Serve una data di scadenza per gli smartphone?

Indicare il loro periodo di vita stimato aiuterebbe a fare acquisti più informati, soprattutto per i prodotti le cui batterie non possono essere sostituite

(Getty Images)
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Molti prodotti elettronici come smartphone, smartwatch, auricolari senza fili e tablet sono destinati ad avere vita breve, non tanto per gli aggiornamenti del software che possono rallentarli, ma per l’impossibilità di sostituirne facilmente le batterie quando sono esauste. Il problema è segnalato da tempo dagli ambientalisti e dai gruppi di attivisti che si battono per il diritto a poter riparare i propri dispositivi, ma nonostante le loro pressioni e proteste a oggi nella maggior parte dei paesi non esistono regole e leggi per ridurre il problema. Chi acquista prodotti elettronici non è spesso consapevole della loro breve durata e per questo c’è chi propone che venga indicata sulla confezione una data di scadenza, un po’ come avviene nel settore alimentare.

La proposta, che circola ormai da tempo, è stata ripresa di recente da Geoffrey A. Fowler, un giornalista che si occupa di tecnologia per il Washington Post. Dopo avere constatato l’impossibilità di sostituire le batterie dei propri auricolari AirPods di Apple, prodotti in modo tale da rendere pressoché impossibile la sostituzione della batteria quando questa è ormai esausta, Fowler si è messo in contatto con vari produttori di dispositivi elettronici, chiedendo loro quanti cicli di ricarica possano essere effettuati prima che le loro batterie scendano sotto l’80 per cento di capacità, dopo la quale si degradano molto rapidamente. Un’altra domanda ha riguardato la possibilità o meno di sostituire la batteria e con quali modalità.

Le richieste sono state inviate ad alcune delle più importanti aziende di elettronica al mondo, comprese Amazon, Logitech, Google, Apple, Dyson, Sony e Samsung, ma appena metà delle aziende ha fornito risposte un minimo dettagliate. Nella ricerca condotta dal Washington Post, poche società come Apple e Nintendo citano nei loro siti dettagli approfonditi a sufficienza sulla durata delle batterie nei loro prodotti, con informazioni sull’eventuale sostituzione dove possibile.

Apple per lungo tempo è stata considerata una delle cause della limitata longevità dei prodotti elettronici a causa delle batterie. Una ventina di anni fa l’azienda mise sul mercato gli iPod per ascoltare musica in formato digitale, affermandosi rapidamente in un settore che aveva iniziato a svilupparsi con vari altri prodotti per gli MP3. Gli iPod avevano un design migliore ed ebbero un grande successo, anche se a differenza di buona parte degli altri lettori di musica digitale avevano una batteria ricaricabile sigillata al loro interno, che non poteva essere sostituita. Dopo un anno e mezzo di utilizzo, la durata della batteria si riduceva e Apple non forniva un servizio per sostituirla, di conseguenza molte persone sceglievano di acquistare un nuovo iPod, magari passando a modelli più recenti e capienti.

Negli anni seguenti, Apple applicò la stessa filosofia a buona parte dei propri prodotti e ancora oggi gli iPhone, gli iPad e altri dispositivi hanno batterie sigillate al loro interno, difficili da sostituire da sé. Altri produttori seguirono l’esempio di Apple, con il risultato che oggi quasi tutti i dispositivi hanno batterie ricaricabili che dopo qualche anno di utilizzo diventano esauste e non sempre possono essere sostituite. Molte aziende sostengono che in questo modo si possano produrre smartphone più sottili ed efficienti, con particolari caratteristiche come la possibilità di essere immersi in acqua per qualche tempo senza subire danni.

In realtà, qualche prodotto elettronico con batteria sostituibile esiste eccome, e mantiene lo stesso un buon grado di impermeabilità. Alcuni produttori offrono dispositivi di ridotte dimensioni, come gli auricolari senza fili, dando comunque la possibilità di sostituire le batterie, a dimostrazione che con il giusto design si possono ottenere prodotti che durano più a lungo.

Negli ultimi anni, anche in seguito a forti pressioni da parte dei clienti e di alcune autorità di controllo, Apple ha cercato di ridurre l’impatto della propria scelta adottata con gli iPod e mai abbandonata. I proprietari di iPhone, per esempio, possono far sostituire la batteria del loro smartphone direttamente all’azienda, che utilizzerà un ricambio originale facendo pagare una cifra intorno ai 55 euro per i modelli più datati. La sostituzione in molti casi rende possibile l’estensione della vita di un iPhone per diversi anni, considerato che negli ultimi tempi Apple ha mostrato maggiore attenzione nel fornire aggiornamenti del proprio sistema operativo (iOS) che non rallentino i vecchi modelli.

Questi accorgimenti, seguiti con sfumature diverse anche da altri produttori, hanno in parte ridimensionato le critiche sulla teoria della cosiddetta “obsolescenza programmata”, secondo cui le aziende produrrebbero consapevolmente oggetti che tendono a diventare sempre meno funzionali e in breve tempo, in modo da indurre le persone ad acquistare le loro versioni più recenti. La teoria si può applicare a diversi settori, ma è difficile valutarne l’estensione nell’ambito dell’elettronica di consumo, considerato anche che le grandi aziende tecnologiche come Apple e Google derivano una quota sempre più rilevante dei propri ricavi dai servizi digitali che forniscono agli utenti, e non dalla vendita dei singoli dispositivi.

