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  • Mercoledì 11 gennaio 2023

La Formula 1 dice di voler ridurre il suo impatto ambientale, ma fa il contrario

Le gare sono aumentate senza seguire criteri geografici, eppure il campionato si è imposto di eliminare le emissioni entro il 2030

di Pietro Cabrio

(Vince Caligiuri/Getty Images)
(Vince Caligiuri/Getty Images)
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Nel corso della passata stagione la Formula 1 aveva illustrato nei dettagli un piano piuttosto ambizioso per ridurre drasticamente il suo impatto ambientale. Il principale campionato mondiale automobilistico, che tradizionalmente ha tappe in tutto il mondo, si è imposto come obiettivo per il 2030 non solo una riduzione generica, ma il net zero: la condizione in cui per ogni tonnellata di COo di un altro gas serra che si diffonde nell’atmosfera se ne rimuove altrettanta, ricorrendo alle compensazioni e alle energie rinnovabili.

Nel 2019, ultimo anno disputato senza limitazioni causate dalla pandemia, la stagione di Formula 1 generò emissioni dirette e indirette stimate in 256mila tonnellate di anidride carbonica. In questa stima, soltanto l’otto per cento riguardava le corse e le attività nei circuiti nei weekend di gara. La maggior parte delle emissioni (circa il 70 per cento del totale) era generata invece dalla logistica, dai trasporti e dalle strutture operative (senza contare che la stima non comprendeva tutte le attività distaccate delle dieci squadre del campionato).

Il piano “Net Zero Carbon” era stato spiegato nei dettagli lo scorso 28 settembre, appena una settimana dopo la presentazione del calendario di gare per la stagione successiva, la più lunga e densa di impegni nella storia del campionato. Alle 22 gare disputate nel 2022 — già quello un record — ne sono state aggiunte altre due per un totale di 24 corse previste tra il 5 marzo e il 26 novembre (una di queste, che sostituirà il Gran Premio di Cina, non è ancora stata comunicata).

Tenendo a mente l’impegno ambientale preso dalla Formula 1 e le emissioni calcolate nell’ultima stagione prima della pandemia — peraltro più corta di tre gare — il nuovo calendario non sembra affatto andare nella stessa direzione, anzi. Gli spostamenti e quindi tutta la logistica necessaria a spostare in giro per il mondo un’organizzazione enorme fatta di dieci squadre, migliaia di persone coinvolte, decine di mezzi e tonnellate di strumentazioni quest’anno sarà ancora più complessa.

Si inizierà per esempio a marzo con due gare nella penisola araba, per poi spostarsi fino a Melbourne, in Australia, sede del terzo Gran Premio. Ma nel corso della stagione la Formula 1 tornerà altre due volte nei paesi del Golfo Persico: l’8 ottobre correrà in Qatar dopo esserci arrivata dal Giappone, e il 26 novembre sarà nei vicini Emirati Arabi Uniti per l’ultima gara della stagione, appena una settimana dopo aver corso per la prima volta, e in notturna, a Las Vegas, negli Stati Uniti.

Il 30 aprile è in programma invece il Gran Premio d’Azerbaigian a Baku, sulle sponde del Mar Caspio. Appena una settimana dopo si correrà a Miami, altra gara statunitense del Mondiale, dopodiché la Formula 1 tornerà nuovamente in Europa per una serie di gare tra Imola, Monaco e Barcellona. Al termine di questo periodo tornerà in Nord America per correre a Montreal, in Canada, e subito dopo ripasserà per l’Europa prima di spostarsi in Asia.

Se già prima non esisteva un altro campionato mondiale con un’organizzazione così vasta, nel 2023 la logistica della Formula 1 raggiungerà una complessità mai vista prima, causata in particolare da un calendario che non tiene conto dei criteri geografici. Viene quindi da chiedersi in che modo questa espansione globale della Formula 1, dettata da un momento di grandissima popolarità, possa inserirsi nei suoi piani ambientali.

La Formula 1 li ha divisi in due fasi. Entro il 2025 punta a ridurre le emissioni riducendo gli sprechi e ottimizzando materiali e abitudini del personale e degli spettatori. Entro il 2030 è prevista invece la diffusione delle energie rinnovabili, dove possibile, e l’uso di biocombustibili nelle competizioni. Non viene però menzionata la questione dei trasporti e della logistica, se non con dei vaghi propositi di ottimizzazione in collaborazione con DHL, la multinazionale della logistica che assiste la Formula 1 nei suoi spostamenti.

Per un campionato che non può fare a meno di viaggiare da paese a paese, la riorganizzazione dei calendari su base geografica, in modo che siano più logici e meno impattanti, è l’unico modo per ridurre drasticamente le emissioni, come dimostrano le stime degli anni passati. Eppure un intervento in questa direzione rimane soltanto un’ipotesi, come spiegato dallo stesso amministratore delegato della Formula 1, l’italiano Stefano Domenicali: «È qualcosa su cui stiamo lavorando molto duramente, ma ci vorrà del tempo. Ci sono molte cose che devono essere considerate, compresi gli interessi commerciali e le richieste specifiche dei promotori».

Ne ha parlato anche Ross Brawn, direttore generale della Formula 1, nelle corse da oltre quarant’anni e prossimo alla pensione. A settembre aveva detto: «Stiamo lavorando con il nostro partner DHL per trovare il modo di spostarci con un impatto molto minore sul pianeta. Una parte di questi ragionamenti riguarda la regionalizzazione dei calendari per mettere insieme le gare nordamericane, le gare europee, le gare mediorientali e le gare asiatiche. Ma non è un problema semplice da risolvere e ci vorrà ancora del tempo».

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