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  • Martedì 22 novembre 2022

Perché ai Mondiali vengono dati così tanti minuti di recupero

Per limitare le perdite di tempo e aumentare quindi il tempo “attivo”, come ha spiegato Pierluigi Collina, capo degli arbitri della FIFA

Il recupero concesso al secondo tempo di Inghilterra-Iran (Julian Finney/Getty Images)
Il recupero concesso al secondo tempo di Inghilterra-Iran (Julian Finney/Getty Images)
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Una delle cose più notate nelle prime partite dei Mondiali di calcio in Qatar è stata la lunghezza dei tempi di recupero, ossia i minuti aggiuntivi che l’arbitro di campo può assegnare al termine di ciascuno dei due tempi regolamentari per recuperare eventuali interruzioni del gioco. Nel calcio infatti il tempo non è effettivo: prosegue anche quando il gioco è fermo e per questo viene “recuperato”.

Nelle partite disputate fin qui in Qatar, il pallone è stato in gioco in media 55 minuti, una durata tutto sommato in linea con il tempo di gioco medio del calcio professionistico. La differenza sta però nei recuperi concessi: le partite stanno durando in media 106 minuti, quasi dieci in più del normale.

Nella partita inaugurale tra Qatar e Ecuador l’arbitro italiano Daniele Orsato ha dato 6 minuti di recupero al primo tempo — quando di norma è raro vederne più di un paio — e 6 al secondo. In Inghilterra-Iran, anche a causa di un grave infortunio al portiere iraniano, sono stati concessi 15 minuti al primo tempo e 14 al secondo: complessivamente quasi mezz’ora di gioco in più. In Senegal-Olanda i minuti di recupero sono stati 14 in tutto (3 al primo tempo e 11 al secondo) e in Stati Uniti-Galles ce ne sono stati 4 al primo tempo e 11 al secondo. In queste quattro partite il recupero medio complessivo è stato di 17 minuti e 50 secondi.

Il tempo di gioco effettivo è uno degli aspetti che la FIFA e gli arbitri internazionali stanno valutando con maggior attenzione, e i primi interventi si erano già visti durante i Mondiali in Russia di quattro anni fa. Nei mesi scorsi lo aveva spiegato anche Pierluigi Collina, presidente della Commissione arbitrale della FIFA, dicendo: «Ci sono squadre che giocano 52 minuti, squadre che ne giocano 43 e altre che ne giocano 58. Se li sommi tutti la differenza di tempo giocato in un campionato diventa grande».

Collina ne aveva poi riparlato a ESPN a pochi giorni dal Mondiale in Qatar, dopo aver avvisato giocatori e staff tecnici delle nazionali partecipanti di non sorprendersi in caso di recuperi estesi in seguito a interruzioni: «Se vogliamo più tempo attivo, dobbiamo essere pronti a rivedere il tempo aggiuntivo concesso. Pensa a una partita con tre gol segnati: una celebrazione normalmente dura un minuto, un minuto e mezzo, quindi con tre gol segnati, perdi cinque o sei minuti».

Anche l’IFAB, l’associazione internazionale che può decidere se e come cambiare le regole del calcio, da anni sta prendendo in considerazione la possibilità di valutare il passaggio al tempo effettivo per migliorare e velocizzare le partite. Non sarebbe un cambiamento da poco, anzi. I tempi morti di una partita di calcio sono tanti e vari, e il loro peso cambia a seconda del contesto e del momento. Ci sono quelli legati a normali situazioni di gioco in cui il pallone esce e deve essere rimesso in campo e quelli in cui il gioco si ferma per infortuni, cambi, festeggiamenti prolungati dopo un gol, discussioni, proteste o revisioni al VAR. Oltre ad essere difficile da calcolare, il tempo perso è anche complicato da qualificare, perché dipende da come viene fatto e dal momento della partita in cui avviene.

– Leggi anche: L’ipotesi del tempo effettivo nel calcio