Vivremo tutti nelle città spugna

Limitare asfalto e cemento favorisce l'assorbimento dell'acqua, riducendo il rischio di alluvioni e di rimanere all'asciutto nei lunghi periodi di siccità

Caricamento player

Eventi atmosferici come prolungati periodi di siccità e alluvioni non condizionano solamente l’allevamento e la produzione agricola, ma hanno un forte impatto anche sulle città. A causa del cambiamento climatico, le tempeste sono diventate più frequenti e violente, al punto da causare in poche ore l’inondazione di ampie aree urbane, con ingenti danni, morti e dispersi. Coperte per lo più da asfalto e cemento, le città non riescono a smaltire velocemente l’acqua piovana durante i forti temporali e, se lo fanno, la disperdono velocemente senza conservarla per i periodi di siccità. Per questo da un po’ di tempo urbanisti, progettisti e architetti lavorano a un’idea diversa nella gestione degli spazi urbani per creare “città spugna”.

L’idea è in circolazione da una ventina di anni, ma tra addetti ai lavori e istituzioni se ne è tornato a parlare molto negli ultimi anni, proprio dopo avere riscontrato il peggioramento di temporali e periodi di siccità a varie latitudini, compresa la nostra. I primi studi sulle città spugna risalgono all’inizio degli anni Duemila, quando alcuni gruppi di ricerca cinesi iniziarono a interessarsi al problema delle alluvioni nelle aree urbane e all’inefficienza dei sistemi tradizionali per smaltire velocemente grandi quantità di acqua, come canali artificiali di scolo e potenziamento degli impianti fognari.

Le prime proposte non furono accolte con particolare interesse dal governo cinese, ma le cose cambiarono dopo l’estate del 2012, quando una grande alluvione nell’area di Pechino causò la morte di circa 80 persone. Considerato che era già stata condotta con successo qualche esperienza su piccola scala, le autorità cinesi accettarono di sviluppare il concetto delle città spugna e di trasformarlo in un approccio da seguire in tutto il paese. In un discorso tenuto a fine 2013, il presidente cinese Xi Jinping disse: «Costruiamo delle città spugna con capacità naturali di ritenzione, penetrazione e purificazione dell’acqua».

Nei mesi seguenti furono definite linee guida per la costruzione di città di questo tipo, con indicazioni sull’importanza di progettare e sviluppare spazi urbani adeguati per assorbire e trattenere l’acqua. Le regole erano state pensate per i grandi progetti legati alla rapida urbanizzazione della Cina, che in pochi decenni aveva portato alla nascita di città sempre più grandi e complesse da gestire. Tra il 2015 e il 2016 furono avviati i primi progetti pilota, con iniziative che furono poi estese a numerose città cinesi, comprese Pechino, Shanghai e Shenzhen. Sulla base di quelle e altre esperienze, alcuni paesi occidentali avrebbero iniziato a loro volta a sperimentare le città spugna.

Alla base del concetto di città spugna c’è la possibilità di rallentare il deflusso dell’acqua quando si verifica un forte temporale, costruendo spazi e adottando soluzioni architettoniche che permettano all’acqua di penetrare facilmente nel suolo, di finire nella falda acquifera o di essere raccolta in un secondo momento in serbatoi artificiali. È un approccio opposto a quello tradizionale che prevede invece di far scorrere via velocemente l’acqua piovana, raccogliendola eventualmente in bacini per un successivo impiego.

(CEWP)

Le tecniche impiegate sono quasi tutte derivate dall’osservazione di come funzionano solitamente le cose in natura, dove le piogge vengono assorbite dal suolo, che spesso ha anche una capacità filtrante per ripulire l’acqua. Invece di comportarsi come un impermeabile, la città deve essere quindi in grado di assorbire l’acqua piovana, riducendo il rischio di esondazioni e inondazioni.

I sistemi per trasformare la teoria in pratica sono numerosi e ormai ben sperimentati. Un primo approccio deriva dal rimuovere tutte le superfici che non assorbono la pioggia dai luoghi delle città dove non sono strettamente necessari. Cemento e asfalto sono ciò che più rende impermeabili le città e che dovrebbero essere quindi impiegati con maggior parsimonia, secondo i progettisti delle città spugna. Da semplici spazi di svago, le aree verdi devono essere ripensate per diventare il principale punto di accesso dell’acqua al sottosuolo.

