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  • Giovedì 23 febbraio 2023

La sentenza di primo grado del processo sulla valanga all’Hotel Rigopiano

25 imputati sono stati assolti e altri 5 sono stati condannati: tra questi c'è anche il sindaco del paese dove si trovava l’albergo

Corone di fiori davanti all'insegna dell'Hotel Rigopiano (Gianluca Fortunato - LaPresse)
Corone di fiori davanti all'insegna dell'Hotel Rigopiano (Gianluca Fortunato - LaPresse)
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Giovedì sono stati assolti 25 dei 30 imputati nel processo di primo grado sulla valanga che più di 6 anni fa causò la morte di 29 persone all’Hotel Rigopiano, in Abruzzo. Ci sono state cinque condanne: a 2 anni e 8 mesi per Ilario Lacchetta, sindaco di Farindola, il comune dove si trovava l’hotel; a 3 anni e 4 mesi per i due dirigenti della provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio; a 6 mesi ciascuno per l’ex gestore dell’albergo Bruno Di Tommaso e per il tecnico Giuseppe Gatto. Il processo doveva stabilire le responsabilità legate sia al luogo di costruzione dell’hotel sia al presunto ritardo dei soccorsi.

Per Lacchetta, che era sindaco di Farindola anche all’epoca della valanga, era stata chiesta una condanna a 11 anni e 4 mesi: doveva rispondere di accuse come omicidio colposo, lesioni personali colpose e disastro colposo. Alla fine è stato condannato per una parte limitata e minore delle accuse, quella che riguardava il non aver adottato un’ordinanza in cui dichiarava l’inagibilità e lo sgombero dell’Hotel Rigopiano.

D’Incecco e Di Blasio sono invece stati condannati perché il controllo della percorribilità e della pulizia notturna delle strade, che in quei giorni erano impraticabili per le abbondanti nevicate, era sotto la loro responsabilità in quanto dirigenti della provincia. Di Tommaso e Gatto sono stati condannati per falso.

– Leggi anche: La valanga di Rigopiano

I 30 imputati erano stati ammessi al “rito abbreviato”, un tipo di processo in cui l’imputato chiede al giudice di saltare la fase del dibattimento per ottenere uno sconto di pena, oltre che una riduzione della durata del processo. Tra gli imputati c’erano rappresentanti della Regione Abruzzo, della provincia di Pescara, della prefettura di Pescara e del comune di Farindola, alcuni rappresentanti legali della società titolare dell’albergo distrutto e impiegati della prefettura di Pescara. C’era anche l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, per il quale era stata chiesta la condanna più grande, a 12 anni: nella sentenza di primo grado è stato assolto. È stato assolto anche l’ex presidente della provincia di Pescara, Antonio Di Marco.

L’Hotel Rigopiano-Gran Sasso Resort si trovava a 1.200 metri d’altezza nel comune di Farindola, in provincia di Pescara. Fu travolto da una valanga di neve, detriti e tronchi d’albero il pomeriggio del 18 gennaio del 2017, con un impatto così violento da far ruotare l’edificio di tre piani di circa 13° e da farlo spostare di qualche decina di metri. All’interno c’erano 40 persone, 29 delle quali morirono.

La mattina di quel giorno, tra le 9:25 e le 13:33, c’erano state nella zona quattro scosse di terremoto di magnitudo superiore a 5. Gli ospiti si spaventarono e chiesero di poter lasciare la struttura, ma la zona di Rigopiano era isolata da ore a causa delle nevicate intense che erano avvenute in quei giorni, e la strada che collegava l’albergo al centro abitato di Farindola era impraticabile. Intorno alle 14 l’amministratore dell’albergo aveva inviato una mail al sindaco di Farindola, al prefetto e alla polizia provinciale, descrivendo la situazione e chiedendo un intervento per permettere alle persone di andarsene.

La valanga partì dal monte Siella a poco meno di duemila metri di altezza, tra le 16:45 e le 16:49, spostandosi a circa 100 chilometri orari. La massa che si staccò dalla montagna fu di più di 19mila tonnellate, per un totale di 103mila metri cubi di neve. L’allarme dopo l’impatto fu dato da un ospite dell’hotel, Giampiero Parete, che si salvò per caso: era uscito poco prima dall’edificio per andare a prendere delle medicine in macchina per la moglie.

Parete avvertì il suo datore di lavoro e amico Quintino Marcella, che a sua volta chiamò prima i carabinieri e poi la prefettura. I carabinieri gli dissero che avrebbero fatto delle verifiche, mentre la prefettura pensava fosse uno scherzo telefonico che andava avanti da quella mattina. La centrale operativa dei soccorsi contattò l’amministratore dell’albergo, Bruno di Tommaso, che però escluse che ci fossero stati crolli o qualche altro problema nell’albergo, sostenendo di essersene appena andato dalla struttura e di aver ricevuto rassicurazioni per messaggio che fosse tutto sotto controllo.

Di conseguenza i soccorsi non arrivarono per ore. Li fece partire un volontario della Protezione civile quando erano ormai le 18:57: 30 persone del Soccorso alpino, della Guardia di finanza e dei Vigili del fuoco arrivarono da Pescara e da Penne, a 9 chilometri da Rigopiano, ma si dovettero fermare per la neve troppo abbondante sulla strada. Solo quattro soccorritori arrivarono sul posto a piedi, indossando le ciaspole, ma erano ormai trascorse diverse ore. I primi elicotteri arrivarono alle 6:30 del mattino successivo, e le operazioni durarono una settimana.