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  • Giovedì 12 gennaio 2023

Ci sono altri documenti riservati non riconsegnati da Joe Biden

Stanno mettendo in serio imbarazzo il presidente americano, anche se ci sono grosse differenze con il caso di Trump

Il presidente Joe Biden durante il recente viaggio a Città del Messico (AP Photo/Andrew Harnik)
Il presidente Joe Biden durante il recente viaggio a Città del Messico (AP Photo/Andrew Harnik)

Gli avvocati del presidente americano Joe Biden hanno trovato nella sua residenza privata nello stato del Delaware nuovi documenti riservati non riconsegnati all’Archivio Nazionale al termine del mandato da vicepresidente. Un primo gruppo di documenti, sempre risalenti all’epoca in cui era presidente Barack Obama, era stato trovato a novembre in un ufficio di un suo centro studi a Washington e della sua esistenza si era saputo soltanto questa settimana.

Il secondo gruppo di documenti è stato ritrovato sia nel garage dell’abitazione privata di Joe Biden che nella sua libreria. Del secondo ritrovamento si era iniziato a parlare giovedì mattina, e solo dopo varie ore la Casa Bianca ha dato conferma della sua esistenza. Sempre giovedì, il procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, ha annunciato di aver incaricato un consulente speciale per indagare sulle questioni legali relative ai due ritrovamenti: è Robert Hur, procuratore di lunga esperienza che aveva avuto incarichi durante l’amministrazione dell’ex presidente Donald Trump. 

In entrambi i casi si tratta di «documenti con il contrassegno che indica la loro riservatezza», risalenti all’amministrazione Obama: sarebbero quindi coperti da vincolo di segretezza del governo degli Stati Uniti. Biden non avrebbe potuto tenerli con sé in un ufficio privato dopo aver lasciato la carica di vicepresidente.

Al di là di possibili ripercussioni legali, la questione è già fonte di grande imbarazzo politico per l’attuale amministrazione.

Trump è oggetto di un’indagine e di una potenziale incriminazione penale per aver sottratto venti scatoloni con circa trecento documenti riservati, ritrovati dopo la perquisizione della sua villa in Florida. Le indagini su Trump riguardano non solo la presenza dei documenti nella residenza privata, ma anche una possibile “intralcio alla giustizia” e la sospetta distruzione di materiale sensibile. Biden aveva definito il suo predecessore «irresponsabile» per non aver riconsegnato i documenti, e dopo che il primo ritrovamento era stato reso pubblico si era detto «sorpreso».

Il primo ritrovamento riguarda un piccolo numero di documenti, non più di dieci, nell’ufficio del centro studi per la diplomazia internazionale che ha fondato e che è affiliato all’università della Pennsylvania, il “Penn Biden Center”, con sede a Washington. Sono stati trovati in un cassetto chiuso a chiave da un dipendente che stava svuotando un ufficio. Secondo quanto riportato dalla stampa, il primo gruppo di documenti conterrebbe note dei servizi segreti e dossier su Ucraina, Iran e Regno Unito. Non si sa di preciso quanti siano i documenti oggetto del secondo ritrovamento: Richard Sauber, assistente di Biden, ha detto che sono un «piccolo numero».

Karine Jean-Pierre, portavoce del presidente in conferenza stampa (AP Photo/Susan Walsh)

Biden ha detto di «collaborare pienamente» con il dipartimento di Giustizia, la sua portavoce Karine Jean-Pierre nella conferenza stampa di mercoledì non ha voluto rispondere a ulteriori domande sull’argomento. Non è al momento chiaro dove il team legale del presidente abbia trovato il nuovo gruppo di documenti. La notizia è stata pubblicata da vari media americani, ma né l’amministrazione Biden né il dipartimento di Giustizia hanno voluto confermarla o commentarla.

Gli avvocati di Biden hanno specificato come i documenti siano stati restituiti spontaneamente agli Archivi Nazionali non appena ritrovati, sottolineando le differenze con il caso che riguarda Trump, quando la restituzione era stata al centro di una questione legale, sbloccata dalla perquisizione della villa.

Esperti legali consultati dal Washington Post sostengono che errori nella gestione di documenti riservati siano piuttosto comuni e che vengano normalmente trattati con sanzioni amministrative e non penali, a meno che non sia provata la volontà di trafugare materiale sensibile, come invece sembra sia successo con Trump.