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  • Giovedì 29 dicembre 2022

I ristoranti e i prodotti stranieri con nomi che si ispirano alla mafia

Dalle pizzerie “Cosa Nostra” al caffè bulgaro “Mafiozzo”, sono decine e decine e c'è chi ritiene che danneggino l'immagine dell'Italia

L'insegna di uno dei ristoranti "La mafia se sienta a la mesa" (AP Photo/Daniel Ochoa de Olza)
L'insegna di uno dei ristoranti "La mafia se sienta a la mesa" (AP Photo/Daniel Ochoa de Olza)

In tutto il mondo ci sono almeno 300 ristoranti che si richiamano alla mafia nel nome, secondo una stima che ha fatto Coldiretti, la principale associazione italiana di produttori agricoli, attraverso la banca dati del sito di consigli di viaggio Tripadvisor. E ci sono anche centinaia di prodotti alimentari, dal vino al caffè agli snack, con marchi che si ispirano alla criminalità organizzata italiana. A volte questo fenomeno viene chiamato “mafia marketing”, e qualcuno chiede che sia maggiormente stigmatizzato e sanzionato, ritenendo che danneggi l’immagine dell’Italia all’estero rafforzando luoghi comuni offensivi.

È un fenomeno che esiste da molto tempo: ristoranti che si chiamano “Baciamo Le Mani” o “Cosa Nostra” ci sono ovunque, e spesso l’immagine richiamata nell’insegna o nel logo del ristorante o della pizzeria è lo stereotipo del mafioso con la coppola o il gangster italo-americano degli anni Venti con il mitra in mano. D’altra parte anche in Italia è pieno di ristoranti che si chiamano “Il padrino” e che evocano, più che altro, la figura di Marlon Brando nel film di Francis Ford Coppola del 1972. È una forma di marketing che a volte funziona e a volte no: un bistrot aperto a Parigi dalla figlia di Totò Riina, “Corleone by Lucia Riina”, ha chiuso nel 2020. 

Rientra in un altro ordine di problemi invece il fatto che molti ristoranti in Italia siano utilizzati dalla criminalità organizzata come strumento di riciclaggio del denaro. Secondo un’analisi sempre di Coldiretti, i locali a rischio di infiltrazione mafiosa sarebbero 15mila. È difficile però che le organizzazioni criminali scelgano nomi come “Cosa Nostra” o “Mafia” per i propri locali.

Il whisky Cosa Nostra (Foto Coldiretti)

Secondo Coldiretti, il fenomeno del marketing che si richiama alla mafia va combattuto e se possibile bloccato. Per il presidente Ettore Prandini l’Unione Europea «deve fermare l’utilizzo commerciale di marchi infami che sfruttano gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose e rischiano di penalizzare l’immagine dell’intero agroalimentare tricolore».

Alcune iniziative c’erano già state in passato. Nel 2019 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva detto che la catena di ristoranti spagnola “La mafia se sienta a la mesa” non doveva utilizzare quel nome perché «banalizza l’organizzazione criminale italiana». I proprietari si erano difesi sostenendo che il logo conteneva una rosa, non un’arma, e che quindi non c’era nessun richiamo alla violenza. I ristoranti della catena si chiamano ancora così, in tutta la Spagna.

Secondo Coldiretti è proprio la Spagna il paese con la maggiore concentrazione di ristoranti che si richiamano nel nome alla mafia: ce ne sarebbero 63. Seguono Ucraina (38) e Brasile (28). Ma pizzerie, bar, ristoranti di questo genere ci sono dappertutto: India, Stati Uniti, Giappone, Australia, Germania, Canada, e poi Giordania, Sri Lanka, Vietnam, Malesia, Moldavia.

Un ristorante chiamato “Mafia”, accanto a un altro di nome “Casta”, a Tiraspol, in Transnistria, regione separatista moldava (Stefano Vizio/Il Post)

I nomi non sono molti fantasiosi. In Spagna ci sono anche “El Padrino” e “La Dolce Vita del Padrino”. In Ucraina c’è il “Karaoke Bar Mafia” e la catena di locali “Mafia”. In Germania ci sono i “Burger Mafia” e in Brasile gli “Al Capone Pizza di Mafia”. Negli Stati Uniti c’è “Sushi Mafia”, mentre in Finlandia un locale si chiama “Don Corleone”. In Russia un ristorante si chiama “Camorra”.

(Foto Ansa)

C’è poi l’altro fenomeno denunciato sempre da Coldiretti: è quello dei prodotti alimentari che, come i ristoranti, hanno nomi che si richiamano alla mafia. Gli esempi sono tanti: c’è per esempio un whisky scozzese, contenuto in una bottiglia a forma di mitra, che si chiama Cosa Nostra. In Germania c’è il Fernet Mafiosi, sul quale è disegnata una pistola. In California viene prodotto il vino Il Padrino e in Inghilterra ci sono gli snack Chilli Mafia. In Portogallo c’è un cartone da tre litri di vino rosso che si chiama Talha Mafia Pistol, e ha una macchia di sangue stilizzata sull’etichetta.

In Bulgaria invece è in vendita il caffè Mafiozzo. C’è poi tutto il capitolo delle salse: un condimento per la carne prodotto in Germania si chiama Mafia Coffee Rub Don Marco’s mentre in Finlandia una salsa ha il nome di Pork Mafia Texas Gold. In Belgio esistono le salse Sauce Maffia e Sauce Maffioso; negli Stati Uniti è in vendita la Wicked Cosa Nostra. C’è poi un portale in cui si vendono caramelle che si chiama candymafia.com e un libro di ricette con il titolo The Mafia Cookbook. Tutto questo comporta, secondo Coldiretti, un danno di immagine piuttosto grave che si aggiunge a quello complessivo della contraffazione e falsificazione dei prodotti alimentari italiani.