Le migrazioni verso l’Italia passano sempre di più dalla Cirenaica

Cioè dalla regione orientale della Libia governata dal maresciallo Khalifa Haftar, che giovedì ha incontrato Giorgia Meloni a Roma

Un gruppo di migranti arrivati a Roccella Jonica, e partiti dalla regione orientale della Libia, la Cirenaica (AP Photo/Alessandra Tarantino, File)
Un gruppo di migranti arrivati a Roccella Jonica, e partiti dalla regione orientale della Libia, la Cirenaica (AP Photo/Alessandra Tarantino, File)
Caricamento player

Giovedì la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato a Roma il maresciallo libico Khalifa Haftar, che ormai da anni grazie al controllo di milizie armate governa un’ampia regione nell’est della Libia, la cosiddetta Cirenaica. Secondo le informazioni raccolte dai quotidiani italiani, Meloni e Haftar hanno parlato soprattutto di immigrazione: negli ultimi mesi gli arrivi di migranti dalla Cirenaica sono molto aumentati e sembra che il governo italiano voglia cercare di ridurne i flussi coinvolgendo proprio Haftar, che però si trova in una posizione molto delicata, ed è accusato a sua volta di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani.

Il ministro dell’Interno italiano non diffonde stime specifiche sui paesi di partenza delle imbarcazioni di migranti che cercano di arrivare in Italia: sono dati che comunque vengono raccolti e che circolano fra i funzionari che si occupano di immigrazione. L’Agenzia Nova li ha ottenuti e pubblicati: dall’inizio dell’anno dalla Libia sono arrivati via mare in Italia 16.637 migranti. Circa 10mila sono partiti dalla Cirenaica. Nel 2022, secondo una stima dell’UNHCR ottenuta dal Foglio, i migranti partiti dalla Cirenaica verso l’Italia furono circa 17.500, in aumento del 25 per cento rispetto al 2021.

La Cirenaica prende il nome da una città che non esiste più, l’ex colonia greca di Cirene, nell’est della Libia. Da sempre questa regione è al centro di intensi traffici per via della sua vicinanza con la Grecia e Cipro ma anche con l’Egitto e il resto del Nord Africa.

Oggi in Cirenaica arrivano soprattutto migranti dall’Egitto, con cui condivide un lungo confine di terra, ma anche dal Sudan, dato che per un sudanese non è complicato ottenere un visto per entrare in Egitto. Le principali città della Cirenaica sono anche i porti da cui partono le imbarcazioni di migranti: Bengasi – che ha un aeroporto internazionale collegato soprattutto con l’Egitto e la Turchia – Tobruk, Bardia e Agedabia.

Nella Cirenaica si trova anche Kufrah, una città nel sud della Libia da cui arrivano migranti da tutto il cosiddetto Corno d’Africa, quindi da Etiopia, Eritrea e Somalia, che però spesso proseguono verso l’ovest della Libia e si imbarcano per l’Italia nella regione di Tripoli.

Luca Marelli della ong Sea-Watch, che soccorre i migranti in mare e gestisce anche un aereo che monitora gli arrivi via mare dalla Libia e dalla Tunisia, spiega che negli ultimi mesi i porti più coinvolti della Cirenaica sono stati Tobruk e Bengasi. «Abbiamo fotografato più volte barchini in vetroresina che possono portare fino a 30 persone, oppure ex pescherecci», su cui invece spesso salgono decine di persone.

– Leggi anche: Come sono fatte le barche dei migranti

Come spesso accade in Libia, il traffico di esseri umani viene gestito dalle milizie armate che controllano di fatto il paese dall’inizio della guerra civile, 12 anni fa. È uno dei settori più redditizi, insieme al contrabbando, e permette alle milizie di sostenersi economicamente e aumentare la presa sul territorio. Succede anche in Cirenaica.  «Sappiamo da fonti sul campo che ci sono libici legati ad Haftar che si sono attivamente messi a giocare una partita nei flussi dei migranti che provengono dall’est, dunque dal confine egiziano», ha spiegato ad Agenzia Nova Claudia Gazzini, analista che si occupa di Africa per il think tank International Crisis Group.

Qualche mese fa il Foglio aveva scritto che a «regolare i flussi dei migranti in Cirenaica» è una milizia che fa capo al maresciallo Khalifa Haftar chiamata “Uomini-rana”, nota soprattutto per avere combattuto lo Stato Islamico (o ISIS) a Sirte, in Libia. Più di recente sempre il Foglio ha scritto che il traffico di esseri umani in Cirenaica è gestito in parte da Saddam Haftar, figlio di Khalifa Haftar, capo militare di una milizia chiamata Tariq Ben Zeyad (TBZ).

Cinque mesi fa Amnesty International ha pubblicato un lungo e dettagliato rapporto sui metodi violenti con cui agiscono Saddam Haftar e la TBZ. Secondo Amnesty dal 2017 al 2022 la TBZ ha commesso «crimini di guerra e altri crimini di diritto internazionale contro migliaia di presunti o reali critici e oppositori delle Forze armate arabe libiche», cioè l’esercito che fa capo a Khalifa Haftar, suo padre.

Il legame fra Khalifa Haftar e suo figlio Saddam però non è chiarissimo. «Buona parte delle attività più oscure di Saddam come il traffico di esseri umani», ha spiegato l’analista Jalel Harchaoui al Foglio, «non sono controllate da suo padre. Se l’Italia crede che dopo avere raggiunto un’intesa a Roma Haftar sia in grado di imporla a tutti una volta tornato a Bengasi, è fuori strada».

Uno dei principali interlocutori di Haftar in Libia è stata la Francia, che però in questi giorni sta litigando col governo italiano per via di alcune dichiarazioni del ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, molto critiche col governo Meloni proprio sulla gestione dei migranti che arrivano via mare.