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  • Mercoledì 25 gennaio 2023

Come si stampa un giornale

Siamo andati a vedere un grande stabilimento da cui escono ogni notte i quotidiani appena stampati, dove i colori si controllano a occhio e nessuno grida mai “Fermate le rotative!”

di Riccardo Congiu e Valentina Lovato

Il Centro Stampa Quotidiani di Erbusco (Valentina Lovato/Il Post)
Il Centro Stampa Quotidiani di Erbusco (Valentina Lovato/Il Post)
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Al Centro Stampa Quotidiani di Erbusco, in provincia di Brescia, si sfogliano centinaia di giornali ogni giorno, ma nessuno li legge. Qui per 359 giorni all’anno si stampano le copie di 10 quotidiani, e chi sfoglia i giornali lo fa soprattutto per controllare che ogni pagina sia stata stampata bene, con i giusti colori e senza sbavature di inchiostro. I controlli sono minuziosi e a volte riguardano dettagli che possono sembrare insignificanti a chi non è del mestiere.

Gli operatori mentre controllano i livelli di inchiostro sulle copie appena stampate (Valentina Lovato/Il Post)

I tempi sono sempre strettissimi, quindi a un certo punto quei controlli si fermano anche se non è ancora stata raggiunta del tutto la qualità ottimale, perché ogni sera il giornale deve necessariamente andare in distribuzione. È un fatto che spiega bene quali sono le priorità delle tipografie che stampano i giornali: il loro scopo principale non è fare prodotti belli, ma è prima di tutto fare prodotti utili. E se un giornale non arriva in edicola in tempo, non serve a nessuno. «La regola aurea è che il giornale deve uscire», dice il direttore del Centro, Dario De Cian. La scansione dei tempi è perciò molto serrata e precisa, con pochissime eccezioni.

Il Centro Stampa Quotidiani di Erbusco si trova più o meno a metà strada tra Bergamo e Brescia perché fu fondato dai giornali storici delle due città, L’Eco di BergamoIl Giornale di Brescia, che nel 2000 si trovarono contemporaneamente nella situazione di dover cambiare le proprie rotative, le grosse macchine che si usano per stampare i giornali, e pensarono fosse conveniente condividere il centro e dividere le spese.

A distanza di più di vent’anni quella scelta si è rivelata particolarmente azzeccata: oggi oltre a quei due quotidiani nella tipografia si stampano altri sei giornali locali della zona (La Provincia nelle edizioni di Como, Lecco e Sondrio, Il Cittadino di Lodi, La Provincia di Cremona e il T, quotidiano del Trentino-Alto Adige in edicola da novembre del 2022) e due nazionali, Avvenire e Il Sole 24 Ore, per le copie che vengono distribuite nel nord Italia. A questi dal prossimo luglio se ne aggiungeranno altri due: Il Giornale di Vicenza e BresciaOggi. Quello che era un costo necessario è così diventato per Il Giornale di Brescia L’Eco di Bergamo una nuova fonte di profitti.

Un tempo per i quotidiani era normale avere un proprio centro stampa, ma la crisi dei giornali di carta degli ultimi vent’anni ha imposto loro grandi ridimensionamenti anche nel rapporto con le tipografie, e in tempi recentissimi questa necessità è stata accelerata dagli enormi aumenti dei costi delle materie prime. «Dal gennaio del 2021 a oggi il costo della carta per noi è aumentato del 250 per cento», spiega De Cian, «quello dell’inchiostro più o meno del 30 per cento». Sono aumenti molto rilevanti, se si pensa che nell’ultimo anno il centro stampa di Erbusco ha usato circa 16mila tonnellate di carta.

Una bobina di carta nuova, appena caricata nel portabobine (Valentina Lovato/Il Post)

– Leggi anche: La carta costa sempre di più

Nel frattempo l’enorme calo nelle tirature dei quotidiani (cioè il numero di copie che vengono stampate) ha avuto delle chiare conseguenze nel lavoro della tipografia: «Se dovessi individuare un momento preciso in cui è iniziato il declino delle copie stampate, direi che più o meno dal 2008 abbiamo cominciato a perderne il 10 per cento ogni anno», spiega De Cian. «Per dare un’idea: nel 2007 abbiamo stampato circa 160 milioni di copie, con solo due rotative e quattro quotidiani da stampare; quest’anno stamperemo circa 90 milioni di copie, facendo dieci quotidiani e con quattro rotative».

