I ritardi del PNRR stanno mettendo fretta ai comuni

In particolare quelli che hanno vinto il bando per migliorare la gestione dei rifiuti: hanno tempo fino a fine anno per chiudere le gare d'appalto

rifiuti
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato la graduatoria definitiva con i comuni che hanno vinto il bando del PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza, per migliorare i sistemi di raccolta differenziata. L’elenco è piuttosto lungo: sono state accolte 895 domande a cui verranno distribuiti in totale 600 milioni di euro. Moltissimi progetti, 1.944, sono stati esclusi perché non c’erano abbastanza soldi per accontentare tutti. Il numero dei comuni partecipanti al bando è un segnale evidente di quanto fosse attesa la pubblicazione della graduatoria definitiva, rimandata per tre volte dal ministero.

Nonostante i ritardi accumulati negli ultimi mesi, le scadenze per i comuni non sono cambiate: entro il 31 dicembre di quest’anno dovranno finire le gare di appalto e i lavori dovranno concludersi al massimo entro il 30 giugno 2026. Per questo tra gli amministratori, soprattutto quelli che hanno ricevuto soldi per progetti impegnativi, c’è una certa apprensione per la mancanza di tempo.

Il PNRR ha previsto in totale 2,1 miliardi di euro per migliorare la gestione dei rifiuti nei comuni italiani. La parte più consistente degli investimenti servirà per rendere più efficienti i sistemi di raccolta differenziata per i rifiuti urbani attraverso la costruzione di nuove piattaforme ecologiche, l’acquisto di mezzi meccanici, nuovi cassonetti, ma anche software per digitalizzare il sistema di raccolta e la gestione delle tariffe. Un’altra parte dei fondi servirà a costruire impianti per il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti, sia quelli urbani, cioè banalmente la spazzatura, sia quelli classificati come speciali, come i fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue.

Nella prossima infografica si possono consultare tutti i progetti a cui sono state assegnati i soldi del PNRR per il miglioramento della raccolta differenziata. Se nelle note compare la scritta “esaurito pertinente plafond” significa che il progetto è risultato idoneo, ma non c’erano abbastanza fondi per finanziarlo. 

Non sono invece previsti fondi per la costruzione di inceneritori o termovalorizzatori perché il PNRR è basato sulla cosiddetta “economia circolare”, un modello che pone al centro la sostenibilità del sistema, in cui non ci sono prodotti di scarto e in cui le materie vengono costantemente riutilizzate.

Questi soldi sono un’opportunità soprattutto per i comuni nelle regioni del sud, che hanno una storica difficoltà nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti urbani. Le differenze territoriali si osservano bene in un recente studio pubblicato da Cassa depositi e prestiti, la grossa società finanziaria controllata dal ministero dell’Economia, che ha preso in esame i dati del cosiddetto catasto rifiuti pubblicato ogni anno dall’ISPRA, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.

Lo studio spiega che le marcate differenze territoriali sono dovute a una distribuzione geografica degli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti non omogenea in termini di numerosità, capacità e scelte tecnologiche. In sostanza, nelle regioni del sud ci sono pochi impianti, poco capienti e non efficienti.

Oltre il 65 per cento della capacità di trattamento dei rifiuti urbani si concentra nelle regioni del nord, che tratta più rifiuti di quanti effettivamente ne vengono raccolti nei comuni. Al contrario, alcune regioni del centro e del sud come il Lazio e la Campania non riescono a gestire i rifiuti prodotti e sono costrette a inviarli in altre regioni. Secondo le stime di Cassa depositi e prestiti, entro il 2035 dovranno essere realizzati impianti per smaltire 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti urbani all’anno, di cui 800mila tonnellate in Campania, 500mila tonnellate in Lazio, 450mila tonnellate in Sicilia.

