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  • Lunedì 21 novembre 2022

La Corte suprema neozelandese dice che impedire il voto ai sedicenni è discriminatorio

Per cambiare la legge serve però il 75% dei voti in parlamento: il governo di Jacinda Ardern ha detto che farà una proposta

(AP Photo/Mark Baker)
(AP Photo/Mark Baker)

Lunedì la Corte suprema neozelandese ha stabilito che l’attuale legge elettorale che permette soltanto ai maggiori di 18 anni di votare è discriminatoria in base alla Costituzione del paese, e dovrebbe essere cambiata. La prima ministra Jacinda Ardern si è detta d’accordo, e ha promesso di introdurre presto una proposta di legge in parlamento per abbassare l’età di voto a sedici anni.

Il caso era stato avanzato dall’associazione Make It 16, che dal 2020 chiede l’allargamento del diritto di voto a sedicenni e diciassettenni. La Corte suprema ha sostenuto che l’attuale età di voto di 18 anni non sia coerente con la Carta dei diritti del paese, in base alla quale le persone non possono essere discriminate sulla base della propria età una volta raggiunti i 16 anni (la Carta dei diritti è uno dei documenti che formano la Costituzione neozelandese, che non è fatta da un testo solo).

Al contrario di quanto accade per esempio negli Stati Uniti, una sentenza della Corte suprema in Nuova Zelanda non istituisce o fa decadere immediatamente un diritto, né obbliga il parlamento a cambiare la legge elettorale: innesca soltanto un processo in cui la questione deve essere discussa in parlamento ed esaminata da una commissione parlamentare ristretta. Ma la prima ministra Ardern ha detto che il governo elaborerà una legge per permettere ai sedicenni di votare, che dovrà poi essere approvata dal parlamento.

«Personalmente sono a favore di un abbassamento dell’età di voto, ma non è una questione su cui possiamo decidere soltanto io o il governo», ha detto Ardern. «Qualsiasi modifica di questa entità alla legge elettorale richiede che il 75 per cento del parlamento sia favorevole». Non è certo che la riforma passerà: in risposta alla sentenza della Corte suprema, il partito d’opposizione di centro-destra National Party ha diffuso una dichiarazione in cui si diceva che «molti altri paesi hanno fissato a 18 anni l’età di voto, e non vediamo alcun motivo convincente per abbassarla». Il partito Maori e i Verdi, invece, si sono già detti favorevoli.

Gli attivisti di Make It 16 hanno accolto la sentenza con entusiasmo. Il gruppo, nato a ridosso delle manifestazioni ambientaliste Fridays for Future, sostiene da tempo che i giovani dovrebbero avere la possibilità di votare in base alle proprie priorità, a partire dall’emergenza climatica.

«Nel 2020, quando in Nuova Zelanda si è tenuta quella che è probabilmente una delle elezioni più significative delle nostre vite, avevo 16 anni. E non ho avuto voce in capitolo rispetto alle questioni che più mi interessavano, come la salute mentale, il cambiamento climatico e lo stato della nostra democrazia», ha detto Sanat Singh, uno dei fondatori di Make It 16.

Sono ancora pochi i paesi in cui si permette ai minori di 18 anni di votare: in Europa ci sono Austria, Malta e in parte la Scozia – dove i sedicenni possono votare per le elezioni amministrative e per eleggere il parlamento scozzese, ma non per  le elezioni politiche britanniche – e la Germania – dove si vota a 16 anni per le amministrative in alcuni stati, e si voterà per il parlamento europeo – mentre in America Latina accade in Brasile, Argentina, Cuba, Ecuador e Nicaragua. Sudan, Sud Sudan, Indonesia, Grecia e Timor Est invece permettono di votare ai diciassettenni.

La discussione sul tema dell’abbassamento dell’età di voto, comunque, è presente in vari paesi, anche in Italia.