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  • Domenica 1 gennaio 2023

La Grecia ha un problema con la libertà di stampa

Se ne parla da anni ma si è aggravato con la pandemia, e ora della questione ha iniziato a occuparsi anche l'Unione Europea

Quotidiani greci (AP Photo/Yorgos Karahalis)
Quotidiani greci (AP Photo/Yorgos Karahalis)
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Da qualche anno la libertà di stampa in Grecia subisce un progressivo logoramento. È un tema di cui si discute da tempo, visto che i giornali e le emittenti greche sono sempre meno indipendenti e le pressioni sui giornalisti critici nei confronti del governo sono sempre di più. La tendenza ha accelerato a causa della pandemia, cioè da quando le conferenze stampa sono state sospese, ma anche per alcuni provvedimenti specifici del governo, come per esempio una legge che ha reso la diffusione di «notizie false» un reato. La questione è arrivata anche all’Unione Europea, che ha iniziato a occuparsene proprio quest’anno.

Lo scorso settembre la Commissione europea ha aperto una pratica di infrazione contro la Grecia per una legge sulle proprietà televisive che limitava la libertà di istituire e finanziare iniziative indipendenti. Secondo alcuni, la legge era volta espressamente a bloccare il principale gruppo televisivo indipendente Nova.

Inoltre, nel suo ultimo rapporto annuale sul rispetto dello Stato di diritto nei paesi europei, sempre la Commissione si è detta preoccupata per il rischio di eccessiva influenza politica sui media pubblici, per la poca trasparenza con cui vengono assegnati i finanziamenti governativi e per i crescenti attacchi (anche fisici) e le minacce subite da diversi giornalisti. Secondo il rapporto della Commissione europea ci sono frequenti intimidazioni soprattutto nei confronti di chi è critico verso il governo.

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La questione della poca trasparenza nei finanziamenti pubblici ai media era già stata discussa durante la pandemia, quando il governo greco aveva stanziato circa 20 milioni di euro per una campagna d’informazione a tema sanitario. I membri del Media Freedom Rapid Response (MFRR), un progetto finanziato dalla Commissione europea che include anche l’International Press Institute, organizzazione non governativa per la libertà di stampa, avevano scritto una lettera al governo greco in cui lo accusavano di aver sproporzionatamente dato più fondi ai giornali e alle emittenti meno critiche verso di lui.

Più in generale, i giornalisti e le giornaliste greche hanno descritto in più occasioni un clima di pressioni che sono state valutate superiori alla media di altri paesi europei. Sempre durante la pandemia, la giornalista Dimitra Kroustalli si era per esempio licenziata dal quotidiano To Vima citando «pressioni soffocanti» da parte dell’ufficio del primo ministro dopo la pubblicazione di un lavoro molto critico sulla gestione del monitoraggio dei casi da coronavirus da parte del governo.

Ci sono stati anche casi più gravi, per esempio lo spionaggio di giornalisti ad opera del governo: è successo a Stavros Malichudis e Thanasis Koukakis, rispettivamente impegnati in lavori sulla gestione dei migranti e sulla corruzione del governo greco (che nel primo caso ha sempre negato lo spionaggio, nel secondo l’ha ammesso per poi negarlo). La questione dello spionaggio è diventata di dominio pubblico quest’estate, quando si è scoperto che riguardava anche l’opposizione al governo: lo scandalo si è poi esteso ad altre figure e sono ancora in corso accertamenti sulla sua portata.

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Ci sono stati anche giornalisti uccisi, per esempio Giorgos Karaivaz (morto nell’aprile del 2021), che si occupava di cronaca nera: le circostanze e motivazioni del suo omicidio non sono ancora state chiarite.

A tutto questo si è aggiunta la legge che a novembre del 2021 ha reso la diffusione di «notizie false» un reato. La legge era stata proposta dal governo greco del primo ministro Kyriakos Mitsotakis, e prevede fino a cinque anni di carcere per chi diffonde notizie «che possano suscitare preoccupazione o paura nel pubblico, oppure minarne la fiducia nell’economia, nella capacità di difesa o nella sanità pubblica nazionale». La legge ha attirato critiche durissime per l’arbitrarietà a cui si presta, su queste premesse, la definizione di «notizia falsa».

Alcuni hanno attribuito l’erosione della libertà di stampa alla gestione del potere molto personalistica da parte di Mitsotakis, che però ha parlato di un «problema inesistente». «La Grecia è un paese in cui tutti possono scrivere e pubblicare quello che vogliono su chiunque, senza nessuna censura o controllo da parte del governo», ha detto al Parlamento europeo durante un recente dibattito sul tema, mentre esponeva due prime pagine che contenevano articoli critici nei confronti del governo. Ha anche commentato l’ultimo rapporto di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa, che ha messo la Grecia solo al 108esimo posto, definendolo «una merda».

Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis esibisce un quotidiano greco mentre si rivolge al parlamento greco, ad Atene (AP Photo/Thanassis Stavrakis)

Secondo attivisti, analisti e giornalisti citati da Politico, il problema della libertà di stampa in Grecia è però precedente a Mitsotakis e va visto soprattutto come una conseguenza della crisi finanziaria del 2008, che avrebbe destabilizzato e polarizzato sia la politica greca che il suo racconto giornalistico, oltre a privare molti giornali ed emittenti dei mezzi economici che permettevano di restare indipendenti. L’erosione della libertà di stampa si sarebbe quindi verificata in modo progressivo e nell’arco di più governi, anche con orientamenti politici diversi.

Su Politico la giornalista greca Nektaria Stamouli ha citato per esempio la gestione dei media da parte del partito di sinistra Syriza, attualmente all’opposizione ma al governo per quattro anni tra il 2015 e il 2019. Nel 2016 il governo di Alexis Tsipras aveva assegnato le licenze di trasmissione a quattro canali televisivi privati in modo diretto e senza passare per l’ESR (Ethnikó Simvúlio Radhiotileórasis, l’ente indipendente che regolamenta la comunicazione televisiva e radiofonica in Grecia); la misura aveva peraltro dimezzato il numero di canali televisivi privati disponibili sulla televisione greca. In seguito la decisione era stata annullata dal Consiglio di stato greco, il più importante tribunale amministrativo del paese, perché «incostituzionale».

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