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  • Mercoledì 16 novembre 2022

Per Trump non sarà facile diventare il candidato Repubblicano alla presidenza

Secondo i sondaggi è già meno popolare di Ron DeSantis, un suo possibile avversario, e una parte del partito lo considera un problema

Donald Trump e Ron DeSantis in un appuntamento elettorale del 2018 (AP Photo/Butch Dill, File)
Donald Trump e Ron DeSantis in un appuntamento elettorale del 2018 (AP Photo/Butch Dill, File)
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Donald Trump è il primo candidato alle primarie Repubblicane per le elezioni presidenziali del 2024, ma la sua leadership sul partito non è più salda come sembrava ancora pochi mesi fa, o comunque prima dei risultati deludenti delle elezioni di metà mandato. I dubbi circolano anche fra molti esponenti conservatori e accompagneranno nei prossimi mesi la candidatura annunciata dall’ex presidente.

Trump ha annunciato la sua candidatura nella notte tra martedì e mercoledì dalla sua residenza in Florida, Mar-a-Lago, e l’ha fatto con enorme anticipo rispetto alle candidature convenzionali, che di solito arrivano in prossimità delle elezioni. Sembra che la strategia sia quella di anticipare tutti i possibili oppositori interni nel Partito Repubblicano e monopolizzare la discussione sulle presidenziali, come fece nel 2016. Questa volta, però, c’è la possibilità che le resistenze siano maggiori, e che l’elettorato conservatore dia qualche segno di stanchezza.

La leadership assoluta dei Repubblicani che Trump detiene ormai da anni, e che aveva resistito al suo coinvolgimento nell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, potrebbe essere messa in crisi dai risultati deludenti delle elezioni di metà mandato.

Da anni, i Repubblicani accettano le intemperanze e i problemi legali di Trump, seguendolo nel suo spostamento su posizioni sempre più complottiste e di estrema destra, perché rimane il candidato più popolare fra gli elettori del partito, la persona in grado di mobilitarli e di imporre la sua linea in quasi tutte le questioni sia di politica sia di strategie elettorali. Ma le sconfitte della scorsa settimana dei candidati a lui più vicini e più radicali, anche in collegi considerati sicuri, hanno messo in dubbio questa certezza. Alcune vittorie Democratiche in stati decisivi (oggi per la maggioranza in Senato, in futuro per la presidenza) sono state motivate con un allontanamento degli elettori Repubblicani più moderati e indipendenti, preoccupati dalle posizioni estreme di Trump e dei suoi candidati.

Trump rimane ancora uno degli assoluti favoriti a ottenere la candidatura per le presidenziali del 2024. Ma nelle ultime settimane la sua popolarità è stata in lieve calo nei sondaggi, e alcuni analisti hanno cominciato a ritenere che questa volta la sua candidatura potrebbe incontrare molti più ostacoli di quanto previsto.

Una parte consistente dei Repubblicani inizia a ritenere che Trump non sia più un valore aggiunto per il partito, ma un potenziale freno. I primi sondaggi commissionati dopo le elezioni della scorsa settimana sembrano confermare queste impressioni. Se a ottobre l’ex presidente era largamente il candidato più popolare fra gli elettori di destra, ora non è certo che sia ancora così, anche per la crescente popolarità del governatore della Florida Ron DeSantis, riconfermato con percentuali molto ampie.

In un sondaggio della società di ricerche YouGov fra elettori Repubblicani o indipendenti con tendenze Repubblicane, DeSantis è risultato più popolare di Trump (42% contro 35%). Il Partito Repubblicano del Texas ha presentato risultati simili a favore di DeSantis in un sondaggio condotto nel suo stato, l’organizzazione conservatrice The Club for Growth ha commissionato due sondaggi secondo i quali il governatore della Florida risulta largamente favorito in una sfida diretta con Trump in Iowa e New Hampshire. Più in generale, il gradimento di Trump è segnalato in discesa, quello del possibile rivale, che non ha ancora detto di volersi candidare, in ascesa.

I sondaggi non sembrano scoraggiare l’ex presidente, già passato da situazioni complesse e convinto di poter ribaltare ancora tutte le previsioni, come nel 2016. Trump ha una schiera di motivati e fedeli sostenitori ed è circondato da collaboratori che non sono soliti contraddirlo: è convinto di poter battere ogni rivale Repubblicano e di potersi concedere una rivincita contro Biden in una campagna elettorale che non sia condizionata della pandemia.

Lunedì, il giorno prima dell’annuncio, aveva scritto sul suo social Truth: «La giornata di domani diventerà una delle più importanti nella storia del paese».

Donald Trump durante una serata elettorale (AP Photo/Andrew Harnik)

Ma retorica e ottimismo trumpiani non sono più così condivisi fra i Repubblicani. Il senatore Mitt Romney, uno degli avversari storici di Trump all’interno del partito, lo ha paragonato a un vecchio lanciatore di baseball che ha passato le sue stagioni migliori: «C’è sempre qualche tifoso affezionato che lo vorrebbe al suo posto per sempre. Ma quando continui a perdere partite, e noi ne abbiamo perse tre di fila, è il momento di inserire qualche nuovo giocatore». E Paul Cordes, capo dello staff del Partito Repubblicano in Michigan, ha espresso pubblicamente i limiti elettorali dell’ex presidente sottolineati da molti analisti: «Resta molto popolare nella nostra base, e sa motivare i suoi sostenitori, ma diventa un problema in un’elezione nazionale, specialmente nell’attrarre elettori indipendenti e donne».

Il futuro politico di Trump dipenderà da vari fattori difficilmente pronosticabili a tanta distanza dall’inizio delle primarie. Fra questi va valutato quali e quanti saranno i suoi rivali: oltre a DeSantis, potrebbero pensarci l’ex vicepresidente Mike Pence, l’ex segretario di Stato Mike Pompeo, il governatore uscente del Maryland Larry Hogan e il governatore della Virginia Glenn Youngkin.

Trump è stato sempre anche il Repubblicano in grado di raccogliere più fondi per la propria campagna: anche in questo senso i primi segnali non sono incoraggianti, con due dei più grandi finanziatori del partito che hanno annunciato di voler sovvenzionare altri candidati. Kenneth C. Griffin, fondatore e amministratore delegato del fondo di investimenti miliardario Citadel LLC, appoggia apertamente DeSantis, mentre Stephen A. Schwarzman di Blackstone ha detto di voler puntare su qualcuno della «nuova generazione».

Trump dovrà affrontare nei prossimi mesi anche una serie di questioni legali: un’indagine del dipartimento di Giustizia sulle centinaia di documenti riservati ritrovati nella residenza di Mar-a-Lago; l’inchiesta sul coinvolgimento nell’assalto al Congresso del gennaio 2021; possibili interferenze sul riconteggio delle schede in Georgia nel 2020; questioni fiscali ed economiche riguardo ai suoi precedenti affari. La scelta di candidarsi così presto è vista anche come un tentativo di rendere più complesse queste indagini ed eventuali incriminazioni: legalmente non le blocca, ma può rendere più complesse le decisioni del dipartimento di Giustizia. In caso di avanzamento dei procedimenti, Trump potrebbe definirli pubblicamente un deliberato tentativo di boicottare il suo ritorno alla Casa Bianca.