C’è poco tempo per chiedere un risarcimento per le vittime dei nazisti

Il 28 giugno è l'ultimo giorno per poter accedere a un fondo istituito nell'ambito del PNRR di cui si sa poco, anche perché mancano i decreti attuativi

eccidio sant'anna di stazzema
Le foto delle vittime dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema (LaPresse/Iacopo Giannini)
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Entro il 28 giugno i familiari delle vittime dei crimini di guerra commessi dai nazisti in Italia tra il 1939 e il 1945 dovranno aver presentato una causa civile contro la Repubblica federale tedesca: al contrario non potranno accedere a un fondo per i risarcimenti istituito dallo stato italiano nell’ambito del PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza.

La scadenza è stata spostata più volte nell’ultimo anno e finora non è stata discussa la possibilità di un ulteriore rinvio. Nonostante siano serviti quasi 80 anni prima che lo stato italiano si occupasse della questione, chi non rispetterà la scadenza non avrà diritto a un riconoscimento economico. E c’è un ulteriore problema fatto emergere da diverse associazioni e avvocati, cioè che la legge non è molto chiara e molte famiglie potrebbero rimanere escluse.

Negli ultimi vent’anni alcuni familiari delle vittime dei nazisti avevano già presentato e vinto cause civili presentate contro la Repubblica federale tedesca. La Germania, tuttavia, si era sempre opposta ai risarcimenti stabiliti dai giudici italiani in virtù degli accordi di Bonn del 1962: all’epoca la Germania corrispose all’Italia 40 milioni di marchi tedeschi, circa 1,5 miliardi di euro di oggi. Secondo la Repubblica federale tedesca in questo modo erano state soddisfatte tutte le richieste, sia quelle dello stato italiano che quelle dei familiari delle vittime.

La Germania sostiene che l’Italia abbia violato la sua “immunità giurisdizionale” perché ha continuato a permettere alle vittime di crimini di guerra nazisti di chiedere risarcimenti. È una rivendicazione che si regge sul principio giuridico Par in parem non habet imperium: cioè l’uguale (uno stato) non ha giurisdizione su un suo uguale (un altro stato). Nel 2012 una sentenza della Corte internazionale di giustizia, il tribunale che risolve le controversie fra stati che appartengono all’ONU e che si trova all’Aia, aveva dato ragione alla Germania, mentre nel 2014 la Corte Costituzionale italiana stabilì che l’immunità giurisdizionale non si può applicare agli stati che non abbiano rispettato i diritti inviolabili dell’uomo, come nel caso della Germania nazista.

– Leggi anche: Chi deve risarcire le famiglie delle vittime dei nazisti?

Nel 2022 l’Italia trovò una soluzione per evitare scontri diplomatici con la Germania, che nonostante le sentenze non ha mai voluto pagare i risarcimenti. Il 30 aprile del 2022 il governo di Mario Draghi approvò un decreto-legge stabilendo una nuova disciplina per “il ristoro dei danni subìti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità, in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945”.

Il decreto-legge impose un limite, il 30 maggio del 2022, a «tutte le cause in cui le vittime di deportazioni e torture, e i loro eredi, hanno presentato istanza di risarcimento alla Germania: dopo quel termine non è più possibile agire». Il limite fu spostato al 30 giugno del 2022 e successivamente al 30 agosto, e poi posticipato ancora alla fine di febbraio del 2023 e ora al 28 giugno. Con il decreto venne istituito un fondo per i risarcimenti di 55,4 milioni di euro con il fondo per le opere indifferibili istituito nel 2014, negli ultimi anni alimentato più volte con fondi governativi, e dal Fondo per interventi strutturali di politica economica: di fatto il governo si è fatto carico dei risarcimenti che spettavano alla Germania.

Venerdì 12 maggio l’Istoreco, l’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Reggio Emilia, ha organizzato un incontro online con alcuni avvocati esperti del tema per chiarire i tanti dubbi manifestati dalle famiglie. Secondo diverse associazioni e avvocati che assistono le famiglie delle vittime dei nazisti, infatti, la legge non è chiara e ha alcuni punti controversi.