La costruzione di nuovi impianti per trattare e riciclare i rifiuti consentirebbe alle regioni meridionali di spendere meno soldi per inviare i rifiuti ad altre regioni, prevalentemente al nord. Anche se la gestione dei rifiuti è peggiore, infatti, le famiglie che abitano al sud pagano mediamente una tariffa più alta: 359 euro all’anno contro i 282 euro pagati da una famiglia che abita al nord.

In Italia al momento ci sono 657 impianti per la gestione dei rifiuti: 53,1% al nord, 17,7% al centro, 29,2% al sud. Circa il 50% dei rifiuti urbani viene riciclato, il 19% finisce in discarica, il 19% viene incenerito dai 37 impianti operativi in tutta Italia, il 10% subisce altri trattamenti, il 2% viene esportato all’estero. Nel 2021 sono state prodotte in totale 29,6 milioni di tonnellate.

In questa infografica di ricerca è possibile consultare la percentuale di raccolta differenziata in ogni comune italiano. I dati sono stati pubblicati dall’ISPRA e si riferiscono al 2021.

Gli investimenti previsti dal PNRR sono stati studiati soprattutto per colmare in parte il divario tra nord e sud Italia: alle regioni del sud è stato riservato il 60 per cento dei finanziamenti. Ma la situazione è così grave che i fondi, pur ingenti, non bastano. «Le risorse assegnate tendono a concentrarsi, di fatto, in poche regioni», si legge nello studio di Cassa depositi e prestiti. «Ciò si spiega prevalentemente per via del rapido esaurimento dei fondi riconducibile all’elevato valore dei singoli progetti». Nella linea d’investimento relativa alla realizzazione di impianti di trattamento e riciclo dei rifiuti urbani provenienti da raccolta differenziata, i progetti finanziati sono 28 sui 481 ritenuti idonei».

C’è poi il problema dei ritardi. Per i progetti più semplici, come l’acquisto dei software per la digitalizzazione della raccolta differenziata o dei mezzi meccanici, i comuni non dovrebbero avere particolari difficoltà nel rispettare le scadenze imposte dal PNRR, cioè l’assegnazione dei lavori entro la fine dell’anno e la fine dei cantieri entro il 30 giugno 2026. Sono più incerte le procedure che riguardano la costruzione o l’ammodernamento di impianti di trattamento dei rifiuti perché questi progetti hanno bisogno di molte autorizzazioni prima dell’inizio dei lavori.

«I ritardi già registrati nella selezione dei progetti che saranno finanziati con le risorse del PNRR inducono a sottolineare la necessità di accelerare le successive fasi procedimentali e attuative», ha scritto la Corte dei Conti nella relazione sullo stato di attuazione del PNRR, pubblicata alla fine di marzo. I magistrati contabili hanno avvertito i comuni dei rischi spesso sottovalutati negli ultimi mesi: i maggiori costi dovuti ai rincari dell’energia e appunto i lunghi processi di approvazione che potrebbero portare a non rispettare le scadenze.

«Non va trascurato il rischio concreto che gli extra-costi degli interventi conseguenti al rincaro delle materie prime e dell’energia – in mancanza di risorse aggiuntive o di appropriate rimodulazioni finanziarie – possano mettere in discussione l’attuazione di parte delle iniziative programmate. Tenuto conto delle problematiche correlate al permitting ambientale [tutte le attività volte ad ottenere le necessarie autorizzazioni, ndr] e, più in generale, delle difficoltà attuative degli interventi in materia di rifiuti e di acque reflue, si evidenzia l’esigenza di assicurare efficaci presidi di controllo funzionali alla tempestiva attivazione dei poteri sostitutivi in presenza di eventuali inerzie e rallentamenti».

I poteri sostitutivi di cui parla la Corte dei Conti si riferiscono alla possibilità per il governo di nominare commissari per gestire più in fretta i progetti. Il governo ha già approvato alcuni provvedimenti per limitare la burocrazia e ha introdotto deroghe alle procedure per l’assegnazione dei lavori. Al momento i risultati sono stati scarsi: secondo il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, è «matematico» che il governo non riuscirà a raggiungere alcuni degli obiettivi previsti dal piano.

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