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  • Domenica 4 dicembre 2022

Il problema dei funerali di stato in Cina

Storicamente sono l'occasione di proteste e manifestazioni, e il regime vuole evitare che succeda lo stesso con quello di Jiang Zemin, il leader morto questa settimana

Jiang Zemin in un maxischermo a Pechino (AP Photo/Ng Han Guan)
Jiang Zemin in un maxischermo a Pechino (AP Photo/Ng Han Guan)
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Il 6 dicembre si terranno i funerali di Jiang Zemin, il leader che guidò la Cina negli anni Novanta come presidente del paese e segretario generale del Partito comunista, e che è morto mercoledì a 96 anni. Per l’occasione, e per gestire le complicate procedure funebri, è stata creata una commissione composta da decine di funzionari e dirigenti di alto rango del partito, che ha già dato tutta una serie di istruzioni, come tenere le bandiere a mezz’asta in tutti gli edifici pubblici fino al giorno del funerale. Il Quotidiano del Popolo, il principale giornale del paese, ha pubblicato giovedì una prima pagina tutta in bianco e nero, e anche alcuni siti governativi e social network cinesi giovedì hanno messo in bianco e nero le loro schermate, in segno di lutto.

Un sito del governo cinese in bianco e nero in segno di lutto

Quello di Jiang sarà il primo grande funerale per un leader cinese dal 1997 (è l’anno in cui morì Deng Xiaoping, che fu il leader della Cina dopo Mao Zedong), e nella leadership del Partito comunista c’è una certa agitazione, come hanno raccontato in questi giorni molti media.

Il fatto è che nella storia recente della Cina i funerali dei grandi leader sono stati spesso occasione per la popolazione per protestare ed esprimere il proprio malcontento. E in un momento in cui si sono già verificate proteste eccezionali contro i lockdown e le restrizioni pandemiche, il rischio per il regime è che anche il funerale di Jiang diventi occasione per proteste e manifestazioni.

Le più celebri manifestazioni che cominciarono in Cina in occasione del funerale di un noto leader furono le celebri proteste di piazza Tiananmen. Ufficialmente le proteste iniziarono per la commemorazione di Hu Yaobang, che era stato segretario del Partito comunista e morì nell’aprile del 1989. Benché Hu Yaobang fosse stato un leader solo moderatamente riformista, la sua morte fu l’occasione attorno alla quale si concentrarono varie ragioni di malcontento da parte della popolazione, legate alle difficoltà economiche, all’insofferenza nei confronti della chiusura del regime e alla lentezza delle riforme sia economiche sia sociali.

I funerali di Hu Yaobang si tennero il 22 aprile del 1989. Il giorno prima, il 21 aprile, centomila studenti organizzarono una grande manifestazione contro il regime, che presto sfociò nell’occupazione della grande piazza Tiananmen nel centro di Pechino. Le proteste furono poi represse con la violenza il 4 giugno, quando il regime inviò l’esercito per sgombrare la piazza: furono uccise centinaia, o più probabilmente migliaia, di persone.

Prima ancora altri funerali particolarmente controversi che divennero occasione di proteste e manifestazioni furono quelli di Zhou Enlai nel 1976. Zhou fu il premier della Cina comunista per quasi trent’anni, dal 1949 alla sua morte: fu un eroe della guerra rivoluzionaria ed era molto apprezzato dalla popolazione.

Jiang Zemin non era altrettanto apprezzato, soprattutto mentre era al potere. Ma negli anni successivi, in particolare dopo che Xi Jinping è diventato presidente del paese, moltissimi cittadini cinesi hanno cominciato a considerare Jiang con maggiore indulgenza, e in alcuni casi quasi con nostalgia, principalmente per due ragioni: anzitutto perché la sua personalità sopra le righe negli ultimi anni è diventata più celebre man mano che passava il tempo. A causa dei suoi occhi un po’ sporgenti, Jiang veniva chiamato “il rospo”, ma con il passare degli anni questo nomignolo è diventato in un certo senso affettuoso. Jiang, con i suoi occhialoni e i suoi pantaloni a vita altissima, è diventato oggetto di numerosissimi meme, e quando ha compiuto 90 anni nel 2016 è stato festeggiato online con un certo ironico entusiasmo.

Soprattutto, il periodo di governo di Jiang è stato visto in retrospettiva come relativamente liberale, e soprattutto un periodo in cui la Cina cresceva economicamente in maniera eccezionale, e le speranze e le prospettive sembravano illimitate.

In realtà Jiang fu un leader piuttosto repressivo, che perseguitò vari movimenti non allineati, a partire dal gruppo religioso Falun Gong e dagli indipendentisti del Tibet. Ma negli anni Novanta, quando governò Jiang (così come negli anni Duemila, quando governò il suo successore Hu Jintao) la repressione per la maggior parte dei cinesi era meno oppressiva, c’erano spazi di discussione pubblica e di iniziativa economica personale, e i media erano più liberi anche di criticare il governo. Tutto questo è finito a partire dal 2013, quando l’attuale presidente Xi Jinping ha gradualmente eliminato la maggior parte degli spazi di libertà e discussione.

Un commento di commemorazione sui social network citato dal New York Times è stato: «Rospo, siamo stati troppo duri con te; tu sei il soffitto, non il pavimento». L’idea è che sotto Jiang la Cina abbia raggiunto uno dei suoi momenti di massima apertura e sviluppo, anche se al tempo praticamente nessuno ne era convinto.

Per ora questa nostalgia è espressa online, ma il regime vuole evitare in ogni modo che si traduca in movimenti di piazza, specie in un momento in cui in tutta la Cina il malcontento è molto alto.