Una delle prime informazioni importanti diffuse durante l’incontro è la definizione delle categorie che possono accedere al fondo. Non è riservato soltanto ai familiari delle persone morte nelle stragi o in seguito alla deportazione, ma anche alle famiglie dei militari internati dopo l’8 settembre 1943, dei partigiani o di vittime civili.

Non basta, tuttavia, una condanna penale già pronunciata da un giudice italiano: per ottenere i risarcimenti serve avere presentato una causa civile contro la Repubblica federale tedesca. Questa distinzione è particolarmente rilevante per i casi delle stragi per cui sono stati processati i responsabili diretti, cioè i militari tedeschi, e non la Germania. «In alcuni processi penali la Germania era stata estromessa proprio per via dell’immunità giurisdizionale, quindi molte sentenze penali non hanno coinvolto direttamente lo stato tedesco», spiega l’avvocato Giulio Arria, legale di alcuni parenti delle vittime. «In questo caso i familiari devono presentare una causa civile entro il 28 giugno».

Per chi ha già una sentenza penale è più semplice, perché nella nuova causa può allegare la documentazione del precedente processo. Chi invece vuole accedere ai risarcimenti senza aver mai presentato cause dovrà ottenere e portare prove documentali come gli elenchi e le schede dei detenuti compilate meticolosamente dai nazisti, le cartoline spedite dai campi di lavoro, verbali di interrogatorio o di decesso. Se la causa sarà accolta dal tribunale, a quel punto si potrà discutere il caso in aula e arrivare a una sentenza, con i tempi piuttosto lunghi della giustizia civile italiana.

Ci sono poi altri due problemi: il primo è che la decisione del governo Draghi ha bloccato l’esecuzione delle sentenze già passate in giudicato, definizione della procedura civile utilizzata per indicare quando le sentenze diventano valide e quindi i risarcimenti possono essere riscossi. Nel maggio del 2022, per esempio, era prevista una sentenza che poteva decidere il pignoramento diretto di alcuni beni tedeschi in Italia, tra cui la sede dell’istituto culturale statale Goethe-Institut a Roma. Gli avvocati avevano lavorato a lungo per individuare beni tedeschi pignorabili in quanto non è possibile rivalersi sull’ambasciata e sui suoi conti correnti, ma con il decreto-legge adesso l’iter di quella sentenza non può andare avanti.

Lo scorso dicembre la giudice Miriam Iappelli, del tribunale civile di Roma, ha espresso un dubbio di costituzionalità relativo al decreto-legge. La giudice sostiene che il blocco dei pignoramenti non consente ai familiari delle vittime di far valere il loro diritto stabilito da una sentenza. La Corte Costituzionale discuterà questo rilievo in un’udienza fissata il prossimo 4 luglio.

Il secondo problema riguarda i decreti attuativi, che servono a capire le modalità in cui verrà applicata la legge ma che non sono ancora stati approvati dal governo (un problema in realtà più generale, che non riguarda soltanto questo decreto-legge). Insomma, non è ancora chiaro come sarà possibile accedere al fondo, a chi rivolgersi, entro quanto tempo inviare la domanda e come inviarla. Diverse associazioni e avvocati sostengono, inoltre, che il fondo da 55 milioni di euro non sarà sufficiente a soddisfare tutte le richieste di risarcimento stabilite dai giudici e al momento non è chiaro se il governo si impegnerà a stanziare nuovi fondi.

«Se un giudice ha stabilito che una famiglia deve ricevere una somma, quella somma deve essere data», dice Arria. «È prevista anche la possibilità di fare accordi singoli con lo stato, ma al momento non si sa nulla perché non ci sono i decreti attuativi». Secondo l’avvocato Arria, la situazione è comunque migliore rispetto a vent’anni fa quando le famiglie facevano causa senza avere certezze sui risarcimenti, tuttavia le scadenze, le informazioni non chiare e i tempi lunghi potrebbero scoraggiare molti che hanno diritto a un risarcimento.