Il primo anno di guerra in Ucraina potrebbe non essere l’ultimo

Sempre più analisti sono convinti che un compromesso o una vittoria militare siano sempre più lontani

(Ben Birchall/Pool via AP)
(Ben Birchall/Pool via AP)
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È passato un anno da quando l’esercito russo iniziò a sganciare bombe sulle principali città dell’Ucraina e a invadere le strade con centinaia di mezzi militari, nelle prime ore del 24 febbraio del 2022. L’obiettivo di conquistare l’intero paese in pochi giorni fallì miseramente, e da allora la guerra attraversa fasi alterne.

In primavera i russi si sono ritirati dal nord dell’Ucraina, a settembre l’esercito ucraino è avanzato per decine di chilometri nel Donbass, cioè la sua regione più orientale, mentre da settimane la Russia sembra vicina a ottenere una vittoria simbolica rioccupando la città di Bakhmut. Gli analisti discutono della possibilità che i due eserciti organizzino nuove importanti offensive: ma molti di loro sembrano ormai convinti che la guerra durerà ancora a lungo, senza risultati particolarmente eclatanti o sorprendenti come quelli osservati nei primi mesi.

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«All’orizzonte non si vede alcuna fine», scrive Eugene Rumer, esperto di Russia del think tank Carnegie Endowment for International Peace. «Nessuno dei due paesi è pronto per negoziare. Entrambi si stanno preparando per prossime ingenti offensive. Né la Russia né l’Ucraina negli ultimi mesi hanno raggiunto alcun obiettivo che possa cambiare il corso della guerra». «La fine del primo anno di guerra non è l’inizio della fine, ma soltanto la fine del suo inizio», ha scritto in un articolo ospitato su Politico John Barranco, colonnello in servizio dei Marine statunitensi, parafrasando una citazione attribuita all’ex primo ministro britannico Winston Churchill.

Diversi analisti e commentatori stanno comunque cercando di capire cosa aspettarsi dalla guerra nel medio termine.

Gran parte degli sforzi dell’esercito russo si sta concentrando nel Donbass, una regione in cui si combatte dal 2014, anno in cui miliziani filorussi armati e finanziati dalla Russia occuparono un grosso pezzo della regione vicino al confine russo. A metà gennaio l’esercito russo ha riconquistato la piccola città di Soledar, mentre sta intensificando i suoi sforzi per occupare Bakhmut, una città da cui passano le strade e binari necessari per proseguire l’offensiva, eventualmente, ancora più a ovest. L’intelligence ucraina sostiene che il presidente russo Vladimir Putin abbia ordinato al suo esercito di conquistare tutto il Donbass entro la fine di marzo.

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Analisti militari citati dal New York Times sostengono che una volta presa Bakhmut la Russia potrebbe cercare di attaccare sia da sud sia da nord il resto del Donbass ancora controllato dagli ucraini, per accerchiare il territorio a ovest di Bakhmut. «Se prenderemo Bakhmut è probabile che gli ucraini non riusciranno a mantenere il resto della regione di Donetsk, e perderanno sia Slovyansk sia Kramatorsk», ha ipotizzato un funzionario militare russo parlando con il Wall Street Journal.

Rimane comunque un discreto scetticismo sulle possibilità che la Russia riesca davvero a conquistare ulteriori territori dopo Bakhmut. L’esercito russo continua ad avere enormi problemi logistici e di organizzazione interna, i suoi soldati sono nettamente meno motivati rispetto a quelli ucraini, e ormai da mesi è chiaro sia ai leader militari sia ai quadri dell’esercito che ogni conquista in territorio ucraino costa moltissimo in termini di vite umane – a Bakhmut da settimane l’esercito russo manda a morire ogni giorno centinaia di soldati, fra cui moltissimi ex detenuti – munizioni e sforzi logistici.

