Nessuno vuole più Kanye West

Con i suoi commenti antisemiti il rapper ha spinto la maggior parte delle grandi aziende con cui collaborava a mollarlo, e ha perso un patrimonio

(AP Photo/Evan Vucci, File)
(AP Photo/Evan Vucci, File)

Dopo varie settimane di commenti antisemiti, molte aziende hanno interrotto le fruttuose collaborazioni che avevano da anni con il rapper e imprenditore statunitense Kanye West (che da tempo ha cambiato legalmente nome in Ye), intaccando seriamente le sue fonti di reddito. A inizio ottobre si stimava che il patrimonio del rapper fosse pari a circa 2 miliardi di dollari, ma una parte molto rilevante della somma – 1,5 miliardi – proveniva da Yeezy, il marchio di streetwear prodotto in collaborazione con Adidas, che martedì ha mollato ufficialmente West.

Soltanto un paio di settimane prima, parlando in un podcast, Ye si era vantato di «poter continuare a dire cazzate antisemite», sostenendo che Adidas non avrebbe mai interrotto la collaborazione, che secondo le stime fruttava all’azienda tedesca tra il 4 e l’8 per cento dei suoi ricavi. Nella stessa occasione, West aveva condiviso varie teorie complottiste antisemite e razziste, parlando di come «gli ebrei controllino i media», paragonando il lavoro che fa Planned Parenthood (un’organizzazione di cliniche non profit americane che fornisce molti servizi sanitari alle donne, tra cui le interruzioni di gravidanza) all’Olocausto e sostenendo che George Floyd non sia stato ucciso dalla polizia, nonostante i video che provano il contrario siano pubblici.

Nelle ultime settimane vari marchi hanno interrotto le proprie collaborazioni con West. La prima a farlo era stata Balenciaga, che aveva invitato Ye a partecipare alla sua sfilata per la Fashion Week di Parigi soltanto qualche settimana prima. Poi hanno cominciato ad arrivare altri annunci: un documentario sulla sua vita, che era quasi completato, è stato annullato; la Creative Artists Agency, che lo rappresentava dal 2012, l’ha mollato; Adidas ha rescisso l’accordo con Yeezy, i cui prodotti sono stati ritirati dagli scaffali di grossi negozi come Foot Locker, Gap e T. J. Maxx. Questo renderà molto difficile per West continuare a vendere i prodotti Yeezy senza Adidas. Gap gestiva anche una linea di abbigliamento in collaborazione con Yeezy, Yeezy Gap, e stava lavorando all’apertura di alcuni negozi dedicati, che però è stata cancellata.

Il boicottaggio non si è fermato ai rapporti professionali: la squadra di basket della scuola privata cristiana fondata da West solo qualche mese fa, Donda Academy, è stata cacciata dai tornei locali. Peloton, un’azienda di attrezzature per il fitness, ha detto ai suoi membri che smetterà di includere le canzoni di West all’interno delle proprie playlist per allenarsi. Il celebre museo delle cere di Londra, Madame Tussauds, ha rimosso la statua di West dalla mostra. E sembra anche che sul mercato secondario dei collezionisti la richiesta di scarpe e prodotti Yeezy sia crollata.

L’interruzione del rapporto con Adidas è particolarmente rilevante: l’azienda ha stimato che la fine di questa partnership le costerà 250 milioni di euro di utile netto quest’anno. Dall’inizio della collaborazione, nel 2015, la linea Yeezy aveva fruttato ad Adidas circa 2 miliardi all’anno. Ciononostante, la società tedesca ha detto di aver preso questa decisione perché «Adidas non tollera l’antisemitismo e qualsiasi altro tipo di incitamento all’odio. I recenti commenti e azioni di Ye sono stati inaccettabili, pieni di odio e pericolosi e violano i valori aziendali di diversità e inclusione, rispetto reciproco ed equità».

Commentando questa serie di annunci, Forbes ha scritto che «l’antisemitismo di Kanye West ha compromesso il suo patrimonio», ritenendo che la sola perdita della collaborazione con Adidas gli sia costata il titolo di miliardario. Secondo le stime di Forbes ora a West rimarrebbero 400 milioni di dollari, divisi in immobili, contanti, una partecipazione del 5% nell’azienda di abbigliamento dell’ex moglie Kim Kardashian e il suo catalogo musicale.

West è da tempo un personaggio molto controverso, sia per il suo comportamento erratico – che molti ricollegano a un disturbo bipolare della personalità di cui lui stesso ha parlato spesso – sia per il suo avvicinamento progressivo alla destra statunitense. West, che più o meno dieci anni fa era probabilmente il più importante e influente artista hip hop al mondo ed era una figura importante per la comunità afroamericana, da alcuni anni si professa infatti fan di Donald Trump e farcisce i suoi discorsi di punti di vista e bufale presi dalla piattaforma dell’alt right, l’estrema destra americana.

In particolare, ha dimostrato spesso di credere alle teorie del complotto sull’influenza sproporzionata che gli ebrei avrebbero su arte, cultura e finanza, arrivando ad accusare altri rapper afroamericani di essere controllati dagli ebrei. Di recente, un ex dipendente del sito scandalistico TMZ ha raccontato che un’intervista di West sarebbe stata tagliata perché, al suo interno, il rapper diceva di «amare Hitler e i nazisti». Lo scorso weekend un noto gruppo di neonazisti ha appeso un cartello che diceva «Suona il clacson se pensi che Kanye abbia ragione sugli ebrei» sopra il cavalcavia di un’autostrada a Los Angeles.

L’ultima serie di commenti antisemiti era cominciata a inizio ottobre, dopo che il rapper Puff Daddy aveva scritto a West per contestare la scelta di indossare una maglia con scritto “White Lives Matter” (uno slogan normalmente associato al suprematismo bianco) alla Fashion Week di Parigi. Molte celebrità, tra cui le attrici Reese Witherspoon e Jamie Lee Curtis e l’ex moglie di West, l’influencer Kim Kardashian, avevano criticato i suoi commenti, e in un pezzo d’opinione per il Financial Times un imprenditore molto noto nell’industria dell’intrattenimento, Ari Emanuel, aveva chiesto ai marchi che collaborano con Ye di interrompere i loro rapporti lavorativi.

«West non è una persona qualsiasi: è un’icona della cultura pop con milioni di fan in tutto il mondo», ha scritto Emanuel. «E tra loro ci sono giovani le cui opinioni si stanno ancora formando. Per questo è necessario che tutti noi alziamo la voce a riguardo. L’odio e l’antisemitismo non dovrebbero avere posto nella nostra società, non importa quanto denaro sia in gioco».