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  • Venerdì 13 agosto 2021

La presidenza di Pedro Castillo in Perù poteva iniziare meglio

Senza le critiche per aver scelto un primo ministro troppo vicino a Sendero Luminoso, e con un appoggio più ampio del parlamento

Il neoeletto presidente del Perù Pedro Castillo (AP Photo/Francisco Rodriguez)
Il neoeletto presidente del Perù Pedro Castillo (AP Photo/Francisco Rodriguez)

L’inizio del mandato di Pedro Castillo, da due settimane presidente del Perù, è stato molto difficoltoso. Castillo, esponente del partito di ispirazione marxista Perù Libero, è stato particolarmente criticato per alcune scelte fatte negli ultimi giorni, accolte con freddezza anche da alcuni suoi sostenitori: tra le altre, la nomina di un primo ministro visto come troppo estremista e troppo vicino al gruppo terrorista maoista Sendero Luminoso, che negli anni Ottanta e Novanta uccise decine di migliaia di peruviani. Le mosse di Castillo sono state considerate così azzardate che alcuni analisti e opinionisti hanno sostenuto che fossero parte di un piano più ampio per sciogliere il parlamento e rafforzare nel contempo i poteri presidenziali.

L’attenzione su Castillo, e sulle prime settimane della sua presidenza, era molto alta non solo per le ambiziose promesse fatte in campagna elettorale. Negli ultimi anni in Perù è successo un po’ di tutto: gli scandali di corruzione e l’enorme indagine sull’operato di Odebrecht, la più grande società edile dell’America Latina, avevano portato il paese a cambiare sei presidenti in cinque anni. L’elezione di Castillo, molto combattuta e contestata, doveva segnare l’inizio di un nuovo periodo per il Perù, slegato dagli scandali che avevano caratterizzato le precedenti amministrazioni.

Le due prime due settimane di mandato, però, sembrano avere mostrato la grande impreparazione di Castillo e sono parse incredibilmente caotiche.

Le critiche più forti sono arrivate dopo la nomina a primo ministro di Guido Bellido, accusato di essere vicino al gruppo terroristico Sendero Luminoso e di essere misogino e omofobo. La nomina di Bellido è stata una delle tante contestate. Il ministero degli Esteri è stato affidato a Héctor Béjar, un ex guerrigliero dell’Esercito di Liberazione Nazionale Peruviano, gruppo conosciuto per le sue posizioni vicine ai regimi autoritari di Cuba e Venezuela; il ministero del Lavoro a Iber Maraví, che la polizia aveva legato a Movadef, considerato il braccio politico di Sendero Luminoso; e il ministero della Difesa a Walter Ayala, ex poliziotto licenziato per aver aiutato un detenuto a scappare e accusato di traffico di esseri umani. In totale, le nomine contestate, tra ministeri e altri enti statali, sarebbero una ventina.

Il presidente peruviano Pedro Castillo, a destra, e il primo ministro Guido Bellido, a Ayacucho, Perù (AP Photo/Ernesto Arias)

Alla questione delle nomine, per Castillo si è aggiunto anche il problema di non avere sufficiente appoggio nel parlamento peruviano per approvare le ambiziose riforme che aveva promesso in campagna elettorale, tra cui la creazione di un’Assemblea costituente con l’obiettivo di cambiare la Costituzione del paese.

Il parlamento è stato rinnovato nella stessa elezione che aveva sancito la vittoria di Castillo, ma i risultati molto frammentati del voto hanno provocato la nascita di un Congresso – la camera unica del parlamento – estremamente diviso, dove il partito di Castillo, Perù Libero, occupa solo 37 seggi sui 130 totali. Con l’attuale sostegno nel parlamento, condizionato anche dalle polemiche sulla nomina di Bellido, oggi Castillo non può puntare ad avere una maggioranza abbastanza larga per approvare queste riforme.

Alcuni osservatori hanno ipotizzato che dietro alle nomine più controverse di Castillo ci sia Vladimir Cerrón, fondatore e presidente di Perù Libero. Cerrón è un neurochirurgo che si è formato a Cuba, ex governatore della regione di Junín e indagato per corruzione. Alcuni media locali sostengono che Cerrón abbia fatto pressioni su Castillo per nominare membri del partito, anche i più estremisti, nei posti chiave dell’apparato statale. Altri opinionisti sostengono invece che le ultime mosse di Castillo siano state fatte appositamente per provocare una crisi.

La Costituzione peruviana prevede infatti che se il parlamento nega per due volte la fiducia al nuovo governo, il presidente può sciogliere la camera e convocare nuove elezioni, che devono tenersi entro quattro mesi. In teoria in questo periodo il presidente disporrebbe solo di poteri limitati, ma nella pratica le cose possono andare diversamente: come fece in passato anche il presidente Martín Vizcarra, Castillo potrebbe governare per decreto, quindi senza dover passare per il parlamento. Inoltre da nuove elezioni potrebbe uscire un parlamento più favorevole a Castillo.

Castillo non è in una posizione facile. Oltre ai conflitti politici in corso, non sembra avere grande appoggio dalla popolazione per le sue proposte più ambiziose. Secondo un recente sondaggio realizzato da Datum Internacional, il 76 per cento dei peruviani pensa che Bellido non dovrebbe essere primo ministro; e secondo altri sondaggi citati dai media locali, i peruviani non vorrebbero un cambio radicale della Costituzione, come invece auspicato da Castillo.