All’inizio di febbraio il think tank Institute for the Study of War (ISW) aveva scritto di non avere prove che «le forze russe abbiano guadagnato una capacità militare sufficiente a sconfiggere le forze nell’est dell’Ucraina e conquistare entro marzo i più di 11mila chilometri quadrati in mano gli ucraini nella regione di Donetsk, cioè circa il 42 per cento della regione». Leggendo analisi giornaliere dell’ISW sull’offensiva russa, non sembra che la loro valutazione sia cambiata. Il 21 febbraio hanno scritto che lo sforzo per conquistare Bakhmut «con tutta probabilità sarà estremamente lento e dispendioso, per via del contesto urbano e delle fortificazioni costruite dall’esercito ucraino».

Anche l’esercito ucraino, secondo diversi analisti, sta pianificando da tempo una controffensiva verso sud verso le città di Tokmak e Melitopol, conquistate dalla Russia nelle prime settimane della guerra, per provare a interrompere la catena di approvvigionamenti verso la Crimea, che la Russia ha annesso nel 2014 dopo averla occupata militarmente. I russi però se lo aspettano da tempo, e hanno passato gli ultimi mesi a rafforzare le proprie posizioni difensive sulla linea del fronte, soprattutto intorno a Tokmak. Una controffensiva ucraina in queste zone, insomma, potrebbe durare a lungo e avere un esito incerto.

I triangolini rossi mostrano le posizioni difensive costruite dai russi (mappa del New York Times)

Anche dal punto di vista diplomatico al momento non si sta muovendo niente, e difficilmente qualcosa cambierà.

Il governo ucraino ha detto più volte che non accetterà di cedere dei territori in un ipotetico negoziato di pace. Del resto diversi analisti concordano che verosimilmente la Russia userebbe qualsiasi compromesso per riorganizzarsi in vista di una nuova controffensiva: il piano di invasione avviato il 24 febbraio e fallito nel giro di pochi giorni prevedeva di occupare l’intera Ucraina, e non ci sono segni del fatto che nel frattempo Putin abbia ridotto le proprie mire. Anche nel suo ultimo discorso pubblico al paese ha definito il governo ucraino democraticamente eletto «un regime» controllato dall’Occidente, legittimando di fatto una nuova eventuale offensiva contro l’intero territorio ucraino.

Al contempo, come ha notato il giornalista Leonid Ragozin su Al Jazeera, «il governo russo ha deliberatamente omesso la sua definizione di “vittoria” in Ucraina. Si è quindi lasciato il margine per una serie molto ampia di obiettivi accettabili sul campo di battaglia». Alcuni ritengono che la Russia potrebbe fare dei seri tentativi per avviare un negoziato con l’Ucraina dopo avere conquistato militarmente tutta la regione del Donbass, che sembra essere diventata l’obiettivo militare più realistico di questa guerra.

Ma ci sono diversi motivi per dubitare di questo scenario. Sia perché rimane un obiettivo molto complicato da raggiungere, sia perché gli ucraini potrebbero legittimamente rifiutare di cedere un pezzo del proprio territorio, sia perché la conquista potrebbe arrivare dopo uno sforzo immane da parte della Russia, che quindi la esporrebbe a subire una controffensiva da parte dell’esercito ucraino in altre zone.

Nel medio termine insomma ci sono buone ragioni per pensare che a livello militare e diplomatico la guerra possa raggiungere una fase di stallo, con sviluppi molto circoscritti.

Riguardo a cosa potrebbe accadere nel lungo termine, invece, ci sono diverse scuole di pensiero. A oggi secondo le stime più attendibili l’esercito russo ha subito circa il doppio di perdite – cioè di morti e feriti – rispetto a quello ucraino: circa 200mila contro 100mila. Ma la Russia ha una popolazione tre volte superiore a quella dell’Ucraina, quindi un bacino molto più ampio di soldati, oltre a una serie di vantaggi competitivi non indifferenti.

