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  • Martedì 18 ottobre 2022

Le differenze tra “Rings of Power” e i libri di Tolkien

Nella serie di Amazon gli sceneggiatori hanno dovuto fare modifiche e adattamenti più o meno coerenti, contrariando molti fan

di Viola Stefanello

(Amazon Prime Video)
(Amazon Prime Video)

La prima stagione dell’attesa nuova serie ambientata nel mondo del Signore degli Anelli, The Rings of Power, è appena finita e si è rivelata assai divisiva per gli amanti della saga fantasy scritta da J.R.R. Tolkien. Le critiche erano cominciate ancora prima che fosse pubblicata la prima puntata, quando alcuni gruppi di fan si erano lamentati del fatto che alcuni degli attori scelti per interpretare nuovi personaggi creati per la serie non fossero bianchi e che i personaggi femminili fossero troppo aggressivi, coordinandosi per lasciare delle recensioni particolarmente basse per la serie su piattaforme dedicate, come Rotten Tomatoes.

Ma a queste critiche, giudicate da molti razziste e sessiste, ne sono seguite altre che invece riguardano aspetti diversi: c’è stato chi non ha apprezzato particolarmente le doti recitative degli attori, o chi pensa che i dialoghi – inventati quasi nella loro interezza per la serie – fossero scritti male. Gran parte delle discussioni che continueranno a svilupparsi tra i fan della serie fino all’uscita della seconda stagione, prevista per l’autunno del 2024, riguardano però il rapporto tra la storia raccontata dagli autori di The Rings of Power, J. D. Payne e Patrick McKay, e quella originale di Tolkien.

Gli unici romanzi su Arda, il mondo fantastico che contiene la Terra di Mezzo e Aman (il continente su cui si trova Valinor, il paradiso terrestre degli elfi) che J.R.R. Tolkien ha completato e pubblicato mentre era in vita sono Lo Hobbit e i tre libri che compongono la trilogia del Signore degli Anelli, da cui sono state tratte le due serie di film di Peter Jackson. Esistono poi ben 35 pubblicazioni postume che sono state curate dal figlio di Tolkien, Christopher, dopo la sua morte. È all’interno di alcune di queste opere postume, come Il Silmarillion e i Racconti incompiuti, che si trova la maggior parte delle informazioni riguardante la storia di Arda prima degli eventi della Terza Era, ovvero quella in cui avvengono le vicende raccontate nello Hobbit e nel Signore degli Anelli.

Nel 2017 Amazon Prime aveva firmato un accordo molto complesso per produrre The Rings of Power, ottenendo i diritti del Signore degli Anelli e dello Hobbit, condivisi dagli eredi di Tolkien, la casa editrice HarperCollins e New Line Cinema. L’intenzione era quella di raccontare la Seconda Era della Terra di Mezzo, un periodo di 3441 anni durante il quale succedono moltissime cose: la nascita e la caduta dell’isola di Númenor, l’ascesa di Sauron (il principale antagonista della storia), la creazione degli Anelli del Potere e le successive guerre, che terminano con un’ultima alleanza tra uomini ed elfi e la sconfitta di Sauron per mano di Isildur, figlio di Elendil.

Se la maggior parte degli eventi della Seconda Era sono raccontati nelle lunghe appendici al Signore degli Anelli, e possono quindi essere usati facilmente nella sceneggiatura di The Rings of Power, molti dettagli sono presenti però soltanto nel Silmarillion o nei Racconti incompiuti, di cui Christopher Tolkien si è sempre rifiutato, mentre era in vita, di vendere i diritti.

[Da qui in poi l’articolo contiene spoiler per chi non è in pari con la serie]

I limiti delle Appendici
Già nella prima stagione, potendosi basare soltanto sul Signore degli Anelli e le sue appendici, gli sceneggiatori hanno dovuto rimaneggiare pesantemente la storia, optando per delle soluzioni che hanno stupito chi conosce meglio il lavoro di Tolkien.

Uno dei casi più evidenti è lo stravolgimento della cronologia della forgiatura degli anelli, fondamentale per la storia della Seconda Era. Nei libri, Sauron passa molto tempo tra gli elfi fingendo di essere un bellissimo e affascinante elfo di nome Annatar, “il Signore dei doni”. Questa sua identità fittizia è centrale per la storia, perché gli permette di convincere nel tempo, attraverso una sapiente opera di inganno, i fabbri del regno elfico di Eregion, capitanati da Celebrimbor, a forgiare i primi sedici Anelli del Potere, destinati a nani e uomini.

In un secondo momento, Sauron forgia l’Unico Anello – che gli permette di controllare chi indossa gli altri anelli, assoggettandoli al suo potere – presso il Monte Fato, e Celebrimbor decide di forgiare tre anelli per gli elfi senza la supervisione di Sauron. In questo modo, i tre anelli degli elfi non sono soggetti al potere dell’Unico Anello quanto quelli destinati agli uomini e ai nani.

