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  • Lunedì 19 dicembre 2022

Gli Stati Uniti si erano sbagliati su Oppenheimer

Il fisico considerato “padre dell'atomica” fu accusato di avere simpatie comuniste; ma non era così, dice oggi il governo americano

(AP Photo/ John Rooney, File)
(AP Photo/ John Rooney, File)
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L’amministrazione di Joe Biden ha annullato la decisione con cui nel 1954 il governo statunitense aveva revocato l’accesso alle informazioni riservate sulla sicurezza nazionale al fisico Julius Robert Oppenheimer, uno degli scienziati più noti del Novecento, il cui lavoro era stato decisivo per la realizzazione della prima bomba atomica. Per via dei suoi studi Oppenheimer era soprannominato “il padre della bomba atomica” e fino a quel momento era visto come una specie di eroe nazionale: dal 1954 in poi però fu sospettato di avere idee vicine al comunismo, anche se diversi storici recentemente avevano messo in discussione quelle accuse.

La decisione dell’amministrazione Biden è ovviamente simbolica – Oppenheimer è morto da 55 anni – e serve a riabilitare l’immagine pubblica dello scienziato, che era stato vittima di quella che è stata spesso descritta come una “caccia alle streghe” portata avanti negli anni Cinquanta dal governo americano nei confronti delle persone – funzionari, scienziati, intellettuali, registi, attori – sospettate a ragione o a torto di nutrire simpatie comuniste e sovietiche. Il ripensamento su Oppenheimer, peraltro, coincide con i giorni della pubblicazione del trailer di Oppenheimer, il prossimo film del regista Christopher Nolan, molto atteso e basato su una biografia del fisico che aveva vinto il Premio Pulitzer nel 2006.

La decisione di annullare l’ordine del 1954 è stata annunciata venerdì dalla segretaria del dipartimento per l’Energia del governo Biden, Jennifer Granholm. In un comunicato, Granholm ha detto che a suo tempo la decisione della commissione per l’Energia atomica (l’ente che poi diventò il dipartimento per l’Energia) fu il risultato di un processo «che aveva dei difetti» e violava le sue stesse regole. Granholm ha aggiunto che con il passare degli anni erano emerse prove sui «preconcetti» e sulla «scorrettezza» dell’inchiesta su Oppenheimer, mentre al tempo stesso erano state ulteriormente rafforzate «le prove della sua lealtà e del suo amore» per gli Stati Uniti.

Oppenheimer nacque nel 1904 a New York, si laureò ad Harvard e nel 1929 cominciò a insegnare fisica all’Università della California di Berkeley. Diventò famoso soprattutto per essere stato il direttore scientifico del progetto Manhattan, l’iniziativa del governo statunitense nell’ambito della quale furono sviluppate le due bombe atomiche sganciate sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Oppenheimer fu tormentato dalla sue responsabilità nello sviluppo della bomba atomica e negli anni successivi si rifiutò di collaborare alla realizzazione di una bomba all’idrogeno, centinaia di volte più potente rispetto a quelle che erano state sganciate in Giappone.

Come molti giovani intellettuali americani, negli anni Trenta Oppenheimer aveva sostenuto idee e riforme di orientamento progressista, che successivamente il governo statunitense considerò vicine al comunismo, ai tempi considerato una minaccia nazionale per via della Guerra fredda in corso contro l’Unione Sovietica. Nonostante non si fosse mai iscritto al Partito Comunista degli Stati Uniti, Oppenheimer frequentò gruppi politici legati alle attività del partito, di cui invece facevano parte sua moglie, suo fratello e altri suoi conoscenti. Fu sospettato e accusato formalmente di avere simpatie comuniste nel 1953: in quegli anni diverse istituzioni americane, a partire dall’FBI diretta da J. Edgar Hoover, erano ossessionate dalle possibili infiltrazioni sovietiche negli ambienti di potere e negli apparati strategici dello stato.

Nel maggio del 1954, dopo circa quattro settimane di udienze tenute in forma segreta, la commissione per l’Energia atomica revocò a Oppenheimer l’accesso alle informazioni riservate sulla sicurezza nazionale, concludendo che ci fossero elementi poco chiari sul suo conto. Fu l’inizio della fine della carriera di Oppenheimer, che morì nel 1967 a 62 anni.

– Leggi anche: Il primo test di una bomba all’idrogeno, 70 anni fa

Nel rapporto sulla decisione della commissione per l’Energia atomica non c’erano prove a sostegno del fatto che Oppenheimer fosse una spia russa. Come ha raccontato il New York Times, secondo certi membri della commissione tuttavia alcune sue obiezioni rispetto alla bomba all’idrogeno avevano «condizionato in maniera negativa il reclutamento degli scienziati e il progresso scientifico».

Le critiche sul provvedimento della commissione contro Oppenheimer cominciarono a intensificarsi quando, trascorsi sessant’anni, l’amministrazione del presidente Barack Obama desecretò centinaia di pagine di documenti relativi alle udienze. Alcuni studiosi che avevano analizzato i documenti – una piccola porzione rispetto alle trascrizioni integrali delle udienze della commissione – avevano concluso che non c’erano prove schiaccianti contro di lui. Certe testimonianze contenute nei documenti inoltre sembravano confermare la sua lealtà nei confronti degli Stati Uniti e dimostrare che le sue obiezioni alla bomba a idrogeno avessero a che fare con dubbi di natura tecnica e militare, anziché con simpatie politiche.

Nell’ordine con cui ha annullato il provvedimento, Granholm ha detto che la decisione del 1954 era dovuta a motivi politici, legati in particolare alla volontà di alcuni funzionari della commissione di screditare pubblicamente Oppenheimer per sminuire le sue posizioni sulla politica sulle armi nucleari. Nel comunicato con cui ha annunciato la decisione, Granholm ha sottolineato che il dipartimento per l’Energia aveva la responsabilità di correggere questa ricostruzione storica e «riconoscere il valore dell’enorme contributo di Oppenheimer per la difesa nazionale e più in generale per la ricerca scientifica».