Letizia Moratti sta facendo preoccupare a destra e a sinistra

Le sue dimissioni e la sua probabile candidatura a presidente della Lombardia inguaiano la Lega e Meloni ma anche il PD

(ANSA / MATTEO BAZZI)
(ANSA / MATTEO BAZZI)

Le dimissioni di Letizia Moratti da vicepresidente e assessora alla Sanità della Regione Lombardia sono solo l’ultimo passaggio di una serie di tensioni nella coalizione di destra locale e nazionale, e che a meno di grosse sorprese comporteranno la prima grossa grana elettorale che dovrà affrontare la maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni. Ma darà dei grattacapi anche ai partiti che le fanno opposizione.

Tutti i commentatori sono convinti che Moratti si candiderà alle imminenti elezioni regionali lombarde contro il candidato della destra. Moratti ha infatti lasciato il proprio incarico dopo che la coalizione aveva deciso di non candidarla a presidente né di darle un ruolo di primo piano nel governo (si era parlato del ministero della Salute) o nella gestione delle Olimpiadi invernali del 2026. Quasi certamente una candidatura di Moratti sottrarrà voti al candidato o alla candidata di destra: Meloni, in quanto leader della coalizione, dovrà decidere se ricandidare il presidente uscente Attilio Fontana, leghista e dal basso consenso personale, oppure imporre un altro candidato, col rischio di inimicarsi la Lega, suo principale alleato a livello nazionale e storicamente assai radicata in Lombardia.

Moratti però pone un problema anche al centrosinistra e ai suoi alleati, che si stanno facendo in questi giorni una domanda che potrebbe sembrare abbastanza sorprendente: esiste cioè l’ipotesi di sostenerla, nonostante sia una delle esponenti più note e storiche del centrodestra italiano, per dare alla Lombardia un governo più spostato verso il centro rispetto a un secondo mandato di Fontana sostenuto soltanto dalla Lega e da Fratelli d’Italia. Parlando col Corriere della Sera il segretario regionale del PD, Vinicio Peluffo, è sembrato possibilista su un eventuale sostegno a Moratti – «se lei è interessata con sua lista civica a un confronto con noi allora ci sarà una discussione» – ma nel partito e fra gli alleati circolano in realtà molti pareri contrari.

Una fonte autorevole del PD lombardo dice che ci sono «zero» possibilità che il partito sostenga una candidatura di Moratti a presidente della regione.

Moratti era stata nominata assessora regionale alla Salute dopo una lunga carriera politica. Ha 72 anni ed è nata a Milano, dove ha vissuto e studiato fino all’università. Il suo cognome da nubile è Brichetto Arnaboldi – una nota famiglia nobile della Lombardia – ma da molti anni porta il cognome del marito, uno dei più famosi in città: suo cognato Massimo Moratti è stato a lungo proprietario dell’Inter. Gian Marco Moratti è stato imprenditore e presidente di un’importante società petrolifera italiana, la Saras. Gian Marco Moratti è poi morto nel 2018, a 81 anni.

Fra gli anni Novanta e Duemila Moratti è stata presidente della RAI, ministra dell’Istruzione nel secondo e nel terzo governo di Silvio Berlusconi, e infine sindaca di Milano dal 2006 al 2011. In tutti i suoi incarichi ha attirato lodi trasversali per la sua preparazione e competenza, ma anche diverse controversie: da una riforma dell’istruzione fra le più osteggiate nella storia italiana, a una gestione delle consulenze al Comune di Milano che le costò lunghe indagini e una condanna definitiva per illecito amministrativo, nel 2018.

Il nome di Moratti è anche legato alla controversa comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano, quella del documentario di Netflix Sanpa. Negli anni Moratti e suo marito Gian Marco hanno donato decine di milioni di euro per sostenerne le attività, diventandone i principali finanziatori: fino a pochi anni fa Moratti si presentava anche come “cofondatrice” della comunità, nota per i suoi metodi violenti e gli abusi nei confronti dei propri ospiti.

Moratti con Silvio Berlusconi nel 2011 (ANSA/MATTEO BAZZI)

Moratti negli ultimi anni si è spesso occupata di sanità: prima di diventare assessora in Lombardia era stata per anni consigliera di amministrazione di Bracco spa, multinazionale italiana del settore chimico e farmaceutico che gestisce anche una ventina di cliniche private a Milano e in altre città lombarde. Da assessora Moratti ha reso più efficiente la campagna vaccinale lombarda e avviato una complessa riforma sanitaria. I suoi effetti si potranno valutare efficacemente soltanto fra qualche anno, ma secondo l’opposizione in Regione non scardina lo squilibrio fra strutture pubbliche e private, considerate uno dei principali problemi della sanità in Lombardia.