Nella serie, questa storia è stravolta: per tutta la prima stagione, Sauron si finge Halbrand, un re delle terre del Sud caduto in disgrazia, e si avvicina a Galadriel che nel frattempo è alla ricerca dello stesso Sauron da secoli, determinata a ucciderlo per vendicarsi della morte del fratello. Nel finale di stagione, Galadriel lo porta ad Eregion per curare una sua ferita, e Halbrand insegna a Celebrimbor a forgiare degli anelli per concentrare il potere del poco mithril in possesso degli elfi, prima che Galadriel riesca a scoprire che Halbrand è, in realtà, Sauron. Questo cambia pesantemente la cronologia, dato che porta Celebrimbor a forgiare i tre anelli degli elfi prima di tutti gli altri, seguendo i consigli di Halbrand, che però anche nella serie non è presente alla forgiatura.

– Leggi anche: Perché Tolkien piace tanto all’estrema destra

Questo cambiamento rispetto ai testi di Tolkien ha confuso molto i fan che conoscevano già i testi. Intervistato da Vulture, il creatore della serie Patrick McKay ha spiegato la decisione dicendo che «l’inganno è una parte importante di questo viaggio, e volevamo preservare quell’esperienza anche per i lettori dei libri». La domanda, però, è in quali circostanze verranno forgiati gli altri anelli – quelli destinati a uomini e nani – nella serie, dato che è improbabile che Sauron possa tornare ad Eregion senza dare nell’occhio ora che Galadriel l’ha riconosciuto.

Su Den of Geek, testata online specializzata in serie tv, la critica Juliette Harrisson ha spiegato però che la decisione è stata presa con ogni probabilità per aggirare il fatto che la storia di Annatar non è presente nelle Appendici:

Durante la prima stagione di The Rings of Power, abbiamo visto apparire piccoli accenni al Silmarillion e ai Racconti incompiuti: i Silmaril, le potenti gemme create dall’elfo Fëanor, sono stati menzionati brevemente, e il re númenoreano che trascorre tutto il suo tempo in una torre è un dettaglio da Racconti incompiuti. Ma non vedremo adattamenti prolungati di nessuna trama di questi altri lavori, perché Amazon non ne ha i diritti. E potrebbe essere che questo sia il motivo per cui la serie ha creato il nuovo alias di Halbrand per Sauron, piuttosto che usare il nome Annatar o farlo apparire come un bellissimo elfo – perché non hanno i diritti su quel materiale. Il nome “Annatar” non compare nel Signore degli Anelli, ma nel Silmarillion. Fondamentalmente, se non è menzionato nel Signore degli Anelli, Amazon non può usarlo.

Quattromila anni in una sola storia
La maggior parte degli stravolgimenti riconosciuti dai fan dei libri, però, è la conseguenza diretta di una scelta di fatto obbligata da parte degli sceneggiatori. In un’intervista a Vanity Fair pubblicata mesi prima dell’uscita delle serie, Payne e McKay avevano detto che il Tolkien Estate (l’ente giuridico che gestisce i beni dello scrittore) aveva autorizzato la compressione di una storia che dovrebbe durare migliaia di anni in un periodo molto più breve. Ed è quello che gli sceneggiatori hanno fatto.

«Se fossimo stati molto fedeli al testo, avremmo raccontato una storia in cui i personaggi umani muoiono a ogni stagione per via di salti temporali lunghi 200 anni, e non avremmo incontrato davvero personaggi grandi e importanti fino alla quarta stagione», hanno detto. «Potrebbero esserci dei fan che vogliono che facciamo un documentario sulla Terra di Mezzo, ma noi racconteremo invece una storia che unisce tutte queste cose». Così si spiega la presenza, già nella prima stagione, di personaggi come Elendil e Isildur, che secondo la linea temporale del canone di Tolkien nascono invece molto dopo la forgiatura degli anelli, per esempio.

La priorità attribuita all’aspetto dell’intrattenimento rispetto a quello della fedeltà agli scritti di Tolkien si riflette anche in molti altri dettagli che i creatori di The Rings of Power hanno introdotto nella prima stagione. «Quando stavamo pensando a ciò che definisce una classica epopea tolkieniana, c’erano alcuni ingredienti che dovevano necessariamente farne parte: elfi, nani, mezzi uomini», hanno detto gli sviluppatori a Vulture. «Una delle cose specifiche che raccontano i libri è che gli hobbit non hanno mai fatto nulla di degno di nota prima della Terza Era. Ma sarebbe davvero stata la Terra di Mezzo se non ci avessimo messo qualcosa di simile agli hobbit?».

Un ragionamento simile è stato fatto anche per giustificare la presenza di uno stregone – che probabilmente nelle prossime stagioni sarà rivelato essere Gandalf, o uno degli Stregoni Blu – nella storia, nonostante il canone tolkieniano non li introduca come personaggi fino all’Era seguente. «Era difficile per noi pensare a un racconto della Terra di Mezzo che non avesse anche un mago. E abbiamo anche trovato indizi nel testo che, anche se i maghi giocano il loro ruolo più importante nella Terza Era, alcuni stregoni vagavano nella Terra di Mezzo anche prima», ha detto Payne. Altrettanto probabile è il fatto che i creatori della serie abbiano deciso di inserire molto prima del tempo un Balrog, potente servitore di Morgoth, nella storia.

