Una canzone dei Mogwai

E un'anomala introduzione per questa newsletter

(Jason Kempin/Getty Images)
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Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
C’è una nuova canzone di Anna B Savage, che qui ci piacque per via di questa .
Purtroppo dopodomani vengo via da Londra, perché mi avrebbe divertito andare alla Royal Albert Hall a sentire Nick Heyward che rievoca il disco pettinatino come lui di canzonette pop che fece con gli Haircut 100 nel 1982, e magari anche il primo che fece da solo che allora mi piacque ancora di più ( questa, tipo).

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Mogwai

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Uno dei dibattiti più importanti delle nostre epoche di progresso civile – quelle in cui abbiamo stabilito dei principi di uguaglianza e convivenza almeno sulla carta condivisi – è come comportarsi di fronte alla violazione di quei principi. L’idea a monte, sulla carta, è che ci siamo messi d’accordo che non debbano essere violati: per quello li definiamo condivisi. E abbiamo previsto un lavoro di “educazione” che coinvolga tutti nel fare proprie le buone ragioni di quelle regole. Ma poi succede che qualcuno le violi lo stesso: però sono tutto sommato rare minoranze, e abbiamo costruito allora un sistema di vigilanza e di repressione, che sempre sulla carta dovrebbe essere una limitata necessità di fronte al fallimento dell’educazione suddetta. La polizia, e il sistema penale, insomma: che sono una prima limitata presa d’atto che ci possano essere delle emergenze, che qualcuno non si comporti come abbiamo insieme convenuto per il bene di tutto. Emergenze gestite a loro volta dentro un sistema di regole: straordinario che includiamo nell’ordinario, una sorta di legittima difesa.

Poi però capita che quelle violazioni delle regole prendano delle dimensioni che sfuggono alla capacità di gestione e di repressione ordinaria: la mafia è un esempio enorme, un’emergenza su cui le regole abituali continuano a perdere, e perdono anche certe regole “emergenziali” che abbiamo introdotto, e che secondo molti diventano a loro volta una violazione dei principi condivisi (il 41 bis, per esempio). Ma successe anche con le indagini contro la corruzione politica e gli abusi allora della carcerazione preventiva, che furono difesi sostenendo che “otteneva dei risultati”. O con le guerre difensive, che sospendono il diritto e le regole per proteggere le comunità da un attacco inaccettabile.

Ecco, un dibattito dentro questo grande tema è assai vivace in questi ultimi anni rispetto agli attacchi alle democrazie occidentali dall’interno, che si tratti di teppisti trumpiani che assaltano il parlamento o fascisti italiani che assaltano la sede della CGIL, o politici che predicano sovversioni dei diritti e limitazioni ai meccanismi democratici. E persino nei giornali americani – quelli famosi per la loro obiettiva indipendenza – si discute se di fronte a questi attacchi non si debba diventare più attivisti, se la terzietà non sia una pavida resa che porterà delle responsabilità quando le cose si metterano peggio.

Se siete arrivati fin qui in questa anomala introduzione alla canzone di stasera, concluderò dicendo che io resto scettico sulle predicazioni à la guerre comme à la guerre , e sul fine che giustifica i mezzi: da un sacco di tempo . E penso che a sporcarsi le mani si diventa sporchi come quelli di cui si vuole fare pulizia, e che ogni deroga autoindulgente alle regole indebolisce le regole e la credibilità di chi sostiene che vadano rispettate. Poi niente è assoluto e – appunto – accettiamo per esempio la legittima difesa: ma bisogna stare attenti a cosa chiamiamo difesa. Noi siamo i buoni, cerchiamo di dimostrarlo .

E insomma, two wrongs don’t make a right , come nel modo di dire in inglese ribaltato da questa bella canzone strumentale dei Mogwai, band scozzese (di Glasgow! Ancora!) di post-rock: ovvero quel misto di rock tradizionale e inventiva strumentale che fu una delle ultime cose nuove del rock, negli anni Novanta (ma sono tornati primi in classifica nel Regno Unito con un disco nuovo l’anno scorso). Quasi dieci minuti da un disco del 2001, ma da serata di malinconia autunnale del 2022.

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