• Mondo
  • Martedì 7 marzo 2023

Le “quote rosa” nei consigli di amministrazione delle grandi aziende spagnole

Sono previste in un'ambiziosa proposta di legge del governo socialista di Pedro Sánchez

Madrid, Spagna, 8 marzo 2020 (Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)
Madrid, Spagna, 8 marzo 2020 (Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)
Caricamento player

Il Consiglio dei ministri spagnolo ha approvato una proposta di legge per favorire una pari rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione delle grandi aziende, nella composizione delle liste elettorali e del Consiglio dei ministri. «Se le donne rappresentano la metà della società, metà del potere politico ed economico deve appartenere alle donne», ha detto il primo ministro socialista Pedro Sánchez durante un comizio del suo partito organizzato in piazza a Madrid in occasione degli eventi legati all’8 marzo, la Giornata internazionale della donna.

La proposta prevede che i consigli di amministrazione delle grandi aziende siano composti obbligatoriamente per almeno il 40 per cento da donne. Se saranno approvate in via definitiva – la proposta dovrà passare dal parlamento –, le nuove regole si applicheranno a tutte le società quotate in borsa entro il primo luglio del 2024 e a tutte le società con almeno 250 dipendenti e 50 milioni di euro di fatturato annuo entro il 30 giugno 2026. La decisione di Sánchez è coerente con una direttiva dell’Unione Europea emanata lo scorso anno: stabilisce che entro il luglio del 2026 tutte le grandi società quotate nell’Unione Europea dovranno adottare delle misure per incrementare la presenza delle donne alla loro guida.

La nuova proposta spagnola prevede che anche nei consigli di amministrazione degli ordini professionali le persone di ciascun sesso non siano inferiori al 40 per cento. E stabilisce che nessun premio o riconoscimento finanziato con denaro pubblico possa essere assegnato da una giuria che non rispetti un’uguale rappresentanza tra i generi.

Il disegno di legge prevede infine un’alternanza di genere obbligatoria nella composizione delle liste elettorali e nella composizione del governo.

Finora, quello della parità di genere è stato un criterio preso in considerazione e rispettato dai vari governi di centrosinistra del paese. Nell’attuale esecutivo, ad esempio, su 22 titolari di ministero 14 sono donne. Ma la nuova norma garantirà che la parità non dipenda più dalla sensibilità politica di chi è a capo del governo: se approvata diventerà un obbligo. Questa stessa norma sarà valida per le segreterie e le sottosegreterie di Stato e a livello dirigenziale nel settore pubblico istituzionale (enti autonomi, agenzie, aziende pubbliche, fondazioni, e così via).

«A noi sembra semplicemente giusto», ha detto Sánchez, che ha poi difeso esplicitamente la politica delle cosiddette “quote rosa”, che è un argomento di discussione da decenni all’interno dei movimenti femministi e non solo: «So che dà molto fastidio alla destra, perché accostano alle quote l’idea di meritocrazia, come se le foto piene di uomini e senza nessuna donna significassero che ci sono solo uomini validi e nessuna donna valida o più valida di quegli stessi uomini».

Sánchez ha spesso parlato del proprio governo come di un governo «femminista»: di fatto è attualmente uno dei più progressisti in Europa in tema di diritti e lotta alle disuguaglianze. In Spagna è stata appena approvata la cosiddetta “Ley Trans”, una legge che prevede tra le altre cose la possibilità per tutte le persone a partire dai 16 anni di autodeterminare liberamente la propria identità di genere, senza l’obbligo di anni di trattamento ormonale e una diagnosi medica o psicologica che attesti la cosiddetta “disforia di genere”, cioè la condizione delle persone che si identificano con un genere diverso da quello corrispondente al sesso di nascita.

Il parlamento spagnolo ha poi approvato in via definitiva una riforma della legge sull’aborto: prevede la creazione di un albo che impedisca a un medico che vi compare come obiettore di coscienza nel pubblico di praticare aborti nel privato; prevede l’eliminazione del permesso obbligatorio di genitori o tutori per abortire a partire dai 16 anni; e prevede l’eliminazione dei tre giorni di riflessione attualmente obbligatori prima dell’interruzione di gravidanza. Ha infine modificato il codice penale per punire chi molesta o intimidisce le donne che vanno in una clinica per interrompere volontariamente la gravidanza, e ha introdotto un congedo dal lavoro per chi soffre di dolori mestruali.

– Leggi anche: Che cos’è il congedo mestruale