I parchi cittadini svolgono già in parte questa funzione, assorbendo grandi quantità di acqua meglio di quanto riescano a fare i classici sistemi di scolo, ma la loro presenza nelle città è limitata così come quella di giardini e aiuole. Ciascuno di questi può però diventare una risorsa importante per assorbire la pioggia, di conseguenza nella progettazione degli ambienti cittadini (o nella loro riprogettazione) si dovrebbero immaginare aree verdi, anche piccole purché frequenti e con una buona capacità di assorbimento.

I cosiddetti “giardini di pioggia” assolvono a questa funzione. Vengono costruiti creando una lieve depressione nel terreno preparato per essere drenante, in modo che le acque superficiali si possano facilmente infiltrare. Il giardino viene poi assemblato scegliendo piante resistenti al clima locale, in modo che siano in grado sia di resistere a prolungati periodi di siccità sia di trattenere l’acqua nel caso di allagamenti. Naturalmente non tutti i terreni sono drenanti a sufficienza da consentire la costruzione di giardini di pioggia, ma in molti casi la costruzione di piccoli canali di scolo verso punti in cui il terreno è più adatto ad assorbire l’acqua consente di ridurre il problema.

Esempio di giardino di pioggia (Wikimedia)

Nelle aree molto trafficate, i giardini di pioggia possono inoltre contribuire a ridurre parte delle sostanze inquinanti sospese nell’aria. La presenza delle piante rende possibile anche un migliore filtraggio dell’acqua inquinata, che attraversando poi i vari strati di terreno continuerà a ripulirsi prima di raggiungere la falda. In questo modo l’acqua non viene dispersa velocemente e contribuisce a rigenerare una scorta importante da cui attingere nei periodi di siccità.

In California (Stati Uniti), dove le piogge sono sempre più rare specialmente nel periodo estivo, il problema della siccità era diventato sempre più difficile da gestire una decina di anni fa. I grandi temporali, che a volte causavano inondazioni in alcune aree della metropoli, erano viste come un rischio e non un’opportunità. Grandi canali di scolo venivano impiegati per deviare l’acqua dalle aree abitate, ma senza grandi possibilità di riutilizzo. Ora le cose hanno iniziato a funzionare diversamente, con la costruzione di un maggior numero di spazi verdi, che alimentano alcune cisterne sotterranee che la città può impiegare nei periodi di siccità. Sono stati inoltre ricavati grandi spazi dove far defluire l’acqua piovana in eccesso, che viene assorbita dal terreno andando a rifornire la falda.

Al di là delle aree verdi, importanti opportunità arrivano dalla ricerca e dallo sviluppo di nuovi materiali da costruzione. La città statunitense di Pittsburgh, in Pennsylvania, ha per esempio iniziato a utilizzare una pavimentazione costituita da blocchi di cemento intervallati da piccole fessure realizzate con una malta a base di ghiaia, che favorisce il passaggio dell’acqua. Il sistema è più pratico e veloce da installare rispetto ad altre pavimentazioni a blocchi, perché si possono impiegare pezzi prefabbricati di maggiori dimensioni. Può essere utilizzato per costruire marciapiedi, rampe e parcheggi per i veicoli, nei luoghi dove non è possibile aggiungere nuove aree verdi.

Il concetto di città spugna sta diventando più diffuso anche grazie a un maggiore interessamento da parte delle amministrazioni locali. In molti paesi sono previste regole per le aree intorno ai nuovi edifici, mentre per il già costruito sono previste imposte se questo rende necessari costi più alti per la gestione delle acque piovane da parte del pubblico. Il denaro ottenuto in questo modo viene poi reinvestito in iniziative per migliorare le infrastrutture per prevenire le inondazioni.

Nel 2017 alcune città europee e cinesi hanno avviato il progetto Grow Green, finanziato in buona parte dall’Unione europea, per sperimentare nuove soluzioni che consentano di avere più spazi verdi e al tempo stesso migliori risorse per ridurre i rischi derivanti dalle alluvioni. Una delle città del progetto è Manchester, nel Regno Unito (ora non più parte dell’UE), dove una prima iniziativa ha riguardato l’area di West Gorton Park, dimostrando come possa essere impiegata per assorbire velocemente grandi quantità di acqua, che vengono poi rilasciate lentamente verso la falda. La zona ha ricevuto diversi interventi per ridurre le superfici impermeabili, creare lievi depressioni in cui raccogliere l’acqua e numerosi giardini di pioggia.

