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  • Venerdì 9 giugno 2023

Quattro giocatori per descrivere l’Inter

Le storie di Andrè Onana, Edin Dzeko, Francesco Acerbi e Federico Dimarco, improbabili finalisti di Champions League

di Pietro Cabrio

Federico Dimarco dopo un gol alla Roma (AP Photo/Andrew Medichini)
Federico Dimarco dopo un gol alla Roma (AP Photo/Andrew Medichini)
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Andrè Onana aveva esordito come nuovo portiere dell’Inter lo scorso settembre, a 26 anni, nella partita di andata dei gironi di Champions League contro il Bayern Monaco. Nel secondo tempo, con l’Inter in svantaggio, un pallone gli era sfuggito dalle mani e non era entrato in gol soltanto perché era andato a sbattere sul palo. Un errore così, all’esordio con l’Inter in una partita di Champions League, davanti a un pubblico storicamente esigente come quello di San Siro, avrebbe potuto complicare parecchio il suo percorso in squadra, dato che era stato preso per sostituire il quasi quarantenne Samir Handanovic. Onana però aveva ripreso quel pallone finito sul palo come se nulla fosse successo, continuando poi la sua partita.

Contro il Bayern Monaco l’Inter aveva perso in modo netto entrambe le gare ai gironi. La squadra tedesca, considerata una delle tre-quattro grandi favorite per la vittoria del torneo più ambito d’Europa, era sembrata semplicemente troppo forte. Eppure al termine della prima sconfitta, Onana aveva detto in un’intervista: «L’Inter vincerà la Champions League, me lo sento». Quella che era sembrata una frase dal valore motivazionale, più che una previsione ragionata, viene spesso riproposta ora che l’Inter si trova davanti alla possibilità concreta, per quanto improbabile, di vincere la Champions League nella finale di sabato a Istanbul.

Da quella partita contro il Bayern, Onana è diventato effettivamente il titolare dell’Inter e si è rivelato un giocatore sui generis, come la sua carriera. Nato in Camerun, cresciuto nell’accademia fondata da un grande ex giocatore camerunense dell’Inter, Samuel Eto’o, era poi andato a giocare nelle giovanili del Barcellona e dell’Ajax. In quelle due squadre ha imparato in particolare a giocare con i piedi, una delle caratteristiche per cui ora si fa apprezzare di più come portiere.

Con l’Ajax aveva esordito tra i professionisti e fatto parte della squadra entusiasmante che nel 2019 arrivò fino alle semifinali di Champions League; e prima ancora, nel 2017, era arrivato in finale di Europa League, che perse contro il Manchester United. Ricordando quella sconfitta, di recente ha detto: «Giocai con paura, tantissima paura. E dopo quella partita mi sono promesso di non giocare mai più con quella paura addosso, neanche se con l’Inter dovessi affrontare Real Madrid e Barcellona messi insieme».

Nel 2021 fu poi squalificato per aver assunto inconsapevolmente dei medicinali sbagliati che contenevano sostanze ritenute dopanti. La UEFA riconobbe le attenuanti del caso, ma dovette squalificarlo comunque prima un anno e poi nove mesi per negligenza. Anche a causa di questa assenza, il suo contratto con l’Ajax non fu rinnovato. Il primo luglio del 2022 era stato quindi annunciato come nuovo portiere dell’Inter, con cui ora giocherà la finale di Champions League contro l’altra squadra di Manchester, il City.

Andrè Onana (Marco Luzzani/Getty Images)

Uno dei giocatori attualmente all’Inter è stato protagonista di un bel pezzo di storia del Manchester City. Il centravanti bosniaco Edin Dzeko giocò lì i migliori anni della sua carriera tra il 2010 e il 2015, durante i quali contribuì a fare diventare il City la squadra che è ora, sulla carta, la migliore d’Europa da alcuni anni a questa parte.

A Manchester, senza mai essere veramente titolare, segnò cinquanta gol, alcuni dei quali particolarmente significativi. Il 13 maggio del 2012 segnò per esempio uno dei tre gol nella storica vittoria in rimonta contro il Queens Park Rangers con cui il City vinse la Premier League per la prima volta nella sua storia. E un anno prima, il 12 febbraio del 2011, aveva invece segnato all’Old Trafford nel derby di Manchester ricordato ancora oggi per quella rovesciata di Wayne Rooney.