Oltre ai quotidiani a Erbusco si stampano anche alcuni settimanali e mensili locali, e più raramente giornali stranieri per la distribuzione nel nord Italia (come l’edizione domenicale della Bild, e fino a qualche tempo fa anche il Times di Londra e il Telegraaf, il principale quotidiano dei Paesi Bassi), per un totale di circa 15 prodotti diversi ogni giorno.

In questo modo il centro riesce a lavorare anche nelle fasce orarie non serali, in cui si concentra la stampa di tutti i quotidiani, ottimizzando ulteriormente alcuni costi sottovalutati, dice De Cian: «Per lavorare al meglio i centri devono tenere i locali condizionati, controllando costantemente temperatura e umidità», altrimenti c’è il rischio che la carta si rovini e si strappi durante la stampa. Per essere efficace l’impianto di condizionamento deve rimanere acceso per gran parte della giornata, «e questi sono costi grandi, che sono uguali sia che stampi 10 copie, sia che ne stampi un milione», dice ancora De Cian.

È il motivo per cui ultimamente diverse tipografie sono state costrette a chiudere, con quotidiani che sono passati in gestione a centri che stampano più giornali, come quello di Erbusco. Secondo De Cian, più o meno sotto alle 25mila copie non conviene più avere un centro stampa di proprietà; a Erbusco se ne stampano ogni giorno circa 250mila.

Copie di Avvenire e del Sole 24 Ore pronte per la spedizione (Valentina Lovato/Il Post)

In generale la stampa di un giornale è organizzata in tre fasi, che vengono chiamate “prestampa”, “stampa” e “spedizione”.

Prestampa
Inizia con la cosiddetta “chiusura” del giornale, cioè quando i giornalisti finiscono di comporre digitalmente tutte le pagine con articoli, fotografie e tutto il resto, e di ogni pagina creano un’immagine pdf, inviandola poi alla tipografia. L’invio delle pagine “chiuse” avviene la sera, in fasce orarie diverse secondo le scelte del singolo giornale (chiudere più tardi vuol dire di solito costi più alti), la prossimità o meno del centro stampa alle edicole in cui distribuire le copie, la disponibilità delle rotative stesse. Il Giornale di Brescia e L’Eco di Bergamo per esempio chiudono tardi, intorno a mezzanotte e mezza, in modo da poter inserire fino all’ultimo nel giornale le notizie più fresche, dal momento che il centro stampa è di loro proprietà e si trova all’interno della zona in cui vengono distribuiti i giornali.

Una volta ricevuti i pdf, lo spazio della tipografia dedicato alla prestampa (detta anche “sala lastre”) si occupa di scomporli al computer nelle quattro componenti di colore: (blu) ciano, (rosso) magenta, giallo e nero. In pratica, è come se per ogni pagina ne venissero create quattro: una solo con le parti colorate in nero, una solo con le parti colorate in blu, e così via.

Ognuna di quelle quattro pagine, fatta solo di un colore, viene poi stampata su una lastra di alluminio, che servirà come “negativo” per dare alle rotative la traccia di stampa di ogni pagina.

La rotativa è una macchina molto grossa, alta più o meno 18 metri e composta da più “torri di stampa”: quelle che stampano AvvenireIl Sole 24 Ore per esempio ne hanno una quattro e una cinque; ogni torre può stampare fino a 8 pagine contemporaneamente. Le torri sono a loro volta composte da quattro “gruppi stampa”, posti uno sopra l’altro, attraverso i quali la carta deve passare per ricevere l’inchiostro: quello più in basso stampa solo il ciano, il secondo stampa solo il magenta, il terzo il giallo e l’ultimo il nero.

In pratica una pagina risulterà completamente stampata solo quando sarà passata attraverso tutti i gruppi stampa, ognuno competente per un solo colore. Ogni gruppo stampa sa cosa deve stampare perché al suo interno viene inserita la lastra in alluminio del colore corrispondente. Una volta finita la stampa, le lastre vengono vendute a società che riciclano alluminio e lo riutilizzano per altri oggetti.

