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  • Lunedì 20 febbraio 2023

Lo sconosciuto che ha rianimato l’All-Star Game della NBA

È da tempo un evento in declino, ma le schiacciate di un giocatore che non è nemmeno in NBA hanno vivacizzato l'ultima edizione

di Pietro Cabrio

Mac McClung all'All-Star Game di Salt Lake City (Tim Nwachukwu/Getty Images)
Mac McClung all'All-Star Game di Salt Lake City (Tim Nwachukwu/Getty Images)
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Mac McClung è un nome che non dice molto ma è stato un fenomeno del basket scolastico americano. Si fece notare già al liceo, in Virginia, dove al suo ultimo anno segnò 1.153 punti superando il record stagionale appartenuto fin lì ad Allen Iverson, miglior marcatore in NBA per quattro stagioni tra il 1998 e il 2005. Fu poi richiestissimo dalle università, che fecero a gara per averlo, e persino diversi giocatori attualmente in NBA si esposero pubblicamente per “invitarlo” nei loro ex istituti.

Ma nel passaggio al basket professionistico essere fra i migliori giocatori scolastici, almeno sulla carta, può non bastare, specialmente se non si arriva al metro e 90 d’altezza, come nel caso di McClung. Nel 2021 si dichiarò eleggibile al draft per farsi ingaggiare dalle squadre di NBA, ma non venne chiamato da nessuno. Finì quindi nel sottobosco del basket nordamericano, fra training camp estivi, tournée all’estero come tappabuchi e campionati minori in cui gioca tuttora.

A 24 anni, e dopo brevi periodi trascorsi con Chicago Bulls, Los Angeles Lakers, Golden State Warriors e Philadelphia 76ers, sta ancora cercando di trovare un suo posto in NBA, fin qui vista soltanto in due partite, giocate peraltro con contratti settimanali.

Mac McClung ai tempi di Georgetown nel campionato NCAA (Brett Carlsen/Getty Images)

Poi però è arrivato il fine settimana dell’All-Star Game, l’evento organizzato nell’arco di tre giorni per cui la NBA sospende la stagione regolare e concentra i suoi migliori giocatori in una serie di incontri e sfide votate esclusivamente allo spettacolo.

L’All-Star Game si tiene dal 1951, ha contribuito alla fama ottenuta dalla NBA in tutto il mondo con tanti grandi momenti, ma da tempo ha perso gran parte del suo fascino. La crisi dell’evento si rispecchia bene nella gara della schiacciate, lo Slam Dunk Contest, che raramente riesce ad essere veramente spettacolare, per motivi tutto sommato comprensibili: è sempre più difficile inventarsi nuove schiacciate e senza difensori da superare, come avviene in partita, non è la stessa cosa.

All’annuncio dei partecipanti a quest’ultima edizione, disputata nella notte tra sabato e domenica, le reazioni erano state tutt’altro che incoraggianti. Kevin Durant, uno dei migliori giocatori del campionato, aveva scritto: «Senza offesa, ma cosa stiamo facendo?». Si riferiva in particolare alla partecipazione di McClung, che è sotto contratto con Philadelphia ma gioca in un campionato minore, la G-League, con i Delaware Blue Coats.

Ai tempi dei campionati scolastici, tuttavia, McClung veniva descritto come una «macchina da punti», e quei punti li faceva anche schiacciando, cosa abbastanza strabiliante per un playmaker delle sue dimensioni. E così si è arrivati alla gara di schiacciate di sabato, con McClung e il suo metro e 88 centimetri contro tre partecipanti, tutti con un loro ruolo più o meno definito in NBA, e soprattutto più alti: Kenyon Martin Jr. (2 metri), Jericho Sims (2 metri e 8) e Trey Murphy III (2 metri e 3).

Già al primo turno, quando McClung ha scavalcato due persone messe sotto canestro schiacciando dietro la testa, qualcuno ha iniziato a capire che stava accadendo qualcosa di speciale. Fra lo stupore di tutti — pubblico, commentatori, giocatori a bordo campo e persino avversari — McClung ha totalizzato 50 punti di media alla prima schiacciata, cioè il massimo possibile, 49,8 alla seconda e poi altri due 50 di fila. Con questi punteggi la vittoria è stata inevitabile e netta.

«È stato un fenomeno al college, sta ancora lavorando per trovare il suo spazio nella lega, ma è andato a prendersi quel trofeo e ha riportato in vita la gara della schiacciate» ha scritto su Twitter il quattro volte campione NBA Stephen Curry. Commenti simili sono arrivati anche da grandi ex giocatori come Magic Johnson, Shaquille O’Neal e Nate Robinson. E proprio O’Neal si era rivolto a McClung prima dell’inizio della gara dicendogli: «Nessuno conosce il tuo nome. Faglielo ricordare».

In due anni da professionista McClung ha guadagnato 106.352 dollari. Con la vittoria nell’ultimo Slam Dunk Contest ne ha vinti altrettanti, in una sera soltanto, ma quello che ha fatto va anche oltre. Ha ridato senso e visibilità a una competizione che sembrava non avesse più molto da offrire, ha smentito chi non lo giudicava all’altezza, anche solo di una partecipazione, e ha dimostrato sul campo di poter continuare ad ambire a un posto tra i professionisti.

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