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  • Venerdì 3 marzo 2023

Professione: team principal

Sono i capi delle scuderie di Formula 1, fanno un lavoro strano a cui si arriva in molti modi, e che Netflix ha cambiato un po'

Christian Horner (Netflix © 2023)
Christian Horner (Netflix © 2023)
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In Formula 1 a capo di ognuna delle 10 scuderie che partecipano al Mondiale c’è un team principal. Il loro è un ruolo strano, che è molto cambiato nel tempo e che ancora adesso è piuttosto diverso da un caso all’altro, il che lo rende piuttosto difficile da definire: tra loro ci sono stati ex meccanici, ex manager, aristocratici ed esperti di marketing, ex ingegneri, ex piloti, curatori fallimentari e persone che prima e dopo hanno fatto lavori diversissimi. Spesso si parla di loro come capi o boss, ma uno di loro si è definito – scherzando – niente più di un “chief cheerleader”, un capo tifoserie.

Di certo sono persone con un ruolo di gestione e coordinamento della parte sportiva ma anche economica di una scuderia, oltre che di responsabilità legale. I team principal (ci sono state femmine ma ora sono tutti maschi) fanno un lavoro importante, avvincente e molto ben pagato, ma talmente strano e multidisciplinare che non è chiaro cosa, di preciso, serva avere nel curriculum per farlo nel modo migliore. Un lavoro che molti probabilmente vorrebbero, tra contesti eleganti, prestazioni estreme e ingegneria avanzata, in uno sport che da anni è in grandissima crescita. Ma anche un lavoro in cui si deve agire in un contesto a suo modo spietato, talvolta definito “il club dei piranha”.

In gran parte per merito della serie Netflix Drive to Survive, molti team principal (e uno – l’altoatesino Günther Steiner – molto più degli altri) sono ormai noti e raccontati quasi quanto i piloti. In nove casi su dieci, sono tuttavia semplici dipendenti i cui contratti sono diventati più instabili e i cui cambi di scuderia, come si chiamano le squadre di Formula 1, sono ormai frequenti: nel Mondiale di quest’anno, quattro scuderie su dieci saranno guidate infatti da un team principal diverso rispetto a un anno fa.

(Netflix)

Per certi versi, alcuni team principal sono inoltre ormai trattati come spesso si fa nel calcio con gli allenatori: lo dimostrano le grandi attenzioni giornalistiche negli ultimi mesi per l’arrivo alla Ferrari del team principal francese Frederic Vasseur in sostituzione del dimissionario Mattia Binotto. Da un lato, questo è un segno della loro sempre maggiore rilevanza, anzitutto mediatica. Dall’altro, la mobilità che caratterizza il mestiere può anche suggerire che il loro ruolo non sia forse poi così determinante, specie senza macchine veloci e piloti capaci. È nota, nel contesto della Formula 1, una frase – controversa e contestata – secondo cui i piloti sarebbero «intercambiabili come lampadine», e c’è chi ritiene che qualcosa di simile si possa dire dei team principal.

In passato i team principal (o i facenti funzioni che avevano però altri nomi o inquadramenti) erano spesso i fondatori delle scuderie, quelli che anzitutto ci mettevano i soldi, alla Enzo Ferrari. È il caso, tra gli altri, di Frank Williams, Bruce McLaren, Alain Prost, Ken Tyrrell o Colin Chapman, il fondatore della Lotus. Tra loro c’era chi era stato e ancora era pilota, progettista, ingegnere o meccanico, ma erano comunque tutte persone la cui carriera era stata nell’automobilismo. Erano persone totalmente identificate, spesso e volentieri a cominciare dal cognome, con le loro scuderie, persone per le quali sarebbe stato impensabile passare da una all’altra.

Già negli anni Novanta le cose erano cambiate: il francese Jean Todt, capo della scuderia Ferrari dal 1993 al 2007, arrivava dal rally, dove era stato copilota, e da ruoli sportivi in Peugeot, mentre invece Flavio Briatore – che disse «la Formula 1 non è uno sport, è un business» – entrò nel giro della Formula 1, dove vinse prima con la Benetton e poi con la Renault, con un ruolo commerciale e senza precedenti esperienze automobilistiche. Maurizio Arrivabene, team principal della Ferrari tra il 2014 e il 2019, arrivava da Philip Morris e dopo passò alla Juventus.

