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  • Domenica 2 luglio 2023

Che cosa farà ora Putin con Prigozhin?

Difficilmente lascerà il capo del gruppo Wagner tranquillo in Bielorussia e probabilmente userà contro di lui una delle sue tecniche preferite: il carcere

(AP Photo)
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Una delle questioni più discusse attorno alla rivolta armata del gruppo Wagner della scorsa settimana è cosa succederà adesso al suo capo, Yevgeny Prigozhin. Da martedì Prigozhin è in Bielorussia, a seguito di un accordo stretto con il governo russo e mediato da Alexander Lukashenko, il presidente bielorusso, ma pochi analisti sono convinti che potrà rimanere in Bielorussia a lungo e pacificamente. Molti si aspettano che il presidente russo Vladimir Putin cercherà di neutralizzare o quanto meno punire il capo del gruppo Wagner, che ha mostrato di essere una minaccia molto seria al suo potere.

La maggior parte degli analisti ritiene che almeno per il momento Putin non cercherà di uccidere Prigozhin. In parte perché il capo del gruppo Wagner è ancora estremamente popolare tra la popolazione e tra le truppe russe, e il rischio, ha scritto il centro studi Institute for the Study of War, sarebbe di farne un «martire». In parte perché, benché Putin sia noto in Occidente per i tentativi di omicidio, non è così che storicamente il presidente russo ha eliminato i suoi avversari politici: molto spesso l’ha fatto tramite accuse giudiziarie e processi pretestuosi.

– Ascolta Globo: La rivolta del gruppo Wagner è soltanto l’inizio

In base all’accordo raggiunto sabato, la Russia ha rinunciato a perseguire Prigozhin e i mercenari di Wagner per il reato di «ammutinamento armato» compiuto durante la rivolta, e i combattenti di Wagner in cambio si sono ritirati in Bielorussia. Questa specie di amnistia per il gruppo Wagner vale però esclusivamente per i reati relativi alla rivolta, e non costituisce una protezione legale completa. Per questo molti hanno cominciato a pensare che Putin avrebbe tentato di usare il sistema giudiziario (che in Russia non è libero e dipende dal governo) per minare la popolarità di Prigozhin e, infine, cercare di neutralizzarlo come possibile minaccia al suo potere.

Una parziale conferma di questa ipotesi è arrivata martedì, quando Putin ha tenuto un discorso in cui ha ammesso per la prima volta che il gruppo Wagner e tutte le altre attività di Prigozhin erano interamente finanziate dallo stato russo. Tra il maggio del 2022 e il maggio del 2023, ha detto Putin, il gruppo Wagner avrebbe ricevuto 86 miliardi di rubli (circa 900 milioni di euro) dal ministero della Difesa, e nello stesso periodo le attività imprenditoriali di catering e ristorazione di Prigozhin avrebbero ricevuto appalti pubblici per 80 miliardi (840 milioni di euro). Di per sé i finanziamenti russi al gruppo Wagner sono una grossa notizia, perché fino a pochi mesi fa la Russia aveva negato ogni legame con i mercenari.

Ma soprattutto nel suo discorso Putin ha aggiunto: «Spero che nessuno abbia rubato niente, o per meglio dire che sia stato rubato poco. Ovviamente indagheremo a fondo sulla questione».

Questa frase è stata interpretata in due modi: anzitutto come un tentativo da parte di Putin di intaccare l’immagine pubblica generalmente positiva di Prigozhin, facendolo passare come un affarista e un approfittatore. Tra le altre cose Prigozhin ha trascorso gli ultimi mesi ad accusare il ministero della Difesa di non dare abbastanza armi e rifornimenti ai combattenti del suo gruppo Wagner impegnato nella guerra in Ucraina: Putin, citando l’enorme quantità di denaro concessa a Wagner, starebbe tentando di farlo passare come un ingrato. Come ha notato sempre l’Institute for the Study of War, Putin sta cercando di «attaccare la figura pubblica di Prigozhin per mettere in discussione il suo consenso popolare».

Il problema, per Putin, è che la popolarità di Prigozhin è ancora molto alta in Russia, sia perché per mesi prima della rivolta la propaganda russa ha presentato il gruppo Wagner in termini eccezionalmente positivi sia perché Prigozhin stesso è un abile comunicatore e un personaggio carismatico.

Mentre Putin è sempre piuttosto rigido nelle apparizioni pubbliche, Prigozhin si trova notevolmente più a suo agio. Nelle settimane prima della rivolta aveva fatto un tour molto popolare in varie città della Russia, era andato nelle case delle famiglie dei combattenti di Wagner uccisi, si era fermato a parlare con i suoi sostenitori. Putin non utilizza i social, mentre il canale Telegram di Prigozhin è popolarissimo e spesso piuttosto apprezzato per il suo umorismo crudo e violento.

La popolarità di Prigozhin si è vista anche sabato sera, quando lui e gli altri membri del gruppo Wagner hanno lasciato Rostov sul Don tra la folla festante.

In secondo luogo le parole di Putin sul fatto che Prigozhin potrebbe aver «rubato» dai fondi pubblici sembrano indicare che, nelle prossime settimane o nei prossimi mesi, lo stato russo potrebbe aprire una o più indagini penali sul suo conto. Mentre uccidere Prigozhin rischierebbe appunto di farne un martire, accusarlo di corruzione o di altri reati del genere avrebbe un triplo risultato: rovinare la sua reputazione, danneggiare le sue ricchezze personali ed eventualmente incarcerarlo per un lungo periodo di tempo.

Questa è la tecnica preferita da Putin per cercare di neutralizzare i suoi avversari politici più pericolosi: più degli omicidi mirati, che ci sono stati e che sono estremamente celebri, ma che hanno riguardato quasi esclusivamente l’ambito dell’intelligence. Per gli avversari politici di solito Putin utilizza i processi.

Successe per esempio tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, quando Putin attaccò gli oligarchi russi dell’epoca dell’ex presidente Boris Eltsin (per sostituirli con altri oligarchi a lui fedeli). Gli uomini più importanti e ricchi della Russia come Boris Berezovsky, Vladimir Gusinsky e Mikhail Khodorkovsky furono uno a uno accusati di reati tendenzialmente pretestuosi e costretti a fuggire dal paese oppure furono condannati a lunghe pene carcerarie, come nel caso di Khodorkovsky.

– Leggi anche: Come Putin è diventato Putin

Successe anche ai leader delle grosse proteste antiputiniane del 2011-2012 come Garry Kasparov, più volte arrestato fino a che non fuggì dal paese.

Più di recente altri noti oppositori di Putin, questa volta membri dell’opposizione politica liberale, sono stati incriminati e incarcerati per reati pretestuosi. È successo per esempio a Vladimir Kara-Murza, condannato ad aprile a 25 anni di carcere per «alto tradimento» e a Ilya Yashin, condannato a otto anni e mezzo per aver fatto «disinformazione» sulla guerra.

Ci sono ovviamente alcune eccezioni. Boris Nemtsov, un famoso leader dell’opposizione, nel 2015 fu assassinato a Mosca, non lontano dal Cremlino. C’è poi il caso di Alexei Navalny, il più importante oppositore di Putin in circolazione, che da un decennio subisce arresti e condanne per reati pretestuosi, ma che nel 2020 fu anche vittima di un tentato omicidio che numerose indagini hanno ricollegato ai servizi di sicurezza russi.