«Nel 2021, l’anno prima della guerra, il PIL russo era nove volte più grande rispetto a quello ucraino», osserva Rumer del Carnegie Endowment for International Peace. «Dopo essersi contratta di circa 2-4 punti nel 2022, si stima che quest’anno l’economia russa riprenderà a crescere, anche se lentamente. Le sanzioni occidentali non hanno precedenti e hanno danneggiato l’economia russa e le sue prospettive nel lungo periodo, ma i paesi si adattano e la Russia lo sta già facendo, organizzando catene di approvvigionamento alternative, usando tecnologie meno avanzate e trovando soluzioni improvvisate per componenti che non può più procurarsi. Inoltre sta vendendo quantità record di petrolio a India e Cina, ha trovato altri acquirenti ancora e sta comprando una flotta di navi cisterna per aggirare le sanzioni occidentali».

Tutto questo però non tiene conto di alcuni limiti strutturali dello sforzo che la Russia sta sostenendo per finanziare la guerra in Ucraina. Su tutte la difficoltà di reperire armi e munizioni.

La Russia non era preparata né a sostenere una guerra così lunga né a subire così tante perdite nei primi mesi. Dall’inizio dell’invasione l’esercito russo ha perso circa la metà della sua intera flotta di carri armati di ultima generazione, ha usato quasi tutto il suo arsenale di missili a lungo raggio che aveva accumulato prima della guerra, e benché Putin assicuri che le industrie belliche stanno lavorando a pieno regime non può più importare semiconduttori, essenziali per la produzione di armi, per via delle sanzioni occidentali. In alcune delle armi abbandonate dai russi, l’esercito ucraino ha trovato dei componenti presi dalle lavatrici domestiche: segno che già oggi certi materiali non sono facilmente reperibili in Russia.

«L’industria bellica russa non sopravviverà alle condizioni attuali», ha spiegato al Financial Times Pavel Luzin, esperto di armi russe della Tufts University di Boston, negli Stati Uniti. «Hanno alcuni componenti di riserva per produrre fino al 2025, ma non tutti quelli che le servono. Le spese di produzione sono già aumentate sensibilmente. È un’industria già morta».

È un discorso che si può estendere a vari altri settori dell’economia russa, che in questi mesi è stata riprogrammata per sostenere lo sforzo bellico: la Russia resta un paese con un’economia di medie dimensioni, con un PIL compreso fra quello della Spagna e quello del Canada, che non può alimentare a lungo un’invasione su così larga scala.

Sono limiti più significativi di quello che si pensi, spiega Luzin: se anche la Russia può reclutare nuovi soldati da un bacino molto superiore a quello dell’Ucraina, «con cosa li sfamerà e li vestirà? Che armi gli fornirà? E chi li sostituirà nei loro lavori civili?».

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Dal punto di vista di armi e munizioni l’Ucraina sembra messa meglio: finora ha ottenuto quasi tutto quello che ha chiesto ai paesi occidentali, pur dopo molte insistenze e discussioni, e nelle ultime settimane si sta parlando concretamente della possibilità che i paesi occidentali forniscano all’esercito ucraino aerei da caccia, che potrebbero avere un ruolo fondamentale nella difesa dei civili dai bombardamenti russi e nella controffensiva che con ogni probabilità l’esercito ucraino sta preparando. Per quanto riguarda più in generale la sua economia, molto dipenderà dal sostegno che le offriranno i paesi occidentali.

La Russia potrebbe compensare ogni difficoltà con la propaganda e la repressione totale di ogni forma di dissenso, come del resto ha fatto in questi mesi: a quel punto però si creerebbero le condizioni per un nuovo stallo.

«Esiste uno scenario in cui la caratteristica principale di questa guerra è che non potrà finire in una cornice di tempo definita», ha spiegato a NPR Samuel Charap, esperto di Russia del think tank Rand Corp. «Parliamo di una guerra che può andare avanti per anni e anni».