• Moda
  • Giovedì 18 maggio 2023

I sabot non sono fatti per piacere

Le scarpe chiuse davanti e aperte dietro sono tornate di moda e hanno riaperto un vecchio dibattito

I sabot di Alba Rohrwacher al festival di Cannes nel 2022 (Joe Maher/Getty Images)
I sabot di Alba Rohrwacher al festival di Cannes nel 2022 (Joe Maher/Getty Images)
Caricamento player

Una delle scene che probabilmente verranno più ricordate e citate dell’ultimo film di Nanni Moretti, Il sol dell’avvenire, è quella in cui il suo personaggio si interrompe durante una riunione di lavoro solo per esprimere la propria contrarietà verso le scarpe indossate dal personaggio interpretato da Barbora Bobulova: i sabot. Secondo la drammatica visione di Moretti infatti «il calcagno non dovrebbe mai rimanere scoperto se le dita sono coperte», motivo per cui questo tipo di scarpe nasconde «una tragica visione del mondo».

Quella di Moretti è una specie di auto-citazione come ce ne sono molte nel film: la questione delle pantofole e delle scarpe da donna era già stata affrontata sia in Bianca sia in La messa è finita, due suoi famosi film. E dietro questo genere di battute, come spesso succede nei suoi film, si nasconde una convinzione in cui si riconoscono in molti, e cioè che i sabot e in generale le scarpe chiuse davanti e aperte dietro siano sostanzialmente brutte, sciatte e poco femminili. In parte, però, fu proprio questo aspetto in qualche modo divisivo dei sabot a fare la loro fortuna fin dagli anni Sessanta. E non è probabilmente un caso che questa opinione compaia nel suo ultimo film, visto che ultimamente alcuni tipi di sabot sono tornati molto di moda.

Originariamente in Italia si definivano “sabot” le scarpe di legno tutte d’un pezzo tipiche della Valle d’Aosta. Venivano da paesi del Nord Europa come Belgio e Paesi Bassi, dove si chiamavano klomp, e successivamente si diffusero fino in Francia, dove presero appunto il nome sabot. Erano usati soprattutto da chi lavorava nei campi ed erano apprezzati perché facili da indossare e resistenti, e perché tenevano il piede asciutto. Oggi queste scarpe vengono chiamate più che altro “zoccoli”, o clogs in inglese, ed esistono sia aperti che chiusi dietro.

Quelli che vengono più comunemente definiti sabot sono in realtà gli zoccoli svedesi, o träskor, che sono aperti dietro come delle ciabatte, hanno la suola in legno, la parte che copre il piede in pelle o tessuto spesso, e le cuciture a vista.

Un uomo svedese indossa i sabot nel 1978 (Keystone/Getty Images)

Più di recente col termine sabot si è cominciato a indicare in generale tutte le scarpe aperte dietro, che vengono definite anche “mules”. Spesso i due termini si usano in modo intercambiabile ma generalmente i sabot sono più robusti, chiusi davanti, con suole spesse o con la zeppa, mentre le mules sono più leggere ed eleganti, possono avere tacchi sottili ed essere aperte anche davanti sulle dita. In questo senso le scarpe del film di Nanni Moretti sono più delle mules che dei sabot.

I sabot, quelli robusti, divennero di moda per la prima volta tra gli anni Sessanta e Settanta, quando furono adottati da uomini e donne della controcultura hippy, tra le altre cose perché erano di legno e questo dava loro un aspetto “naturale” e artigianale che era molto apprezzato. L’abbinamento tra i sabot e le gonne lunghe e larghe, o i jeans a zampa di elefante, è uno dei più tipici rimasti nell’immaginario della moda di quei tempi. Negli anni Novanta i sabot sono tornati di moda all’interno della più ampia tendenza verso le ugly-shoes, cioè la moda delle scarpe comode, ingombranti e poco eleganti che piacciono proprio per il fatto di rappresentare in qualche modo una forma di rottura rispetto alle scarpe femminili, col tacco e solitamente molto scomode, che erano lo standard fino a quel momento.

Una campagna pubblicitaria del 1972 (McKeown/Daily Express/Hulton Archive/Getty Images)

Per motivi diversi, quindi, sia negli anni Settanta che negli anni Novanta i sabot sono stati un tipo di scarpe a loro modo anticonformista. Lauren Mechling, giornalista americana di Vogue che cura un account Instagram dedicato a sabot e zoccoli di vario tipo, ha sostenuto su BBC che «per una donna indossare i clogs ha qualcosa di trasgressivo». Tra l’altro l’etimologia del termine sabotaggio (sabotage in francese) viene fatta risalire proprio ai sabot e all’azione di camminare rumorosamente, cosa che secondo alcune ricostruzioni era tipica degli operai che lavoravano nelle fabbriche e che indossavano queste scarpe.

Nanni Moretti non è l’unico intellettuale maschio e di una certa età che si è espresso categoricamente a sostegno della bruttezza dei sabot. Quello che viene citato più spesso è lo stilista francese Christian Louboutin, famosissimo per le scarpe eleganti da donna che portano il suo nome, che mentre era ospite in un podcast nel 2016 si espresse altrettanto categoricamente con la frase che poi fu ampiamente ripresa «niente clogs per favore».

Negli ultimi anni i sabot hanno gradualmente cominciato a comparire anche sulle passerelle dell’alta moda, a partire dalla collezione di Maria Grazia Chiuri per Dior nel 2018 e proseguendo con Gucci e Hermès nel 2021, solo per citarne alcuni. Non solo perché le mode ciclicamente ritornano e questo è il momento degli anni Novanta, ma anche perché con i lockdown dovuti alla pandemia molte persone si sono abituate a indossare abiti e calzature comode tutti i giorni e ad apprezzarle di più anche esteticamente. Le Crocs, le ciabatte in resina forate note per i colori sgargianti e la calzatura comoda, dopo la pandemia hanno venduto più che mai. E lo scorso autunno anche il modello Boston di Birkenstock – che ricorda molto i sabot ma ha la suola piatta – ha avuto talmente tanto successo da essere stato per un periodo introvabile nei negozi statunitensi.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Clog Life (@thecloglife)

In un certo senso i sabot mantengono ancora oggi la loro connotazione irriverente. Anticipando questi ultimi anni, la blogger Leandra Medine cominciò a scriverne sul suo seguitissimo sito di moda Man Repeller come uno dei modelli di scarpe che per eccellenza non piacciono agli uomini, poco sexy e poco femminili, e apprezzabili proprio per questo loro carattere spregiudicato. Oggi molti marchi stanno cercando di interpretare questo approccio ai sabot proponendo modelli con colori, materiali e forme che puntano su un’estetica scanzonata e quasi provocatoria. Un esempio recente è il marchio statunitense Dansko, forse il più famoso per i suoi sabot e i suoi zoccoli, che ha fatto una collezione del suo modello più venduto di plastica trasparente e colorata.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Dansko Italia (@ilovedansko)