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  • Martedì 13 settembre 2022

Perché in California ci sono così tante persone senzatetto

La ragione non è il clima mite, come vuole il luogo comune, racconta Francesco Costa nel suo nuovo libro dedicato all’anomala crisi del più iconico stato americano

Tende di persone senza dimora in mezzo alle strade di Los Angeles, il 21 maggio 2020 (AP Photo/Mark J. Terrill, File, La Presse)
Tende di persone senza dimora in mezzo alle strade di Los Angeles, il 21 maggio 2020 (AP Photo/Mark J. Terrill, File, La Presse)

È uscito nelle librerie California, il nuovo libro del vicedirettore del Post Francesco Costa, pubblicato da Mondadori. Come suggerisce il titolo, parla dello stato americano a cui sono legati alcuni dei più comuni preconcetti sugli Stati Uniti, e di tutti i motivi per cui è tutto fuorché un posto idilliaco nonostante ciò che se ne pensa nell’immaginario collettivo (il sottotitolo è La fine del sogno).

Pubblichiamo un estratto del secondo capitolo, che è dedicato a uno dei più notevoli paradossi della California: nonostante la sua ricchezza e l’orientamento politico progressista della sua popolazione e dei suoi governi, non riesce a impedire che moltissime persone, più che in ogni altro stato americano, siano senza casa e vivano per strada.

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Il Long Beach City College, un’università pubblica californiana che si trova nella contea di Los Angeles, alla fine del 2021 ha deciso di destinare un parcheggio ai suoi studenti senzatetto, per permettere loro di dormire in auto in un posto sicuro e avere accesso a bagni puliti, energia elettrica e un wifi. Secondo Safe Parking LA, un’organizzazione non profit che ha collaborato alla creazione del programma, a Los Angeles oltre 15.000 persone dormono ogni notte dentro la propria macchina. Ma c’è di più: tante persone senzatetto in California hanno un lavoro a tempo pieno. Il motivo per cui non hanno una casa riguarda un fallimento della società, piuttosto che uno individuale: costa troppo, a volte anche per chi lavora. […]

La California conta il 12 per cento della popolazione degli Stati Uniti, ma un quarto delle persone senzatetto del paese: secondo le stime al ribasso più diffuse, sono almeno 160.000. E in California vivono per strada molto più di quanto accada altrove: mentre il 72 per cento dei senzatetto nello Stato di New York trascorre le notti in un ricovero, la stessa percentuale si abbassa al 5 per cento se si prende in considerazione la città di Los Angeles. Il numero di persone che dormono per strada a San Francisco è il triplo di quello di New York, una città che è cinque volte più grande e ha dieci volte il numero di abitanti di San Francisco.

Invece di costruire una fitta rete di centri di assistenza e ricoveri notturni appoggiandosi anche al lavoro di organizzazioni non profit, come ha fatto lo Stato di New York, le città californiane hanno adottato una politica molto diversa: tollerare la presenza delle persone senzatetto sui marciapiedi – a San Francisco e a Los Angeles è quasi impossibile non trovarne nel proprio raggio visivo: sempre, ovunque – ma spingerne progressivamente la gran parte in alcune specifiche zone, nel vano tentativo di allontanare la miseria delle loro vite dagli occhi dei residenti. In generale dovunque ci sia un ponte sotto il quale ripararsi. Nei pressi delle stazioni e dell’oceano. E poi dentro interi quartieri, anche piuttosto centrali, trasformati in baraccopoli: il Tenderloin a San Francisco, per esempio, oppure Skid Row a Los Angeles. L’East Village a San Diego, all’altezza della Diciassettesima, o Southside Park a Sacramento. Ogni tanto un turista sbaglia strada e ci finisce in mezzo, atterrito; le persone del posto, invece, sanno starne alla larga. Strade su strade piene di tende e accampamenti, bottiglie vuote e siringhe, pervase da un odore rivoltante e popolate da persone che nessuno considera più esseri umani come gli altri. Che camminano come zombie, urlano, piangono, vomitano, dormono, litigano, bevono, si drogano, usano ogni marciapiede come un bagno, si ammazzano, muoiono di overdose: e che fanno tutto questo per le strade della città, mentre altrove la vita prosegue come sempre. […]