– Leggi anche: Il ritorno di Letizia Moratti

Nel frattempo Moratti si è spesso comportata privatamente e pubblicamente come se fosse la naturale successora di Fontana, arrogandosi anche una certa autonomia politica: ancora pochi giorni fa si era opposta all’ipotesi, poi rientrata, che il governo centrale potesse rimuovere l’obbligo di indossare le mascherine negli ospedali e nelle RSA. E aveva criticato apertamente la decisione del governo di reintegrare i medici del settore pubblico che si erano rifiutati di vaccinarsi contro il coronavirus.

All’epoca della sua nomina era circolata la voce che per convincerla a impegnarsi politicamente in una giunta allora molto screditata per la gestione deficitaria della pandemia, la Lega le avesse promesso una candidatura a presidente alle successive elezioni regionali. Pochi mesi fa Moratti ha confermato questa voce, il segretario della Lega Matteo Salvini ha fatto finta di niente, Fontana ha risposto che la promessa fu fatta «non certo da me».

Dopo la notizia delle sue dimissioni Moratti è stata attaccata da molti dirigenti della coalizione di destra. Il coordinatore regionale della Lega, Fabrizio Cecchetti, ha diffuso un comunicato stampa in cui dice che «Letizia Moratti ha gettato la maschera e ha scelto di sganciarsi dalla giunta regionale di centrodestra per preparare la sua candidatura con la sinistra, in cerca di una poltrona cui ambiva da mesi».

In realtà i partiti che siedono all’opposizione di Fontana sono ancora piuttosto indecisi su come gestire una eventuale candidatura di Moratti. Repubblica scrive che Italia Viva e il suo leader Matteo Renzi la sosterrebbero piuttosto volentieri, mentre i loro alleati centristi di Azione sembrano più scettici. «Se il PD apre a un sostegno a Moratti lo valutiamo anche noi, altrimenti non ci interessa. O dietro a Moratti c’è una coalizione larga, che quindi diventa molto competitiva nei confronti di Fontana, o niente», ha detto una fonte di Azione al Corriere della Sera.

Il PD sembra diviso al suo interno fra chi intende almeno discutere con Moratti e chi invece non vuole nemmeno saperne, per via della storia e delle convinzioni politiche di Moratti, che sarebbe difficile non definire conservatrici.

Nella prima categoria oltre al segretario regionale Peluffo c’è anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che nel 2009 iniziò la sua carriera da manager della pubblica amministrazione accettando la nomina a direttore generale del Comune di Milano durante il mandato di Moratti. Rispondendo ad alcune domande su un eventuale sostegno del centrosinistra per Moratti, Sala ha detto che «non la vedo come un’operazione semplice», aggiungendo però: «dobbiamo sbrigarci a trovare un candidato».

Sala ha notoriamente un rapporto personale con Moratti, che conosce e stima da anni. Una dirigente del PD milanese ha spiegato che proprio per via di questo rapporto personale Sala esclude una sua candidatura a presidente della Regione col centrosinistra, di cui si vocifera da mesi, se come avversaria avesse Moratti, fra gli altri.

Altri nel PD sembrano assai meno possibilisti. L’ex sindaco Giuliano Pisapia, che sconfisse proprio Moratti alle elezioni comunali del 2011, ha detto di escludere «nella maniera più categorica» che Moratti possa diventare la candidata presidente del centrosinistra. Evidentemente però l’idea sta circolando, almeno nel PD. Giovedì mattina il parlamentare europeo del PD Pierfrancesco Majorino, che gode di un discreto seguito a Milano dentro e fuori dal partito, ha scritto su Facebook che «se prevalesse un’idea simile», cioè il sostegno del PD a una candidatura di Moratti, «dovremmo costruire una lista e una candidatura alternativa, costi quel che costi».

Ma le dimissioni di Moratti pongono un grosso problema anche per la coalizione di destra guidata da Meloni. Un sondaggio realizzato qualche giorno fa dall’istituto Winpoll stima che nel caso Moratti venisse candidata col centrosinistra, Fontana inizierebbe la campagna elettorale 12 punti in svantaggio. Anche una candidatura autonoma di Moratti, con una sua lista civica o il sostegno dei partiti centristi, farebbe verosimilmente più danni alla coalizione di destra che al centrosinistra.

Secondo le cronache politiche delle ultime settimane Meloni avrebbe cercato di risolvere questo problema offrendo un posto di governo a Fontana, che però avrebbe rifiutato, e altri incarichi di rilievo a Moratti. Non è chiaro cosa farà Meloni nel caso di una candidatura di Moratti: se confermerà Fontana oppure, imponendosi sulla Lega, sceglierà di trovare un altro candidato o un’altra candidata presidente.

In quel caso la Lega subirebbe un pesante danno di immagine: ma del resto alle elezioni politiche del 25 settembre in Lombardia aveva ottenuto meno della metà dei voti di Fratelli d’Italia, e difficilmente potrebbe opporsi a Meloni.