Fernando Alonso e Briatore nel 2004 (Mark Thompson/Getty Images)

Nel 2015, quindi prima di Drive to Survive, il New York Times parlò dei team principal come di un «mazzo variegato» che comprendeva un’avvocata, il ricco proprietario di un’azienda di liquori, un direttore del marketing, un paio di ex piloti, investitori finanziari e perfino uno o due ingegneri. Già nel 2015 dei team principal si scriveva che avevano «un ruolo simile a quello dell’amministratore delegato di un’azienda di medie dimensioni» e ormai «quasi nulla a che fare con la strategia di gara».

Ancora oggi il lavoro di un team principal cambia innanzitutto in base al datore di lavoro. Alla Ferrari o alla Red Bull, per esempio, la ricerca degli sponsor non è una priorità così come lo è in scuderie più piccole e senza una grande azienda alle spalle. Altrettanto, il ruolo dell’ex pilota e imprenditore austriaco Toto Wolff è reso diverso per il fatto che è proprietario di alcune quote della scuderia di cui è team principal.

(John Thys – Pool/Getty Images)

Che siano finanziamenti, investimenti o stipendi da pagare ai dipendenti, un team principal deve comunque generalmente gestire diversi aspetti economici della scuderia per cui lavora. Tutti, in genere, si occupano del morale della squadra, a cominciare da quello dei piloti.

(Mark Thompson/Getty Images)

Cambia molto, a seconda dei casi e delle competenze personali, anche come e quanto un team principal si occupa di ricerca, sviluppo e perfezionamento della macchina oppure della strategia di gara. Steiner, team principal della Haas, è un ex meccanico e qualche giorno fa ha detto al Foglio: «i meccanici non mi raccontano le storie, sanno bene che io li becco se mi raccontano qualche balla. Gli dico ragazzi, volendo con un po’ di impegno, mi metto lì e la macchina me la faccio da solo». James Vowles, il nuovo team principal della Williams, fino all’anno scorso era responsabile delle strategie di gara della Mercedes, e avrà quindi molto da dire sulla condotta di gara.

In genere, comunque, l’ultima parola su quel che accade all’interno di una scuderia è la loro; anche se poi devono rendere conto – come Steiner fa spesso in Drive to Survive nelle telefonate con l’imprenditore Gene Haas – alle aziende o ai finanziatori alle loro spalle. E tra chi mette i soldi ci sono aziende di vario genere, investitori privati e anche fondi statali e, più in generale, i vari team principal possono avere capi che se ne intendono e mettono becco (come nel caso di Zak Brown alla McLaren) o che invece lasciano più libertà.

Un’altra parte importante del lavoro di un team principal, anche questa ben evidente in Drive to Survive, è quella politica, legata al dover negoziare gli interessi della scuderia, per esempio nei confronti della FIA, la Federazione Internazionale dell’Automobile.

Il ruolo di team principal cambia anche a seconda di quali altri incarichi vengono assegnati a una determinata persona: in Ferrari, Binotto era per esempio anche «managing director gestione sportiva» mentre Vasseur, che è stato team principal alla Renault e poi alla Sauber è stato presentato come «team principal e general manager».

Oltre a decidere, mediare e spesso fare da collante tra vari aspetti di una scuderia, i team principal devono poi occuparsi di comunicazione, essere anche all’esterno il punto di riferimento della squadra: «non è un lavoro per un introverso», ha scritto Red Bull in una guida sul ruolo, che nel suo caso dal 2005 è affidato al britannico Chris Horner. Sono spesso loro a dare interviste e a metterci-la-faccia, come si dice, dopo un Gran Premio andato male.

Anche se in realtà tra i direttori sportivi non tutti sembrano particolarmente a loro agio, perlomeno davanti alle telecamere di Netflix, questo aspetto è sempre più importante. «Un tempo erano figure dietro le quinte» ha scritto il Guardian in un articolo dedicato al crescente culto dei team principal, e in particolare di Steiner: «ora sono sempre più sotto i riflettori di quello che è la soap opera della Formula 1». Proprio in questo, così come Netflix deve stare attenta a non esagerare la sua esasperazione di certi eventi, anche i team principal devono bilanciare i benefici del diventare personaggi mediatici con gli eventuali svantaggi di restare incastrati in determinati ruoli “da soap opera”.

Steiner – la cui fama ha con ogni probabilità portato beneficio alla Haas, l’anno scorso ottava nel campionato costruttori – ha un libro in uscita e la faccia sulle magliette vendute dalla sua scuderia, ma al Guardian ha detto di non aver mai visto Drive to Survive perché non vuole che la cosa possa cambiare il modo in cui si comporta.

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