Riempire gli spazi lasciati vuoti da Tolkien
Il fatto che tra le Ere raccontate in tutte le opere di Tolkien la Seconda sia quella su cui abbiamo meno dettagli ha permesso poi agli autori della serie di inserire molti elementi di propria invenzione, per rispondere a domande a cui Tolkien non aveva mai dato una risposta.

È particolarmente evidente nella parte della serie ambientata nelle Terre del Sud, che diventeranno poi Mordor: come scrive Russell Holly su CNET, «la cittadina di Tirharad non esiste in Tolkien, ma lo stesso si può dire di qualsiasi cosa si trovi in quest’area che diventerà poi Mordor. Sappiamo che c’erano uomini che vivevano in quelle che allora erano chiamate Terre del Sud, perché Tolkien scrisse di come il ragno Shelob cacciasse uomini ed elfi nella regione prima che Sauron rivendicasse quella terra chiamandola Mordor».

Altrettanto plausibile è l’eruzione del monte Amon Amarth, poi chiamato Monte Fato: «Tolkien scrisse solo che Amon Amarth eruttò una volta verso la fine della Seconda Era, come segnale a Gondor che un esercito si stava dirigendo verso il regno. Ma è chiaro dalla descrizione della montagna stessa che le eruzioni erano piuttosto comuni quando questa zona divenne Mordor», scrive Holly.

Anche il personaggio dell’elfa Galadriel, interpretata da Cate Blanchett nella prima trilogia di Peter Jackson, viene ampliato moltissimo rispetto ai testi di Tolkien, che danno poche informazioni sui suoi movimenti durante la Seconda Era.

Secondo Anna Smol, esperta di Tolkien che insegna Letteratura Inglese alla Mount Saint Vincent University di Halifax, in Canada, il personaggio di Galadriel nella serie differisce dalla sua caratterizzazione nei libri molto meno di quanto pensino i fan. «Nel Signore degli Anelli vediamo una Galadriel più anziana, che viene descritta come “pericolosa” e che, anche se rifiuta l’Anello, deve superare il suo desiderio di potere. In altri testi, Tolkien suggerisce com’era la giovane Galadriel. Nel Silmarillion, ad esempio, afferma che lei “desiderava governare un regno nella Terra di Mezzo”. Tolkien dice che “era forte nel corpo, nella mente e nella volontà” ma anche “orgogliosa, forte, ostinata”. In un’altra versione Tolkien dice che “lei e Celeborn combatterono eroicamente in difesa di Alqualondë”. Tutti questi tratti supportano l’immagine di una combattente ambiziosa e capace, come quella che vediamo in Rings of Power», spiega Smol. «Credo che molte persone abbiano un problema con il suo personaggio perché si aspettavano di vedere la serena e magica Signora degli Elfi di Lothlorien che ricordavano dai film di Peter Jackson».

Ci sono però alcune variazioni che, almeno in base alle informazioni in possesso alla fine della prima stagione, è difficile spiegarsi. Una è l’importanza fondamentale che Rings of Power attribuisce al mithril, che nei libri è menzionato soprattutto come materiale molto resistente e di particolare valore, ma che nella serie viene descritto come l’unico modo per assicurare la sopravvivenza degli elfi nella Terra di Mezzo.

L’altra è la grande discussione sulla natura degli orchi, scaturita dall’invenzione del personaggio di Adar, elfo corrotto che si attribuisce la paternità degli orchi come specie. Tolkien stesso non ha dato un giudizio definitivo sugli orchi nei propri scritti. In un articolo su Polygon, Leon Miller scrive:

«È fantastico che Payne e McKay siano disposti a ripensare agli orchi, soprattutto perché l’idea di una specie che ha essenzialmente un DNA malvagio è sempre stata una questione difficile da districare, anche per lo stesso Tolkien. Ma la malvagità intrinseca e irreversibile degli orchi – e, cosa più importante, l’assoluzione morale che ciò conferisce a chiunque sia coinvolto nel business dell’uccisione di orchi – è tanto un elemento fondamentale di questo mondo quanto le sue basi filosofiche più intellettuali, come la speranza di fronte a una morte certa.

Gli orchi sono per Il Signore degli Anelli ciò che gli Stormtrooper sono per Star Wars, o i nazisti sono per Indiana Jones: rappresentazioni da cartone animato del puro male la cui morte non dovrebbe far perdere il sonno a nessuno. Divergere ulteriormente da questa rappresentazione degli orchi non solo crea un precedente traballante per The Rings of Power in futuro, aggiungendo uno spiacevole sottotesto a ogni scena d’azione incentrata sugli orchi. Ha implicazioni piuttosto importanti anche per Il Signore degli Anelli stesso»

«Il desiderio di Galadriel di uccidere tutti gli orchi complica sicuramente la nostra comprensione degli elfi», commenta Smol. «Forse alcuni spettatori sono influenzati dall’immagine di elfi completamente buoni nel Signore degli Anelli, ma lo stesso Tolkien mostra in altri testi come Il Silmarillion che gli elfi hanno una storia complicata di azioni buone e cattive».