Un decennio dopo, a 37 compiuti, Dzeko giocherà contro il City la prima finale di Champions League della sua carriera, dopo averla sfiorata con la Roma nel 2018. E i maggiori dubbi sulla formazione dell’Inter riguardano proprio lui e il suo compagno di reparto Romelu Lukaku. Dzeko infatti è stato più spesso titolare in questa stagione, è particolarmente bravo e tenere palla in attacco e a fare dell’Inter una squadra forte nel gioco aereo, cosa che potrebbe mettere in difficoltà una squadra priva o quasi di punti deboli come il City. Lukaku però è un giocatore molto più atletico e ultimamente si è dimostrato sempre più in forma: per l’Inter non sarà così facile rinunciare ad averlo titolare.

Romelu Lukaku con Edin Dzeko (Alex Pantling/Getty Images)

Sarà titolare in ogni caso Francesco Acerbi, un altro che a 35 anni, dopo essere guarito da un tumore diagnosticato nel 2013 e quando il meglio della carriera sembrava ormai passato, giocherà la sua prima finale di Champions League. Acerbi è stato una delle sorprese dell’Inter in questa stagione, nonché tra i motivi dietro il funzionamento della squadra, specialmente in difesa. Era stato acquistato la scorsa estate per rinfoltire il numero di difensori in rosa dopo la cessione dell’ex capitano Andrea Ranocchia. A metà stagione, però, il titolare Milan Skriniar ha perso il posto per un infortunio e perché non intenzionato a rinnovare il contratto in scadenza a giugno. Acerbi è stato quindi chiamato in causa da Simone Inzaghi, suo ex allenatore alla Lazio, e sembra sia riuscito non solo a rimpiazzare Skriniar, ma anche ad aggiungere qualcosa di suo.

Da mesi forma un trio di difensori tutto italiano, insieme ad Alessandro Bastoni e Matteo Darmian, e si è distinto per accuratezza negli interventi e abilità con la palla al piede: spesso avanza anche verso la fase offensiva e aiuta la squadra con inserimenti e sovrapposizioni, che sono i modi con cui l’Inter si rende più spesso pericolosa in attacco.

Eppure Acerbi era stato accolto con parecchio scetticismo, non solo per l’età, ma anche per i suoi trascorsi al Milan e per un episodio in particolare accaduto nel finale della passata stagione. Durante Lazio-Milan del 24 aprile, partita in cui il Milan ottenne una vittoria in rimonta fondamentale per lo Scudetto, le telecamere lo inquadrarono mentre sorrideva proprio dopo aver subito il gol della sconfitta.

Acerbi aveva poi spiegato di aver sorriso in un momento di nervosismo per l’incredulità e per il modo in cui la Lazio aveva concesso la rimonta. Ma da lì i rapporti con l’ambiente erano peggiorati, tanto che ad aprile lo stesso Acerbi aveva scritto su Instagram: «Ora basta. Ho sempre dato tutto per questi colori». L’episodio era poi tornato in ballo al momento del suo trasferimento all’Inter, per via della rivalità con il Milan: ora, dieci mesi dopo, i tifosi cantano il suo nome e per l’Inter è fondamentale.

Francesco Acerbi (Alexander Hassenstein/Getty Images)

Non ha avuto bisogno di conquistare nessuno Federico Dimarco, nonostante nel 2018, mentre era in prestito al Parma, abbia segnato con un tiro da 20 metri il gol che costò all’Inter un’inaspettata sconfitta a San Siro. Dimarco è nato a Milano ed è cresciuto tra il quartiere di Calvairate e le giovanili dell’Inter, per cui iniziò a giocare a 7 anni. La sua famiglia ha un negozio di ortofrutta nel quartiere di Porta Romana, “Frutta e verdura Dimarco”, che gestisce da oltre cinquant’anni. Da sempre tifoso dell’Inter, quando era più giovane andava a vedere le partite in curva: ora che è titolare in prima squadra, quando l’Inter vince prende il microfono e canta con i tifosi.

Dopo la vittoria nel derby con il Milan in Champions League ha cantato davanti a tutti un coro della curva interista che citava il tifo organizzato del Milan, che non ha gradito e gli ha fatto trovare sotto casa una sorta di avvertimento piuttosto minaccioso per cui ora quattro ultrà milanisti si trovano indagati. Dimarco si è anche scusato per aver citato cose con cui non c’entrava nulla, ma non ha smesso di cantare, come si è visto all’Olimpico di Roma dopo la vittoria della Coppa Italia, il secondo trofeo vinto dall’Inter in una stagione per molti versi inaspettata.

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