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  • Giovedì 8 dicembre 2022

Dina Boluarte ha giurato come nuova presidente del Perù

Sostituisce Pedro Castillo, accusato di aver tentato un colpo di Stato per risolvere la grave crisi politica della sua presidenza

La nuova presidente del Perù Dina Boluarte (AP Photo/Guadalupe Pardo)
La nuova presidente del Perù Dina Boluarte (AP Photo/Guadalupe Pardo)

L’ex vicepresidente peruviana Dina Boluarte ha giurato come nuova presidente del Perù, in sostituzione di Pedro Castillo, rimosso in seguito a un suo tentativo di sciogliere il Congresso, ovvero il parlamento monocamerale peruviano, prima che votasse la messa in stato di accusa contro di lui. Boluarte è la prima donna nella storia del Perù a svolgere l’incarico, il più alto nell’ordinamento del paese. La mossa di Castillo, la cui presidenza stava attraversando da tempo una grave crisi politica, era stata definita dalla stessa Boluarte un «colpo di Stato».

Mercoledì Castillo aveva tenuto un discorso in cui aveva detto: «Abbiamo preso la decisione di instaurare un governo di emergenza, per ristabilire la legge e la democrazia». La decisione di sciogliere il Congresso era probabilmente volta ad evitare il voto di impeachment: poco dopo l’annuncio diversi membri del suo governo si erano dimessi e le forze armate peruviane avevano diffuso un comunicato in cui dicevano che Castillo non aveva l’autorità per sciogliere il Congresso con un decreto straordinario.

Il Congresso aveva poi votato la rimozione di Castillo dal suo incarico e lui era stato arrestato con l’accusa di reati contro l’ordine costituzionale. Non è chiaro se Castillo sia ancora detenuto: secondo alcune fonti locali si trova in prigione.

Oltre a Boluarte, anche Francisco Morales, capo della Corte costituzionale peruviana, aveva definito la mossa di Castillo un progetto di colpo di Stato. Nel suo discorso di giuramento come nuova presidente, Boluarte ha chiesto «uno spazio e un tempo per salvare il paese» e superare la crisi politica in corso.

Castillo, un ex insegnante di sinistra di ispirazione marxista, era stato eletto presidente del Perù nel luglio del 2021. Il voto in programma per mercoledì era il terzo tentativo del Congresso di rimuoverlo dal suo incarico: nel corso del suo mandato era stato accusato in più occasioni di corruzione, accuse che lui aveva definito parte di un complotto.

Pedro Castillo poco dopo il voto che aveva portato alla sua elezione come presidente del Perù (AP Photo/Martin Mejia, File)

Castillo, che prima di diventare presidente era anche un attivista sindacale, aveva basato gran parte della sua campagna elettorale sulla promessa di migliorare le condizioni economiche delle aree più rurali e povere del paese, che hanno particolarmente subìto le conseguenze economiche della pandemia. Nelle ultime settimane, tuttavia, il rincaro generale dei prezzi ha provocato crescenti proteste di piazza contro il governo nazionale.

Castillo aveva vinto le elezioni contro la rivale Keiko Fujimori, populista di destra e figlia dell’ex presidente del Perù Alberto Fujimori, che aveva governato il paese in maniera autoritaria dal 1990 al 2000. Alla vittoria di Castillo, molto contestata, avevano probabilmente contribuito la delusione di molti peruviani nei confronti dei politici in carica fino a quel momento e le gravi disuguaglianze economiche interne al paese.

La presidenza di Castillo era però andata male fin dall’inizio. Già nel corso delle prime caotiche settimane del suo mandato era emersa con molta chiarezza la sua impreparazione. Le prime critiche a Castillo avevano riguardato soprattutto le nomine del suo governo, che tra le altre cose avevano incluso quella di Guido Bellido come primo ministro. Bellido era accusato di avere posizione omofobe e misogine, oltre a essere considerato vicino al gruppo terroristico Sendero Luminoso. Un’altra nomina controversa era stata Héctor Béjar agli Esteri. Béjar è un ex guerrigliero dell’Esercito di Liberazione Nazionale Peruviano, gruppo conosciuto per le sue posizioni vicine ai regimi autoritari di Cuba e Venezuela.

Nel corso del suo mandato Castillo aveva nominato e poi sostituito circa 80 funzionari governativi e dato ruoli decisionali ad alcuni suoi alleati politici privi di esperienza politica. Su di lui, su membri della sua famiglia e su alcuni dei suoi più stretti collaboratori sono state poi avviate indagini per corruzione. Nel frattempo il suo governo non era stato in grado di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, anche per via di un continuo ricambio di ministri.