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  • Lunedì 12 dicembre 2022

Le indagini sui tre omicidi durante la riunione di condominio a Roma

Si stanno concentrando sul passato di Claudio Campiti, l'uomo arrestato, e su vecchi dissidi con un consorzio in provincia di Rieti

I carabinieri sul luogo della sparatoria (ANSA/ANGELO CARCONI)
I carabinieri sul luogo della sparatoria (ANSA/ANGELO CARCONI)
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Domenica mattina un uomo ha ucciso tre donne a colpi di pistola e ha ferito altre quattro persone durante una riunione di condominio a Roma, nel quartiere Fidene, zona a nord-est della città. L’uomo si chiama Claudio Campiti, ha 57 anni ed è stato arrestato poco dopo dai carabinieri. Nelle ultime ore gli investigatori hanno concentrato le proprie ricerche sul suo passato, per capire cosa lo abbia portato a sparare: dalle prime ricostruzioni sembra che tutto ruoti intorno a vecchi dissidi tra Campiti e altri condomini di un complesso residenziale in provincia di Rieti.

La sparatoria è avvenuta alle 9.30 di domenica in un gazebo davanti al bar “Il posto giusto”, in via Monte Giberto 21, che era stato affittato appositamente per svolgere la riunione di condominio. Come le altre persone che erano riunite nel bar, una trentina, Campiti è il proprietario di una casa all’interno di un complesso turistico residenziale sul lago del Turano, tra i comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda, nel rietino. Il complesso è amministrato dal Consorzio Valle Verde, che aveva rapporti difficili con Campiti già da tempo. La riunione si stava svolgendo nel bar di Fidene perché la maggior parte dei proprietari risiede a Roma.

Secondo le prime ricostruzioni, alle 9.30 Campiti sarebbe entrato nel gazebo, avrebbe chiuso e bloccato la porta e avrebbe cominciato a sparare contro i presenti. Le persone uccise sono state Sabrina Sperandio, Elisabetta Silenzi e Nicoletta Golisano: la prima era una pensionata di 71 anni, segretaria della presidente del consorzio Valle Verde, anche lei presente alla riunione e ricoverata in gravi condizioni dopo essere stata ferita al torace; Silenzi aveva 55 anni ed era consigliera del consorzio; mentre Nicoletta Golisano era una commercialista originaria di Civitavecchia e aveva 50 anni. Era piuttosto conosciuta in città per il suo lavoro e, tra le altre cose, era amica della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Le indagini si stanno concentrando soprattutto sul passato di Campiti e sui suoi rapporti con gli altri membri del consorzio.

Campiti era originario di Ladispoli (Roma), e per diversi anni aveva lavorato come assicuratore a Roma, dove aveva vissuto con la moglie e i tre figli. Una decina di anni fa si era separato ed era andato a vivere nella casa che aveva comprato tempo prima nel consorzio Valle Verde. Doveva essere una casa per trascorrere le vacanze in famiglia, ma la sua costruzione non era mai stata completata: era stato finito solamente il pianerottolo.

La vita di Campiti era cambiata drasticamente dopo il 2012, quando uno dei figli era morto in incidente con uno slittino in Val Pusteria, in Trentino-Alto Adige. Un maestro di sci e due responsabili dell’impianto erano stati condannati per quella morte, e la famiglia di Campiti aveva ricevuto 240mila euro di risarcimento. Da allora Campiti non lavorava più e viveva nella casa sul lago del Turano da solo, senza allaccio alla rete idrica e alle fognature e senza riscaldamento. Secondo i racconti di molti testimoni, era una persona solitaria che impediva a chiunque di avvicinarsi alla sua casa.

Dalle prime ricostruzioni sembra che Campiti volesse completare la costruzione della casa, ma si rifiutasse di pagare le quote sociali del consorzio, in tutto circa 10mila euro. Campiti aveva anche aperto un blog in cui scriveva invettive e minacce contro il consorzio e i suoi membri. Nei suoi post parlava del consorzio con toni complottistici e definiva il consiglio di amministrazione una “mafia” che lo stava costringendo a vivere nell’indigenza. Aveva presentato 30 denunce contro i membri del consorzio, per abusi edilizi, nessuna delle quali andata a buon fine. Aveva anche appeso un grosso telone sulla sua casa con scritto “Consorzio Raus”.

Uno screenshot dal blog di Claudio Campiti

Uno screenshot dal blog di Claudio Campiti

Secondo gli investigatori sarebbe stato proprio il rancore nei confronti dei membri del consorzio la causa degli omicidi di domenica mattina. Le persone uccise sarebbero potute essere molte di più se uno dei presenti, Silvio Paganini, un 67enne impiegato nel settore del turismo, non avesse disarmato e fermato Campiti. Paganini, che è stato ferito al volto da un proiettile e che ora è ricoverato in ospedale, ha raccontato che mentre cercava di fermarlo Campiti urlava «Mafiosi, adesso vi uccido tutti».

Campiti aveva con sé una pistola Glock calibro 9 caricata con 16 colpi, un altro caricatore e una busta con circa 155 proiettili. La pistola non era sua, l’aveva rubata poco prima dal poligono di tiro di Tor di Quinto, dove era iscritto. Non aveva il porto d’armi: ne aveva fatto richiesta nel 2020 ma gli era stato negato per via delle denunce per minacce nei suoi confronti da parte degli altri membri del consorzio Valle Verde.

Tecnicamente il rifiuto del porto d’armi non impediva a Campiti di iscriversi al poligono, dato che era incensurato. Resta comunque da capire come abbia fatto a uscire dal poligono con la pistola e le munizioni senza essere fermato prima: nei poligoni di tiro i controlli sulle armi che vengono date in noleggio a chi vuole esercitarsi sono infatti di solito estremamente stringenti. Proprio per questo motivo la procura di Roma ha disposto il sequestro del poligono di Tor di Quinto per appurare eventuali irregolarità.

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Aggiornamento: In una prima versione di questo articolo era presente una foto ottenuta dall’agenzia Ansa in cui un omonimo di Claudio Campiti era scambiato per l’uomo che ha compiuto la sparatoria. La foto è stata rimossa dopo che Ansa ha rettificato la descrizione della foto.