Al di là di questo, il problema della scarsa trasparenza sulla durata delle batterie nei prodotti elettronici rimane e non riguarda solamente gli smartphone o gli auricolari senza fili. Ci sono prodotti meno elaborati, come spazzolini e rasoi elettrici ricaricabili, le cui batterie non possono essere sostituite in alcun modo. Anche in questo caso i produttori giustificano le loro scelte di design sostenendo che batterie completamente isolate offrano maggiore sicurezza, soprattutto se i loro prodotti devono essere utilizzati a contatto con l’acqua o in ambienti umidi.

La spesa per passare a un nuovo dispositivo più di frequente di quanto potrebbe essere necessario è solo una parte del problema. I prodotti elettronici hanno un grande impatto ambientale e contengono sostanze dannose per l’ambiente, che devono essere smaltite nel modo corretto. Molte aziende dicono che l’impatto ambientale viene ridotto attraverso il riciclo dei componenti, ma non tutti i centri per il riciclo sono in grado di recuperare il materiale da impiegare in nuovi prodotti.

Le aziende che provvedono direttamente al recupero del materiale sono poche e devono avere l’accortezza di progettare i loro dispositivi in modo da poterli riciclare facilmente quando non sono più utilizzabili. Anche in questo caso Apple ha investito più di altri, con un programma di riciclo che sta diventando capillare e con l’obiettivo di riciclare buona parte dei dispositivi. In molti paesi, compresa l’Italia, chi sceglie di acquistare un nuovo iPhone può rendere il proprio vecchio smartphone, ricevendo un buono da Apple per l’acquisto del nuovo dispositivo; la società provvede poi al riciclo del vecchio iPhone.

Riciclare i materiali dei vecchi dispositivi elettronici richiede comunque un dispendio di energia non indifferente, anche dal punto di vista della logistica per trasportare i prodotti nei centri dove vengono riciclati. È un passaggio fondamentale e utile, ma vari osservatori segnalano che una maggiore vita dei prodotti elettronici consentirebbe di ridurre i volumi del settore del riciclo, riducendo in generale l’impatto energetico ed ambientale.

Parte della soluzione riguarda i singoli e la loro possibilità di fare acquisti più informati, scegliendo eventualmente prodotti che possano durare più a lungo e che soddisfino le loro esigenze. Secondo Fowler questo obiettivo potrebbe essere raggiunto con una chiara indicazione sulla durata stimata delle batterie: «Se le aziende non vogliono farsi avanti da sole, rendiamo obbligatoria un’etichetta da mostrare sugli scaffali che indichi il numero di ricariche che regge una batteria e quanto costa sostituirla. La Federal Trade Commission (l’agenzia governativa statunitense che si occupa della tutela dei consumatori, ndr) ha già la capacità di richiedere etichette di altro tipo sui prodotti, perché non farlo anche per le batterie?».

In Europa alcuni gruppi ambientalisti, come lo European Environmental Bureau, fanno da tempo pressioni per spingere l’Unione Europea a vietare la vendita di dispositivi le cui batterie non possono essere facilmente sostituite. L’operazione dovrebbe essere alla portata di tutti e non richiedere l’intervento di un esperto. Secondo le loro stime, applicando questa regola a smartphone e tablet si potrebbero far risparmiare agli acquirenti finali circa 20 miliardi di euro in pochi anni, riducendo del 30 per cento le emissioni di gas serra prodotte dal settore entro il 2030.

È difficile fare stime accurate e affidabili sull’effettivo risparmio e sulla riduzione delle emissioni, ma la possibilità di sostituire le batterie senza particolari impedimenti potrebbe contribuire sensibilmente all’aumento della longevità dei dispositivi. Alcuni produttori dicono di essere d’accordo in linea di massima con la proposta, ma propongono che siano applicate deroghe per smartphone, tablet e altri prodotti che devono essere resistenti all’acqua. Se si applicassero queste eccezioni, però, la regola potrebbe valere per una porzione limitata di dispositivi e non essere efficace.

In alcuni paesi sono comunque già in vigore norme che richiedono di mostrare un “indice di riparabilità” ai produttori di dispositivi elettronici ed elettrodomestici. In Francia, ogni produttore deve fornire l’informazione calcolando il punteggio sulla base di una tabella fornita dalle autorità francesi, e il dato deve essere poi mostrato insieme alle altre informazioni sui prodotti. I rivenditori devono inoltre mettere il punteggio in bella vista sulle etichette negli scaffali dei loro negozi.

Alcuni siti, il più famoso è iFixit, offrono invece guide e materiali per riparare in autonomia i propri dispositivi, anche se negli ultimi anni è diventato più difficile farlo. Per molti smartphone e tablet, per esempio, sono necessarie competenze e una certa pratica anche per la sostituzione della batteria, condizione che spinge molte persone a rinunciare a una riparazione in autonomia e ad acquistare quindi un nuovo dispositivo, perché far riparare quello vecchio non sarebbe conveniente.