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  • Lunedì 29 agosto 2022

È morto l’ultimo membro di una tribù indigena brasiliana

L'uomo viveva nelle foreste vicino al confine con la Bolivia e non aveva contatti con nessuno da 26 anni

(Fundação Nacional do Índio, YouTube)
(Fundação Nacional do Índio, YouTube)
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È stato trovato morto l’ultimo membro appartenente a una tribù indigena che viveva nelle foreste dello stato di Rondonia, nel nord-ovest del Brasile, al confine con la Bolivia. Dell’uomo si sapeva pochissimo, così come di quella che era stata la sua tribù: era conosciuto come «l’indigeno della buca» per via delle grosse fosse che scavava nel terreno e non aveva contatti col mondo esterno da circa 26 anni. Le sue attività però erano seguite con discrezione dalla Fundação Nacional do Índio (FUNAI), l’organizzazione governativa brasiliana che si occupa della tutela delle popolazioni indigene, che ha dato notizia della sua morte nel fine settimana.

Il corpo dell’uomo, di cui nessuno conosce il nome, è stato trovato il 23 agosto su un’amaca che era stata costruita fuori da una delle capanne in cui viveva. Le autorità brasiliane hanno fatto sapere che sul cadavere non c’erano segni di violenza e che nell’area non sono stati trovati elementi che facciano pensare alla presenza di altre persone o a possibili segni di lotta.

Si ritiene che avesse circa 60 anni e che sia morto per cause naturali. Sul corpo comunque verrà effettuata un’autopsia.

Come ha osservato la ong Survival International, impegnata nella tutela dei diritti dei popoli indigeni a livello globale, l’uomo abitava nel territorio indigeno Tanaru, un’area di circa 80 chilometri quadrati circondata da moltissimi allevamenti di bestiame e una delle zone più violente del Brasile. Si crede che la maggior parte dei membri della sua tribù sia stata uccisa a partire dagli anni Settanta proprio da allevatori che volevano espandere i propri territori, e risulta che gli ultimi sei siano stati uccisi nel 1995.

Da allora l’uomo viveva isolato dal resto del mondo: la FUNAI comunque teneva sotto controllo i suoi spostamenti osservando i ripari che costruiva con paglia e canne e le buche, che con ogni probabilità scavava per cercare di intrappolare gli animali oppure per nascondersi. In base alle prove raccolte vicino alle sue capanne, mangiava frutti come papaya e banane e coltivava mais e manioca (una grossa pianta tuberosa tipica dell’America Latina da cui si ricava la tapioca, un tipo di fecola).

Nel 2018 i membri della FUNAI erano riusciti a filmarlo mentre colpiva un albero con quella che sembrava un’ascia rudimentale. Da quel momento non era più stato visto.

Attualmente in Brasile esistono circa 240 tribù indigene, e almeno 77 vivono in totale isolamento nelle foreste. Survival International ha ricordato che il territorio di Tanaru è una delle sette aree protette del Brasile in cui vivono le tribù che non sono ancora entrate in contatto con il mondo esterno e in cui è vietato tra le altre cose disboscare e svolgere attività di estrazione. La ong segnala tuttavia che molte di queste tribù sono minacciate proprio dalle attività di estrazione illegali e dagli allevatori e agricoltori che vorrebbero espandere i propri territori.

– Leggi anche: La tribù più isolata del mondo