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  • Mercoledì 12 aprile 2023

Quanti sono gli studenti stranieri in Italia

Quasi 900mila, di cui oltre il 66 per cento nati in Italia: sono tornati a crescere dopo una flessione dovuta alla pandemia

scuola
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)
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In Italia gli studenti stranieri, cioè senza la cittadinanza italiana, sono tornati a crescere dopo una flessione dovuta all’epidemia: sono quasi 900mila, per la precisione 888.880, secondo i dati più recenti del ministero dell’Istruzione relativi all’anno scolastico 2021/2022 e pubblicati da Repubblica. Sono 22.700 in più rispetto all’anno scolastico 2020/2021, il primo anno in cui era stato segnalato un calo dopo la crescita costante iniziata dalla metà degli anni Ottanta.

Già lo scorso anno nella consueta pubblicazione del ministero, che ogni anno diffonde dati e osservazioni sugli studenti e sulle scuole, era stato inserito un avvertimento in merito alla diminuzione degli studenti stranieri, considerata temporanea. Secondo il ministero il calo complessivo era dovuto principalmente alla scuola dell’infanzia, che non è obbligatoria. In sostanza durante l’epidemia molti genitori stranieri hanno preferito non iscrivere i bambini alla scuola dell’infanzia, frequentata dai tre ai cinque anni, per evitare rischi legati alla diffusione del contagio. A un anno di distanza la previsione del ministero si è rivelata corretta.

In questo grafico si può osservare l’andamento degli studenti stranieri in Italia. Fino all’inizio degli anni Novanta la presenza degli alunni stranieri nelle scuole italiane è stata trascurabile: l’aumento più significativo è avvenuto dalla metà degli anni Novanta. Il picco di aumento è stato nell’anno scolastico 2007/2008, con 73mila studenti stranieri in più rispetto all’anno precedente.

Complessivamente, gli studenti con cittadinanza non italiana sono il 10,3 per cento del totale. Questo dato è relativo all’anno scolastico 2020/2021 perché non sono ancora disponibili i dati relativi all’anno scolastico 2021/2022 (sul sito del ministero si può trovare un database più aggiornato, ma provvisorio e incompleto perché non comprende la Valle d’Aosta, Trento e Bolzano). L’incidenza di studenti stranieri è influenzata anche dal totale degli studenti e quindi anche dall’andamento generale delle nascite: se diminuiscono, aumenta la proporzione di studenti stranieri.

La distribuzione territoriale è molto netta: le regioni settentrionali hanno una maggiore concentrazione di studenti stranieri, mentre nel Meridione la concentrazione è decisamente più bassa. La Lombardia è la regione con il più alto numero di studenti senza la cittadinanza italiana, 220.771, oltre un quarto del totale in Italia. In Emilia-Romagna gli studenti con cittadinanza non italiana sono il 17,1% in rapporto alla popolazione scolastica regionale, il valore più elevato a livello nazionale. Dopo ci sono la Lombardia con il 16%, al terzo e al quarto posto ci sono la Toscana (14,5%) e il Veneto (14,1%) seguite da Liguria (14,0%), Piemonte (13,9%) e Umbria (13,8%). Nelle regioni del Sud l’incidenza degli studenti con cittadinanza non italiana è ovunque inferiore alla media nazionale del 10,3%.

Le province con l’incidenza più alta sono Prato, dove il 28% degli studenti è straniero, soprattutto grazie alla numerosa comunità cinese. Le percentuali sono alte anche a Piacenza (23,8%), Parma (19,7%), Cremona (19,3%). Nelle regioni del Sud la provincia con l’incidenza più alta è Ragusa, dove l’11,3% degli studenti non ha la cittadinanza italiana.

In questo grafico si può osservare la percentuale delle cittadinanze più rappresentate.

Un altro dato interessante è quello degli studenti stranieri che però sono nati in Italia, uno dei paesi europei con i requisiti più severi per ottenere la cittadinanza. Nel quinquennio tra l’anno scolastico 2016/2017 e il 2020/2021 il numero degli studenti con cittadinanza non italiana nati in Italia è passato da quasi 503mila a oltre 577mila con un aumento di oltre 74mila persone. Il 66,7% degli studenti stranieri è nato in Italia.

L’ultima legge sulla cittadinanza, introdotta nel 1992, prevede un’unica modalità di acquisizione chiamata ius sanguinis (dal latino, “diritto di sangue”): un bambino è italiano se lo è (e quindi anche se lo diventa) almeno uno dei genitori. Un bambino nato da genitori stranieri, anche se nato sul territorio italiano, può invece chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.

È una legge da tempo considerata carente perché esclude dalla cittadinanza migliaia di bambini, ragazze e ragazzi nati e cresciuti in Italia. Negli ultimi anni sono state presentate due proposte per riformare la legge, la prima si chiama ius soli, che permette di acquisire la cittadinanza semplicemente nascendo su un territorio e indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori (quello valido ad esempio negli Stati Uniti).

La seconda è lo ius scholae o ius culturae, in cui ha un ruolo proprio il sistema scolastico italiano. In pratica stabilisce che un bambino nato in Italia o arrivato prima di avere compiuto 12 anni possa fare richiesta di cittadinanza dopo aver fatto un ciclo scolastico di 5 anni, che può essere composto solo dalle elementari o da alcuni anni di elementari e altri di medie o superiori. La richiesta di cittadinanza potrà essere fatta anche da un solo genitore legalmente residente in Italia.

Lo ius soli venne approvato nel 2015 dalla Camera, ma nel dicembre 2017 la proposta non ottenne l’approvazione definitiva perché mancò il numero legale di votanti al Senato tre mesi prima delle elezioni, durante il governo di Paolo Gentiloni. Le ultime elezioni hanno invece interrotto il dibattito parlamentare in merito allo ius scholae: il governo di destra, in particolare Lega e Fratelli d’Italia, sono fortemente contrari.