicletta possono guadagnare fino a cinquanta euro in più al mese direttamente in busta paga. Il meccanismo è molto simile tra i vari comuni e prevede un rimborso che va dai 20 ai 25 centesimi al chilometro, monitorati da un’app del Comune oppure da un’app privata indicata al momento dell’iscrizione, come nel caso di Pin Bike per Bari.

A Reggio Emilia il progetto si chiama Bike to work 2 e, come si intuisce dal nome, è alla sua seconda edizione. Nella sua prima versione sperimentale del 2021, il Comune aveva aderito a un progetto che la Regione Emilia-Romagna aveva finanziato con un fondo di 10 milioni di euro. Lo scopo della Regione era quello di creare nuovi percorsi ciclabili, fare interventi di manutenzione straordinaria per garantire la circolazione delle biciclette e sostenere altre spese per l’uso della bici, tra cui il finanziamento degli incentivi chilometrici per gli spostamenti da casa al lavoro. A questo progetto avevano aderito 194 comuni, tra cui Reggio Emilia che ha rifinanziato il progetto anche per l’anno 2022-2023. L’assessora all’Ambiente e alla Mobilità di Reggio Emilia Carlotta Bonvicini ha spiegato che l’investimento economico totale per Bike to work è stato di 1 milione e 200 mila euro dal 2019, coperto per il 70 per cento dalla Regione e per il 30 per cento dal Comune.

Il bando regionale prevedeva che i comuni si organizzassero con le aziende del proprio territorio per erogare la retribuzione chilometrica. Infatti, solo i cittadini delle aziende aderenti al progetto potevano usufruire del contributo. Bonvicini racconta che la mediazione delle aziende non è stata una scelta apprezzata dagli abitanti della città fin da subito: «Quando siamo usciti con il primo bando c’erano molti singoli cittadini o liberi professionisti che chiedevano di poter partecipare anche loro al progetto». La volontà del Comune però rimaneva quella di «responsabilizzare le aziende», in modo tale che la scelta non ricadesse sui singoli ma facesse parte di un «meccanismo più strutturato», dice Bonvicini.

Il ruolo delle aziende sul tema dei trasporti ambientalmente più sostenibili è citato infatti nel Decreto Rilancio, approvato dal governo nei primi mesi della pandemia per dare aiuti economici alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie. Il decreto obbliga i Comuni sopra i 50 mila abitanti a redigere un “piano spostamenti casa-lavoro” per i lavoratori, e chiede alle aziende sopra i 100 dipendenti di nominare una figura chiamata “mobility manager” che si occupi della «pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile». Secondo Bonvicini «tramite i mobility manager i comuni sono riusciti a dialogare agilmente con le aziende» e a porre i presupposti per avviare i progetti di rimborso chilometrico.

Non tutti i comuni che hanno proposto questa iniziativa hanno però scelto di passare attraverso le aziende. Per esempio il primo comune a proporre il rimborso chilometrico, che è stato Massarosa, in provincia di Lucca, nel 2016, permetteva a tutti i cittadini di poter aderire al progetto, indipendentemente da dove lavorassero. Oltre a Massarosa, molti altri comuni più o meno grandi tra cui Padova, Bergamo e Forte dei Marmi hanno scelto di offrire ai propri cittadini lavoratori il rimborso chilometrico diretto.

Un caso notevole è quello di Bari che tra la prima edizione sperimentale del 2019 e quella di quest’anno ha raddoppiato i partecipanti al progetto. I cittadini interessati sono passati da mille a duemila, anche se Roccaldo Tinelli, membro della FIAB di Bari (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta), dice che al momento quelli realmente attivi sono circa 1200. Tinelli spiega che il Comune ha «contribuito economicamente con circa 120 mila euro spalmati nei quattro anni», limitato al finanziamento di 20 centesimi ogni chilometro percorso dai lavoratori in bici, senza investire in ulteriori progetti.

Tinelli aggiunge che «la popolazione ha risposto molto bene, anche perché prima di questa iniziativa ce ne sono state altre». La retribuzione chilometrica, infatti, nel caso di Bari, non è una proposta isolata, ma si inserisce nel progetto più ampio della Mobilità Urbana Vivibile e Tecnologica (MUVT). Nel 2021 il ministero della Transizione Ecologica aveva concesso al Comune di Bari 235 mila euro per finanziare un progetto di bonus per l’acquisto di biciclette, sia normali che elettriche. Meno di un mese fa si è chiuso un altro bando con la stessa finalità, che stanziava altri 400 mila euro.

Tinelli racconta che «il comune di Bari sta continuando a lavorare sulle corsie ciclabili» e che «la maggior parte della città è stata convertita quasi totalmente a zona 30», ovvero con un limite massimo di velocità a 30 chilometri orari. A Bari questi interventi hanno spesso cambiato il modo in cui alcune persone vivono la città; Tinelli racconta come «all’inizio, parte della popolazione contestava le scelte del Comune, soprattutto i commercianti che pensavano ne avrebbero risentito economicamente». Adesso però «c’è molta meno reticenza».

Facendo un rapido calcolo, una persona che percorre in bicicletta 20 chilometri al giorno, lavorando cinque giorni a settimana, risparmia circa 150 euro al mese rispetto a chi usa un’automobile. Ricevendo un rimborso di 20 centesimi a chilometro, riesce a ottenere la cifra massima di 50 euro al mese. Alla fine del mese avrà quindi 200 euro in più usando la bicicletta rispetto che usando la macchina.

Ma il guadagno non è soltanto del lavoratore. Come si legge dal sito del Comune di Reggio Emilia, «considera tra gli obiettivi prioritari il risanamento e la tutela della qualità dell’aria» date le «importanti implicazioni sulla salute dei cittadini e sull’ambiente».

Inoltre è stato indagato come questo tipo di progetti possa avere un impatto positivo anche sulle aziende. PwC, una nota società di consulenza, ha condotto nel 2013 uno studio assieme all’associazione italiana per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del Lavoro e sulle Relazioni Industriali, sul diverso tasso di assenteismo tra i lavoratori “ciclisti” e quelli che si spostano con altri mezzi. Ne è risultato che le aziende abbiano un vantaggio economico di circa 156 euro all’anno per ogni dipendente che va in bici piuttosto che in macchina.

Questo e gli altri articoli della sezione Come cambiano le città sono un progetto del workshop di giornalismo 2023 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.