Nel mondo delle criptovalute le cose vanno sempre peggio

Dopo il fallimento della celebre piattaforma FTX, il settore ha perso tantissimo denaro e avrebbe bisogno di ripensarsi

(Michael M. Santiago/Getty Images)
(Michael M. Santiago/Getty Images)

Il 2022 è stato un anno terribile per le criptovalute. In primavera c’era stato il crollo della criptovaluta Terra Luna, mentre a novembre la bancarotta di FTX, la seconda piattaforma di criptovalute più grande al mondo, ha generato tantissima instabilità nel settore e provocato la perdita di miliardi di dollari di risparmi e investimenti. In queste settimane, infatti, altre aziende con legami con FTX hanno rivelato molte vulnerabilità: la società BlockFi ha dichiarato fallimento e la piattaforma Kraken ha annunciato oltre mille licenziamenti.

Le criptovalute non godono più di una gran fiducia degli investitori, che temono di perdere i loro soldi e che quindi si stanno progressivamente allontanando da questi investimenti, aggravando sempre di più la situazione. Molti osservatori si stanno chiedendo se si stia avvicinando la fine per questo settore, o comunque un periodo di crisi eccezionalmente dura e prolungata.

Il mondo delle criptovalute era già noto per i suoi dissesti improvvisi, per i prezzi che salgono e scendono in modo molto rapido, per interi patrimoni che svaniscono dall’oggi al domani. Ma anche per i suoi standard quest’anno è stato disastroso, tant’è che tra esperti e addetti ai lavori – compresa la segretaria al Tesoro americano Janet Yellen – il fallimento della piattaforma FTX è stato definito il “momento Lehman” del settore, un riferimento al crollo della banca d’affari Lehman Brothers nel 2008, che provocò una crisi finanziaria globale e che mostrò tutte le vulnerabilità e le spregiudicatezze della finanza di Wall Street.

Anche in Europa, dove culturalmente c’è già di per sé più diffidenza verso questo mondo, la Banca Centrale Europea, in un articolo sul suo blog, è arrivata a definire il Bitcoin (ossia la criptovaluta più conosciuta) come «artificiosamente sostenuto» (significa che secondo gli autori il suo valore sarebbe gonfiato) e che «non dovrebbe essere legittimato dalle autorità di regolamentazione o dalle società finanziarie perché è simile al gioco d’azzardo». Gli autori dell’articolo si dicono convinti che il Bitcoin stia compiendo «un ultimo sussulto artificiosamente indotto prima della strada verso l’irrilevanza».

Un ripasso su cos’è successo a FTX
FTX era la seconda piattaforma al mondo su cui avvenivano scambi di criptovalute. La sua sede è alle Bahamas ed è stata fondata e gestita da Sam Bankman-Fried. Conosciuto soprattutto come SBF, è un miliardario americano di 30 anni molto inserito nell’ambiente del Partito Democratico americano.

FTX era finora considerata una delle società più mature nell’ambiente delle criptovalute, perché stabile e con un capitale solido, ma anche perché era riuscita a resistere in periodi difficili per il settore. Aveva contribuito a salvare varie società di criptovalute e veniva generalmente considerata dagli investitori un’azienda responsabile, che non si era mai impegnata in scambi rischiosi e speculativi con i fondi dei clienti. Tant’è che il suo fondatore godeva di una buona reputazione all’interno del settore ma anche tra gli operatori della finanza tradizionale e delle autorità finanziarie statunitensi.

Bankman-Fried aveva fondato anche una società di trading di criptovalute, la Alameda Research. Le due aziende operavano in modo separato: FTX aveva il ruolo di “banca”, i clienti vi depositavano i token FTT, ossia la criptovaluta di FTX, mentre Alameda si occupava di compravendita di criptovalute, come una qualsiasi società di trading. Dalle indagini sta emergendo come Alameda, in un momento di scarsa liquidità, avrebbe attinto dai depositi dei clienti di FTX, creando un buco di circa 8 miliardi di dollari.

