Forse La Niña sta per finire

È il ricorrente sistema di fenomeni atmosferici del Pacifico e secondo le previsioni terminerà nel 2023, favorendo un aumento delle temperature globali

Strade e case di Jaffarabad, in Pakistan, durante una delle alluvioni estive, il 29 agosto 2022 (AP Photo/Zahid Hussain, File, LaPresse)
Strade e case di Jaffarabad, in Pakistan, durante una delle alluvioni estive, il 29 agosto 2022 (AP Photo/Zahid Hussain, File, LaPresse)

In Italia il 2022 è stato un anno particolarmente caldo: i dati definitivi sulle temperature per tutti i dodici mesi arriveranno nelle prossime settimane, ma è molto probabile che risulterà il più caldo dal 1800 sia per le medie che per le massime. Tenendo conto dell’intero pianeta invece le temperature medie per l’ultimo anno rimarranno al di sotto di quelle dei tre anni più caldi che siano mai stati osservati, cioè il 2016, il 2020 e il 2019. L’anno prossimo tuttavia potrebbero tornare ad aumentare, secondo le prime previsioni, perché probabilmente finirà “La Niña”, uno dei complessi di eventi atmosferici che influenzano il meteo di varie parti del mondo.

Come il più noto El Niño, a cui deve il suo nome, La Niña fa parte di un fenomeno climatico che avviene periodicamente nell’oceano Pacifico meridionale e influenza le condizioni meteorologiche dei paesi dell’area e non solo. Questo fenomeno, che i meteorologi e i climatologi chiamano anche ENSO, acronimo inglese di “El Niño-Oscillazione Meridionale”, dipende da variazioni di temperatura nell’oceano e di pressione nell’atmosfera. È la ragione per cui le acque del Pacifico meridionale attraversano fasi di riscaldamento e raffreddamento, che si alternano in media ogni cinque anni, ma non in modo regolare, e hanno un ruolo nella formazione di uragani e monsoni.

El Niño è la fase di riscaldamento. Il suo nome significa “il bambino” in spagnolo: deriva dal fatto che nel Diciassettesimo secolo i pescatori peruviani notarono che a intervalli di qualche anno le acque dell’oceano diventavano più calde nel periodo di Natale, cioè della festa di Gesù bambino. La Niña è invece la fase di raffreddamento ed è stata chiamata al femminile in quanto opposto di El Niño.

Generalmente El Niño causa forti piogge, cicloni e temperature atmosferiche al di sopra della media in parte del Sudamerica e dell’Africa orientale, mentre è responsabile di piogge meno abbondanti del solito e prolungati periodi di siccità nel sud-est asiatico e in Australia; nel mondo in generale favorisce temperature medie più alte. Tutti questi effetti si sono visti per l’ultima volta tra il 2018 e il 2019 ed erano presenti nel 2016, a oggi l’anno più caldo di sempre. La Niña invece causa siccità nell’ovest degli Stati Uniti, precipitazioni particolarmente abbondanti in paesi come il Pakistan (dove quest’estate ci sono state disastrose alluvioni), la Thailandia e l’Australia, in particolare nell’est del paese, e temperature più basse in molte regioni del Sudamerica e dell’Africa e in India.

Attualmente siamo in una fase di La Niña particolarmente lunga, dato che dura da tre anni, che però dovrebbe finire a breve. Secondo le prime previsioni per l’inizio del 2023, come quelle diffuse dal Met Office, il servizio meteorologico nazionale del Regno Unito, e dall’ufficio di meteorologia del governo australiano, La Niña terminerà tra la fine di gennaio e febbraio e le condizioni dell’oceano Pacifico raggiungeranno una fase neutrale che potrebbe durare almeno fino ad aprile.

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Per ora non si possono fare previsioni a più lungo termine, ma secondo l’analisi del Met Office le temperature nell’area del Pacifico aumenteranno e per questo le medie mondiali dell’anno prossimo saranno probabilmente più alte di quelle del 2022 e il 2023 potrebbe essere uno degli anni più caldi mai registrati. Più nello specifico, si prevede che la temperatura media globale sarà superiore alla media del periodo 1850-1900, quando ancora le emissioni di gas serra dovute alle attività industriali non avevano causato effetti riscontrabili sul clima, di un valore compreso tra 1,08 °C e 1,32 °C.

È da dieci anni che le temperature medie globali annuali sono almeno di 1 °C superiori ai livelli pre-industriali e secondo le più ottimistiche, per quanto sempre più improbabili, speranze internazionali riguardo al cambiamento climatico i paesi del mondo dovrebbero evitare che superino di 1,5 °C quelle del periodo preindustriale.

Adam Scaife, capo delle previsioni a più lungo termine del Met Office, ha commentato così la prima analisi dedicata al 2023: «Non essendo stato preceduto da un El Niño che abbia fatto aumentare le temperature globali, il prossimo anno forse non supererà il 2016, ma dato che intanto le emissioni di gas serra mondiali continuano ad aumentare è probabile che sarà comunque un anno notevole nella serie degli ultimi anni».

Non si sa quando tornerà El Niño, ma sulla base dei precedenti è possibile che una fase di riscaldamento del Pacifico inizi già nella prima parte del 2023. Tra le altre cose potrebbe portare a una stagione senza uragani particolarmente intensi per il sud-est degli Stati Uniti (La Niña al contrario favorisce lo sviluppo degli uragani nell’Atlantico).

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