La carta arriva alle torri di stampa dal piano inferiore, dove c’è un’altra grossa parte della rotativa, il “portabobine”: le bobine sono i grossi rotoli di carta su cui viene stampato il giornale. Per la maggior parte dei giornali la carta è bianca, ma ci sono alcune eccezioni, come il color salmone del Sole 24 Ore o il rosa della Gazzetta dello Sport.

Una bobina pesa circa mille chili e contiene circa 18 chilometri di carta. Lo spostamento delle bobine dal magazzino ai portabobine delle rotative è del tutto automatizzato: le bobine vengono trasportate da carrelli che sono sostanzialmente dei «robot laser-guidati», dice De Cian, nel senso che si orientano nello spazio emettendo un raggio laser che viene riflesso da cilindri catarifrangenti sulle pareti. Non è comune per le tipografie avere tecnologie così avanzate, spiega De Cian, ma a Erbusco investirono molto nell’automazione fin dalla nascita del centro.

Due file di bobine (Valentina Lovato/Il Post)

I carrelli che portano le bobine vengono allertati automaticamente quando la rotativa sta per esaurire la carta di una bobina: da soli ne prendono una nuova e la portano dove ce n’è bisogno. Ogni torre di stampa ha comunque sempre una bobina da cui attinge la carta e un’altra di scorta pronta a subentrare, in modo che la produzione non debba mai essere interrotta.

Stampa
Visto che la gran parte dei processi è automatizzata, la stampa può cominciare dopo che le lastre in alluminio sono state inserite nelle rotative: operazione che invece va svolta manualmente da esseri umani. Non è difficile accorgersi di quando le rotative cominciano a “girare”: fanno un gran rumore, che si intensifica man mano che prendono velocità. Chi ci lavora vicino usa i tappi per le orecchie.

Dentro alle rotative la carta dei giornali sembra un largo e lunghissimo lenzuolo tirato fino al massimo della sua elasticità, che scorre velocemente tra diversi cilindri rotanti in un modo che rende impossibile scorgere scritte e disegni all’interno. Ogni torre di stampa fa solitamente otto pagine, cioè quattro fronte e retro: dopodiché tutte le carte delle diverse torri convergono in un unico punto detto “piega”, dove vengono tagliate, messe una sopra l’altra e piegate per formare il giornale, che esce su un nastro trasportatore.

Di fronte alle rotative invece c’è una stanza con diverse postazioni al computer, dette pulpiti, da cui gli operatori del centro stampa comandano la rotativa. Sullo schermo hanno davanti il giornale per come dovrebbe essere, suddiviso in immagini pdf dai colori molto nitidi: il loro compito è soprattutto controllare che il giornale stampato dalla rotativa abbia in ogni pagina gli stessi colori di quelle immagini.

La procedura di controllo dei colori non è digitalizzata: gli operatori sfogliano compulsivamente decine di giornali tra quelli che vengono stampati, rimodulando i colori in base alle esigenze che rilevano. Per diversi minuti quindi vengono stampate molte copie “sbagliate”, in cui il giornale ha magari un blu meno intenso di quello abituale, o in cui i colori delle foto sono più scuri di come dovrebbero essere, finché non si arriva a una composizione soddisfacente.

Per fare un esempio pratico, e semplificando un po’, se un operatore vede che la tipica scritta blu di Avvenire in prima pagina è troppo sbiadita, dà un comando alla rotativa affinché questa aggiunga del blu alla stampa della prima pagina: a quel punto aspetta il tempo che serve perché il comando abbia dato i suoi effetti, va a prendere un giornale dalla rotativa in funzione e lo confronta di nuovo con l’immagine sullo schermo. Questa operazione si ripete moltissime volte, per ciascuna pagina e per tutti i loghi e scritte al loro interno, finché non si decide che i colori sono buoni.

Quando le rotative del centro stampa di Erbusco sono pienamente in funzione, la carta raggiunge solitamente un massimo di circa 43 chilometri orari: oltre quella velocità, rischierebbe di strapparsi. «Se non ci sono intoppi, le rotative possono arrivare a stampare 70mila copie in un’ora», spiega De Cian.

I giornali stampati che escono dalla rotativa sul nastro trasportatore vengono prelevati da una catena di pinze, anch’essa piuttosto veloce, con ogni pinza che afferra una singola copia. La catena di pinze serve a trasportare i giornali in un’altra sala, al piano di sotto, detta anche “area spedizioni”, che è quella in cui i giornali vengono preparati per andare nelle edicole o altrove.