West Gorton Park (Città di Manchester)

A Breslavia, in Polonia, nei cortili di numerosi condomini sono state costruite piccole depressioni e giardini della pioggia per ottenere i medesimi scopi, ricavando piccole aree verdi in cui l’acqua possa infiltrarsi facilmente. Nella città italiana di Modena il progetto Grow Green ha previsto invece l’analisi del sistema di canali di scolo intorno alla città, dalla quale partire per lo sviluppo di una strategia legata alla gestione del suolo che riduca il rischio di inondazioni.

Lo scorso giugno su Budapest, la capitale dell’Ungheria, sono cadute piogge molto intense che hanno causato un rapido allagamento dopo un protratto periodo di siccità. Non è la prima volta che succede in città, ma la frequenza di eventi così estremi è comunque aumentata nel corso degli ultimi anni e per questo l’amministrazione locale sta lavorando da tempo a un nuovo progetto, legato sempre al concetto di città spugna. In due quartieri è prevista la costruzione di due grandi cisterne per la raccolta dell’acqua, da utilizzare in un secondo momento per contrastare la siccità. Un altro progetto riguarda invece la costruzione di un nuovo parcheggio con una pavimentazione drenante, in modo da assorbire l’acqua piovana.

L’iniziativa, che si chiama “LIFE – Urban Rain”, è nata in seguito a una collaborazione con la città di Vienna, la capitale dell’Austria, dove è in fase di completamento un grande progetto abitativo nel quartiere di Seestadt Aspern, nella parte orientale della città. La zona è stata costruita mantenendo un grande parco con un lago e numerose aree verdi lungo i corsi e tra i nuovi isolati, anche in questo caso con il duplice obiettivo di offrire zone di svago a chi vive nella zona e sistemi per gestire l’acqua piovana e ridurre i rischi di allagamenti.

Berlino, la capitale della Germania, aveva avviato un piano spugna già nel 2016, dopo avere constatato un aumento delle alluvioni e in generale degli eventi atmosferici estremi. Come in altre città, il progetto comprende iniziative su piccola scala per incentivare i condomini a rendere più verdi i loro cortili, riducendo le pavimentazioni impermeabili, e su larga scala per sostituire asfalto e cemento dove possibile.

La Cina continua a essere uno dei punti di riferimento nelle tecniche e nelle pratiche da impiegare per le città spugna. Unione europea e governo cinese collaborano per esempio nell’ambito di “Water Platform”, un’organizzazione dedicata proprio alla ricerca e allo sviluppo di nuove soluzioni per una gestione più efficiente dell’acqua e per contrastarne lo spreco. La collaborazione riguarda anche l’identificazione dei sistemi più economici per trasformare le attuali città in città spugna. Gli investimenti sono solitamente contenuti, se confrontati con quelli dei sistemi tradizionali che prevedono la costruzione di grandi infrastrutture, e portano inoltre più velocemente a risultati tangibili.

La conversione di varie aree urbane italiane a città spugna potrebbe rivelarsi un’importante opportunità per rendere meno esposte a inondazioni, alluvioni e siccità numerose aree del paese. L’Italia ha però un territorio estremamente differenziato e non sempre le soluzioni più comuni per migliorare l’assorbimento dell’acqua possono essere ripetute ovunque, molto dipende dalle caratteristiche del suolo, dalla presenza di corsi d’acqua e di pendii.

Oltre all’esperienza di Modena, altre città in Italia si stanno comunque organizzando per attuare interventi in questo ambito. Il PNRR (Piano nazionale ripresa e resilienza) è diventato una fonte importante di risorse economiche per portare avanti progetti legati alle città spugna, come in generale per la costruzione e la realizzazione di nuove infrastrutture. Nel PNRR è per esempio stato inserito un intervento per la Città metropolitana di Milano, che comprende il capoluogo lombardo e altri 133 comuni per un totale di oltre 3 milioni di abitanti. L’obiettivo prevede 90 interventi in 32 comuni per deimpermeabilizzare alcune superfici, creare nuove zone alberate, bacini di detenzione dell’acqua, canali di drenaggio con vegetazione, sistemi di infiltrazione profonda dell’acqua e installazione di pavimentazioni drenanti per non ostacolare il passaggio dell’acqua piovana nel suolo.