Se è vero infatti che molte persone finiscono per strada per ragioni economiche, è altrettanto vero che vivere per strada impiega poco tempo a produrre tutto un altro ricchissimo catalogo di problemi: nessuna persona può attraversare una simile esperienza e restare normale. Il desiderio di sopravvivere o quello di morire diventano l’unica forza motrice. Il senso di fallimento è insopportabile. Aumentano le possibilità di smettere di pensare a se stesso come a un essere umano: d’altra parte il resto del mondo non ti considera più tale, finge di non ascoltarti quando gli parli, ti scavalca sul marciapiede, ti scansa se ti incrocia, quando non attenta direttamente alla tua vita o cerca di rendertela impossibile (le norme locali per cacciare i senzatetto raggiungono livelli cervellotici di intolleranza e criminalizzazione, che arrivano fino alle decisioni – spesso adottate contemporaneamente – di eliminare ogni bagno pubblico, aumentare le pene contro chi fa la pipì per strada e stabilire che le persone multate non possano accedere alle case popolari).

Ma potremmo dire che sia una questione di sopravvivenza anche per il resto del mondo, che ha bisogno di osservare le persone senzatetto come se non fossero esseri umani pur di convincersi che a me questa cosa non potrebbe accadere, e proteggersi dunque dalla più frastornante delle rivelazioni: che non è vero. Negli Stati Uniti un banale licenziamento, magari avvenuto per ragioni indipendenti dalle proprie responsabilità, può essere sufficiente per perdere la casa. Oppure un caso di violenza domestica, con la necessità di scappare a qualsiasi costo dagli abusi del partner. Oppure una depressione. Oppure la decisione della propria famiglia di tagliare i ponti, magari per via delle proprie scelte o del proprio orientamento sessuale. Oppure una malattia che prosciuga ogni risparmio. Oppure un divorzio. Oppure una dipendenza da alcol o droghe. Oppure un debito non pagato che è diventato una condizione di inaffidabilità creditizia. Oppure un periodo trascorso in carcere. Oppure un avviso che informa con gelida cortesia dell’aumento del proprio affitto. […]

È già di per sé degno di nota che tutto questo accada nella nazione più sviluppata al mondo. Ma c’è molto di più: accade in California, uno degli Stati più ricchi di questa nazione, che è anche incidentalmente uno degli Stati più di sinistra, dove il Partito democratico governa a ogni livello senza subire il minimo disturbo dal Partito repubblicano, e dove il risultato di ogni elezione è scontato prima ancora che vengano aperti i seggi. Dove non esistono incentivi che spingano i politici progressisti a cercare compromessi o inseguire la destra, dove dirsi socialisti è più comune che altrove e il dovere di prendersi cura delle persone più deboli viene proclamato con la maggior radicalità. E ancora: dove non mancano certamente le risorse economiche, tanto che si spende in servizi sociali e misure di welfare più che in ogni altro Stato americano. Il budget che le città di San Francisco e Los Angeles destinano ogni anno al problema dei senzatetto sfiora il miliardo di dollari, e nessuno nel paese spende quanto la California nei servizi legati alla salute mentale. Eppure dal 2010 al 2021 il numero delle persone senzatetto in California, già altissimo, è cresciuto di un altro 31 per cento, mentre nello stesso periodo diminuiva del 18 per cento nel resto degli Stati Uniti. […]

Com’è possibile? Una parte della risposta ha a che fare con il modo in cui l’elettorato californiano sappia farsi bastare la retorica intransigente sull’impegno per le persone più deboli e valuti invece con molta più indulgenza i deludenti risultati di quell’impegno: per quanto gli elettori possano dirsi frustrati dal fallimento delle istituzioni, la storia elettorale della California mostra come questa delusione negli ultimi decenni non abbia mai rappresentato una motivazione abbastanza forte per cambiare rotta. Ogni piano fallimentare introdotto e tentato dalle istituzioni viene presentato e difeso come «la volta buona che risolviamo questo problema»; e quando ci si trova a chiedere conto di questi fallimenti, è facile sentirsi rispondere che «è vero, ma ora abbiamo un nuovo piano e sicuramente sarà la volta buona che risolviamo questo problema».

E c’è anche molto altro: il risultato di scelte politiche deliberate adottate dalla California.

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