Spedizione
È la parte in cui la tecnologia utilizzata ricorda maggiormente le catene di montaggio introdotte all’inizio del Novecento dalle grandi fabbriche automobilistiche, quelle entrate nell’immaginario comune anche con film come il celebre Tempi moderni di Charlie Chaplin.

Le pinze che trasportano le copie dei giornali le sganciano in punti diversi dell’area spedizioni, a seconda della destinazione: un certo numero di copie, la maggior parte, deve essere preparato per la spedizione alle edicole; le altre sono generalmente destinate agli abbonati, e perciò devono essere preparate per una spedizione postale (su ognuna viene scritto l’indirizzo della persona abbonata, per esempio).

I binari di pinze che trasportano le copie nel reparto spedizioni (Valentina Lovato/Il Post)

Il software del centro stampa è già preimpostato in modo da sapere quante copie debbano andare da una parte e quante da un’altra, in base alle informazioni fornite dagli editori. Quasi tutti i procedimenti successivi non hanno bisogno di interventi umani, se non per la parte di supervisione del lavoro. Le copie vengono sganciate su nastri trasportatori, e attraversano vari macchinari: uno le impila in un certo numero e le impacchetta, un altro produce un foglio con le indicazioni sull’edicola a cui sono destinate, un altro ancora le riveste con una pellicola e l’ultimo le lega.

Infine, il nastro le espelle in una di quelle che vengono chiamate “bocche di consegna”, ognuna delle quali corrisponde a una destinazione diversa: sopra l’ultima parte del nastro trasportatore c’è uno scanner che riconosce il codice a barre del pacco e lo indirizza verso la bocca corrispondente. A quel punto i giornali non sono più responsabilità del centro stampa: fuori dalle bocche di consegna da tarda sera fino alla notte inoltrata si radunano alcune decine di lavoratori che le caricano sui propri furgoni e le portano alle edicole della zona a loro assegnata. Per alcune produzioni più piccole e per le copie destinate agli abbonati solitamente c’è un bisogno maggiore di operai che intervengono nel lavoro delle macchine e lo indirizzano.

Le spedizioni del Centro Stampa Quotidiani di Erbusco coprono tutto il nord Italia, e nel caso dei giornali stranieri arrivano anche fino alla Costa Azzurra a ovest, e a Slovenia e Croazia a est. A sud invece il limite sono le province settentrionali della Toscana e delle Marche. Per una distribuzione così ampia, gli orari devono essere rispettati in modo molto meticoloso.

Avvenire e il Sole, in quanto quotidiani nazionali, sono quelli che devono arrivare più lontano tra quelli che partono da Erbusco: l’organizzazione è facilitata dal fatto che entrambi i giornali chiudono relativamente presto rispetto ad altri concorrenti, intorno alle 22:30. Questo permette anche di portare a termine la loro stampa, o quasi, prima che cominci quella degli altri quotidiani locali, le cui redazioni chiudono invece più tardi: in questo modo uno stesso dipendente può lavorare ogni sera alla stampa di diversi giornali.

De Cian racconta che negli ultimi anni capita sempre più raramente che le redazioni chiedano al centro di ritardare o di ripetere la stampa per fare modifiche dell’ultimo minuto al giornale, magari in caso di grandi avvenimenti improvvisi e imprevisti: quelli che nei film fanno correre i giornalisti nella tipografia a urlare “Fermate le rotative!”.

La realtà però è assai meno avvincente: anche ritardare di pochi minuti la stampa, spiega De Cian, per un quotidiano nazionale può voler dire rinunciare a far arrivare il giornale nelle regioni più periferiche. Chi invece può ancora permettersi cose di questo genere sono i giornali locali, e specialmente i due che distribuiscono nei dintorni di Erbusco, L’Eco di BergamoIl Giornale di Brescia. Ma in un mondo in cui tutti i quotidiani possono contare su una versione online, e un centro stampa sopravvive alla crisi dei giornali di carta stampandone ben 10 diversi ogni sera, è sempre meglio attenersi ai piani.

– Leggi anche: Cosa si stanno inventando i giornali locali