Perché si vedono così pochi manifesti elettorali

Gli spazi allestiti dai comuni sono ancora molto vuoti: per ritardi, perché mancano le risorse e perché li guardiamo sempre meno

Uno degli spazi per i manifesti elettorali a Milano (Il Post)
Uno degli spazi per i manifesti elettorali a Milano (Il Post)
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Da ormai qualche settimana in tutti i comuni italiani con almeno 150 abitanti sono comparsi, in zone definite dalle amministrazioni, i pannelli mobili destinati a ospitare i manifesti elettorali di partiti e candidati alle elezioni politiche. Installarli è un obbligo di legge, e gli spazi per le “affissioni di propaganda elettorale” sono concessi gratuitamente alle liste elettorali, senza bisogno che ne facciano espressa richiesta, e riproponendo nei pannelli l’ordine in cui le liste si presentano sulle schede, o sorteggiandolo.

A meno di due settimane dal voto però in molte città e comuni più piccoli gli spazi destinati ai manifesti elettorali risultano ancora vuoti o occupati in piccola parte. Quello che potrebbe sembrare un segnale di una diminuita importanza attribuita dai partiti politici a questo genere di pubblicità in realtà ha anche altre spiegazioni. Ciononostante, soprattutto nelle amministrazioni dei comuni più piccoli, dove l’installazione comporta uno sforzo organizzativo non indifferente, ci si è interrogati se la legge che prevede obbligo, numero e dimensioni degli spazi non sia da considerarsi superata, in tempi di campagne elettorali condotte in larga parte sui social network.

Sicuramente le affissioni elettorali non sono più ambite come in passato, ma il grande numero di tabelloni al momento vuoti ha spiegazioni che coinvolgono i tempi concitati di questa campagna elettorale, le risorse a disposizione dei partiti e il funzionamento di questa legge elettorale, oltre che l’evoluzione della comunicazione politica. In questi ultimi giorni prima del voto, poi, i pannelli ora vuoti tenderanno a riempirsi: nonostante non sia più in cima alle priorità delle forze politiche, nessun partito ha deciso di rinunciarci del tutto.

La legge che regola la propaganda elettorale, del 1954 e modificata nel 1975, prevede che i comuni assegnino gli spazi a liste e candidati fra il 33° e il 31° giorno precedente alle consultazioni elettorali. Gli spazi, che vengono numerati e divisi, sono riservati ai partiti, ai candidati alla Camera, a quelli al Senato e, nel caso di contemporanee elezioni amministrative, anche a quelli locali. Fino al 2013 una quota era garantita ai cosiddetti “fiancheggiatori”, enti o privati che volevano sostenere questo o quel partito, questo o quel candidato: dovevano fare domanda entro 34 giorni dalle elezioni. Un tempo l’escamotage dei fiancheggiatori veniva usato da partiti e candidati per aumentare gli spazi a disposizione: il privato che facendo domanda li otteneva (il criterio era spesso quello del “primo arrivato”, purché congruo) poi li cedeva a un candidato o a una forza politica. Gli spazi di propaganda destinati ai fiancheggiatori sono stati aboliti dalla legge di stabilità 2014, quando Enrico Letta era presidente del Consiglio.

La legge definisce le dimensioni degli spazi da allestire, che variano in base alla popolazione dei comuni, e soprattutto il numero: da 1 a 3 per comuni o frazioni fra i 150 e i 3.000 abitanti, da 500 a 1.000 per città sopra il milione di abitanti, più tutta una serie di livelli intermedi. Ognuno di questi elementi deve prevedere spazi sufficienti per tutte le liste e per i candidati alle due camere: servono, con una certa approssimazione, una cinquantina di riquadri alti 1 metro e larghi 70 centimetri.

In questa campagna elettorale dai tempi compressi anche l’assegnazione degli spazi, che a sua volta deve attendere l’ammissione definitiva delle liste, è arrivata in ritardo in molti comuni, ben oltre il 30° giorno.

Un problema che però hanno risolto ovunque (o quasi) ormai la scorsa settimana: le assenze o i ritardi ora dipendono unicamente dai partiti. Sui cartelloni i primi a comparire sono stati quelli degli slogan di campagna, che riproducevano spesso la cartellonistica presente su bus e mezzi mobili: negli spazi fissi è vietata nell’ultimo mese prima delle elezioni, sui mezzi in movimento invece è possibile.

Pubblicità elettorali sui bus: sono legali sui mezzi in movimento. (Photo Matteo Secci/LaPresse)

Tutte le forze politiche sentite dal Post hanno confermato che le affissioni sono in programma e, quando non siano già presenti, sono in via di collocazione. Normalmente il coordinamento nazionale invia alle sedi provinciali i manifesti, che poi vengono affissi per lo più da militanti. Negli anni il numero di volontari si è molto ridotto, per cui l’operazione procede più a rilento.

Anche i fondi a disposizione per la campagna sono minori che in passato e quelli destinati alla stampa dei manifesti sono inferiori rispetto ad altre forme di comunicazione. Se in passato i pannelli venivano riempiti con largo anticipo e poi “ripassati” in seguito per sostituire i manifesti rovinati o distrutti, ora talvolta si preferisce concentrarsi solo sugli ultimi giorni, per arrivare in prossimità del voto con più affissioni in buono stato possibili. La quota di quelli staccati o danneggiati è alta: il PD milanese per questo motivo ha definito quattro tornate di affissioni.

Molti spazi sono poi destinati ai candidati locali, per ogni singolo collegio: le forze politiche li lasciano per lo più in gestione alle sedi provinciali o a carico del candidato stesso. Il Movimento 5 Stelle procederà ad affiggere anche quelli dei candidati, Unione Popolare tranne eccezioni si limiterà ai manifesti di partito. Azione e Italia Viva lasciano l’iniziativa ai singoli candidati dei collegi uninominali e come loro anche altre forze politiche.

Pannelli pieni per le elezioni amministrative del 2016 a Milano (ANSA/MOURAD BALTI TOUATI)

Con questa legge elettorale, che non prevede preferenze e che ha molti collegi definiti “blindati”, dal verdetto difficilmente ribaltabile, e in questa specifica campagna elettorale, dai tempi ridotti e con volontari assai impegnati, molti candidati sembrano aver rinunciato alle affissioni personali. L’efficacia delle stesse è peraltro considerata sempre minore, anche se questo mezzo di comunicazione politica non può dirsi totalmente superato: nel caso delle elezioni amministrative, con candidati molto più legati al territorio e a specifici collegi, gli spazi sui pannelli erano occupati quasi interamente.

La necessità di garantire uguale visibilità a tutte le liste e tutti i candidati rende complesso modulare gli spazi e renderli più vicini all’effettiva richiesta, anche se negli ultimi tempi sono spesso risultati sovradimensionati.

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