A novembre si è poi innescata una crisi di fiducia nei confronti di FTX: temendo di perdere i propri soldi, gli investitori nel giro di pochi giorni hanno ritirato miliardi e miliardi di dollari detenuti in criptovaluta, scoprendo però che moltissimi soldi mancavano, perché SBF e i suoi li avevano usati in Alameda. L’azienda si è ritrovata così alla ricerca di fondi per adempiere i propri obblighi di conversione della criptovaluta in dollari. La società ha infine dovuto bloccare le richieste di conversione perché non riusciva più a farvi fronte, trovandosi così nella situazione più grave in cui può trovarsi una società finanziaria (al pari di una banca che blocca le richieste dei clienti di prelevare denaro dai loro conti correnti). Così FTX ha dichiarato bancarotta.

In un’intervista al New York Times Bankman-Fried ha detto che non era «esattamente a conoscenza di cosa stesse succedendo» perché «non si è mai sentito a suo agio con il rischio di possibile conflitto di interessi» con Alameda Research, e per questo si è sempre tenuto a distanza dalle sue operazioni. Il punto dell’accusa contro SBF è però proprio che avrebbe usato i soldi depositati in FTX per ripianare le enormi perdite di Alameda.

Gli effetti su tutto il settore delle criptovalute
L’improvviso crollo di FTX ha suscitato molte domande sul futuro delle criptovalute. Innanzitutto su cosa accadrà ai clienti di FTX e ai loro soldi. A differenza dei depositi in un conto corrente tradizionale, i depositi sugli scambi di criptovalute non sono garantiti dallo stato e non si sa se FTX abbia risorse sufficienti per restituire tutto. Con l’istanza di fallimento presentata dalla società la questione si sposterà in tribunale.

La dimensione di questa vicenda è enorme per il settore delle criptovalute, che ha perso una delle sue istituzioni principali. Molti osservatori la paragonano al fallimento di Lehman Brothers, una grande banca d’affari americana che nel 2008 si ritrovò in bancarotta dopo investimenti speculativi molto rischiosi. Da lì iniziò la più grande crisi finanziaria della storia.

La vicenda di FTX ha avuto un impatto su tutto il mercato, perché si è innestata una crisi di fiducia su tutto il settore, come nel caso di Lehman Brothers. Tant’è che il valore di molte criptovalute è sceso notevolmente. Un anno fa, nel novembre 2021, nella fase di maggiore rialzo, il valore totale delle criptovalute era intorno ai 3 mila miliardi di dollari a livello globale. Oggi si aggira verso gli 800 miliardi, quasi il 70 per cento in meno.

Ma le similitudini col 2008 finiscono qui. Allora il crollo di Wall Street generò una crisi finanziaria globale che portò milioni di americani a perdere il lavoro e la casa, mentre le ricadute del crollo di FTX dovrebbero rimanere all’interno del settore delle criptovalute.

La vicenda avrà probabilmente anche un impatto importante sulle attività di regolamentazione del settore: Bankman-Fried stava cercando di persuadere a regolare meglio il settore quelle autorità ancora scettiche sul potenziale delle criptovalute, che però ora avranno un ulteriore motivo per ritenere il settore fuori controllo e potenzialmente pericoloso per gli investitori.

L’Economist, in un editoriale dal titolo «È la fine delle criptovalute?» fa notare come questa crisi, però, venga da più lontano e riguardi proprio i motivi per cui sono nate le criptovalute.

Secondo il settimanale, è stato tradito il motivo per cui erano state inventate: garantire un sistema di pagamenti trasparente, sicuro, e più conveniente rispetto alle banche tradizionali. Il sistema bancario convenzionale richiede infatti una vasta infrastruttura per mantenere la fiducia tra gli operatori: un’infrastruttura costosa, che spesso si riversa in costi per i clienti, talvolta neanche così trasparenti. Le blockchain pubbliche, ossia la tecnologia che sta sotto al funzionamento delle criptovalute, sono costruite su reti che rendono le loro transazioni trasparenti e, in teoria, affidabili.

Dopo 14 anni dall’invenzione dei Bitcoin, le criptovalute sono ancora molto instabili e molti consumatori, temendo per i propri soldi, non si fidano. Sono state usate invece per attività speculative, legittime, ma anche per attività criminali, per riciclare denaro e per aggirare sanzioni internazionali.

Secondo l’Economist, le criptovalute si salveranno se riusciranno a essere utili per qualcosa oltre la speculazione e le truffe, cercando di ritrovare quello scopo originale di voler rendere l’intermediazione finanziaria più veloce, efficiente e meno costosa.