Produrre carta è ancora molto costoso

Per tutto il 2022 gli alti costi dell'energia e delle materie prime hanno messo in difficoltà il settore, e i produttori sono preoccupati anche per quest'anno

(AP Photo/Kin Cheung)
(AP Photo/Kin Cheung)
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Giovedì è stata presentata la relazione annuale di Assocarta, l’associazione che rappresenta i produttori di carta in Italia, secondo cui produrre carta in Italia è ancora molto costoso a causa degli alti prezzi dell’energia e delle materie prime, principalmente la cellulosa. La relazione si concentra soprattutto sui dati forniti dagli associati relativi al 2022, ma c’è preoccupazione anche per il 2023: secondo Il Sole 24 Ore, infatti, nei primi tre mesi dell’anno la produzione di carta da imballaggio (uno dei principali tipi di carta prodotti in Italia) è calata del 15,4 per cento rispetto al 2019, l’anno prima della pandemia. Insomma, le difficoltà che il settore sta avendo da qualche anno, aggravate nel 2021 e 2022 dall’aumento globale dei prezzi dell’energia, non si sono ancora risolte.

I problemi del settore erano emersi già poco tempo dopo l’inizio della guerra in Ucraina, e la relazione indica come poi non si siano risolti nei mesi successivi: nel 2022 il prezzo medio del gas è stato di 126 euro al megawattora, quando solo due anni prima era di 10,4 euro. Un aumento così marcato ha fatto sì che aumentasse «l’incidenza del costo del gas sul fatturato del settore, che è passata dal 4,2% del 2020 al 30,2% nel 2022». È ancora presto per fare previsioni per il 2023, ma in generale i prezzi di gas ed elettricità sono diminuiti in tutta Europa nei mesi scorsi, pur rimanendo comunque al di sopra dei valori medi degli anni che hanno preceduto la guerra in Ucraina.

Tutto questo è un grosso problema per le cosiddette industrie energivore come quelle della carta, del vetro o dell’acciaio, che consumano grandi quantità di energia durante le proprie attività. In alcuni casi queste stesse industrie nell’ultimo anno sono state costrette a diminuire o sospendere completamente la produzione per non operare in perdita, nonostante gli aiuti fiscali.

Le materie prime sono un altro fattore che rende costosa la produzione: i prezzi della cellulosa, la materia prima fibrosa da cui inizia il processo di lavorazione della carta, erano già aumentati nel biennio 2020-2021 a causa dell’incremento della domanda dopo la pandemia, tra le altre cose. In aggiunta a questo, la produzione della carta è poco elastica come per molte altre industrie pesanti: significa che non è in grado di modularsi rapidamente e soddisfare picchi di domanda improvvisi.

Questa tendenza è continuata durante tutto il 2022: secondo Assocarta nel 2022 il prezzo della cosiddetta “fibra corta” (uno dei due principali tipi di cellulosa, l’altro è la “fibra lunga”) è aumentato del 133% rispetto al 2020. Queste materie prime inoltre sono quotate sui mercati internazionali in dollari anziché in euro, e nell’ultimo anno e mezzo il cambio euro/dollaro ha svantaggiato proprio le cartiere europee.

Anche i dati preliminari relativi al 2023 non sembrano incoraggianti. Sebbene ci sia stato un lieve abbassamento nei prezzi della materia prima (che rimangono comunque più alti rispetto al 2020), questo è dovuto al blocco della produzione deciso da alcune cartiere a causa dei prezzi dell’energia troppo alti e a un generale rallentamento dell’economia globale. La relazione di Assocarta dice che le quotazioni di marzo del 2023 «superano quelle pre-rincari del 74% in dollari, del 97% in euro».

Infine tra l’acquisto della cellulosa da parte delle cartiere e la conseguente produzione della carta c’è un discreto sfasamento temporale: significa che le aziende che hanno acquistato la cellulosa negli scorsi mesi dovranno comunque vendere la carta a un prezzo che permetta di recuperare gli alti costi della materia prima, indipendentemente da un futuro abbassamento dei costi dell’energia.