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  • Lunedì 1 agosto 2022

Gli archeologi della Rai

Sono gli autori di Techetechete’, il programma che pesca dagli archivi e che è diventato un rituale estivo per molti appassionati

Un'immagine della sigla di “Techetechete'”
Un'immagine della sigla di “Techetechete'”
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Quando arriva l’estate i palinsesti televisivi rallentano, molti programmi si prendono una pausa e ne iniziano altri che durano solitamente un paio di mesi, alcuni senza troppe ambizioni e pensati più che altro come rimpiazzi, altri con una loro identità forte e un seguito assai affezionato. Per circa uno o due milioni di persone, l’inizio dell’estate coincide con la certezza di trovare ogni sera, dopo il telegiornale, Techetechete’.

Per chi non ha familiarità con questo nome e non lo associa a nessuna serata estiva, Techetechete’ è un programma che esiste dal 2012 e che va in onda da giugno a settembre ogni anno, nella fascia oraria cosiddetta primissima serata, o access prime time, quella tra le otto e mezza e le nove circa. Techetechete’ dura appunto mezz’ora e consiste in una specie di varietà basato interamente sull’immenso repertorio delle Teche Rai, da cui prende il nome. Pescando da programmi di ogni epoca, da quelle più remote a quelle recentissime, gli autori di Techetechete’ creano di fatto un nuovo contenuto che quasi sempre ha un filo conduttore o un tema principale, raccontato e sviluppato attraverso pezzi di storia della televisione.

È una cosa diversa da Blob, storica e longeva trasmissione di Rai3 che a sua volta usa i filmati d’archivio però con scopi essenzialmente satirici. Prima di Techetechete’ ci furono alcuni programmi simili, considerati suoi antenati: Varietà e Da Da Da, entrambi ideati dal giornalista Michele Bovi, ex caporedattore al Tg2, poi dirigente Rai, molto esperto di musica e in particolare di plagi musicali. Il primo, Varietà, rimandava in onda interi brevi frammenti del passato senza montaggio, mentre Da Da Da era perlopiù dedicato alla musica. Nel 2012, poi, Bovi si inventò Techetechete’ in una forma quasi identica a quella di oggi.

Negli anni, Techetechete’ si è distinto un po’ per il successo di ascolti e per un seguito assai fedele e partecipativo, e in parte perché gli autori e le autrici hanno affinato la capacità di montare e far stare insieme pezzi di programmi diversissimi e lontanissimi nel tempo. «I dati di ascolto di quest’anno sono in linea con quelli dello scorso anno, che erano già ottimi» dice Sara Veneto, capo struttura responsabile dell’intrattenimento di prima serata Rai. Da quando ha iniziato a trasmettere fino al 19 luglio scorso, lo share medio di Techetechete’ è stato del 18,6 per cento, un dato che in Rai considerano buono e soddisfacente e che di solito corrisponde a un numero di spettatori stimato tra i 2 e i 3 milioni.

Come per tutti i programmi di Rai1, il pubblico è prevalentemente adulto e anziano, ma Veneto dice che rispetto allo scorso anno secondo i loro calcoli c’è stato un leggero aumento (circa del 2,5 per cento) del pubblico più giovane, compreso tra i 25 e i 34 anni, sia maschile che femminile.

L’idea di una puntata di Techetechete’ parte spesso da un autore o un’autrice. Una volta concordato il tema con la produzione, lo si comunica al reparto di ricerca che si occupa di cercare e selezionare le immagini sulla base delle indicazione dell’autore o dell’autrice della puntata. La ricerca avviene su un portale interno nel quale si può navigare nella parte digitale delle Teche Rai, attraverso parole chiave pertinenti al tema della puntata: per esempio, di recente ne è stata dedicata una alle canzoni, intitolata “Una monetina nel jukebox”, con una lunga introduzione incentrata proprio sui jukebox. Per trovare frammenti che ne parlassero all’inizio è stata cercata, banalmente, la parola “jukebox” nel portale.

Questa è solo una parte del lavoro di ricerca che precede una puntata. Un’altra non si basa sul portale in sé, ma sulla memoria storica degli autori, che spesso hanno decenni di esperienza in Rai e utilizzano il portale per recuperare un programma o un suo frammento che già avevano in mente. Talvolta scoprendo che quel frammento non c’è, perché non è stato ancora digitalizzato.

A quel punto capita che la redazione di Techetechete’ ne chieda la digitalizzazione. È successo per esempio di recente con la puntata dedicata a Raffaella Carrà per l’anniversario della sua morte. La puntata è stata curata da Salvo Guercio, che conosceva bene Carrà, era suo amico personale e ci aveva lavorato insieme. Guercio ha voluto recuperare per l’occasione la sigla del programma radiofonico Gran Varietà, condotto da Carrà tra il 1972 e il 1976. La sigla era stata filmata con una cinepresa e archiviata, ma non era mai stata recuperata, come molti altri contenuti delle Teche Rai che ancora devono essere digitalizzati e che si trovano sui supporti più vari, dalle pellicole ai nastri.

Altre suggestioni e idee possono venire dall’archivio stesso, perché esplorandolo gli autori scoprono cose e ne imparano altre. Una volta raccolto il materiale, l’autore lo porta in sala di montaggio, dove avviene di fatto la costruzione della puntata. È buona norma che al momento del montaggio l’autore abbia già in testa un’idea precisa del taglio della puntata, ma è anche vero che la sala di montaggio non deve essere soltanto una «sala di visione», dice Sara Veneto, ma anche un luogo dove riadattare eventualmente il materiale e chiedere integrazioni per sviluppare al meglio l’idea.

Generalmente una puntata richiede qualche giorno di lavoro, circa una settimana, a seconda della quantità di verifiche e riadattamenti da fare. Secondo Veneto, ciascun autore ha una sua cifra stilistica riconoscibile nel modo in cui viene sviluppata la narrazione. «Io riconosco l’autore di una puntata anche senza vederne la firma. C’è chi predilige il racconto di una storia, chi invece ha sviluppato l’abilità di tirare fuori l’anima dei personaggi, di cogliere certi particolari». Nella redazione del programma c’è chi però tende a minimizzare questa dimensione autoriale, come Francesco Valitutti, che nella vita fa appunto l’autore televisivo ma che ritiene il suo lavoro per Techetechete’ una cosa diversa.

«Secondo me il nostro lavoro è più simile a quello di uno storico, o di un archeologo» dice Valitutti. «La parte autorale è limitata perché questa roba qui ha già avuto degli autori, che hanno creato quelle meraviglie e che noi abbiamo il dovere di rispettare. Intendiamoci, fare archeologia è un lavoro importantissimo, però davanti alla parola “autore” mi fermo».

Valitutti dice che lui e gli altri autori del programma uniscono la loro memoria storica, la conoscenza del catalogo Rai passato e recente e l’esperienza di autori in altri programmi per creare nuovi racconti, ciascuno a modo suo. «Per alcuni di noi è anche un’occasione per studiare e approfondire» aggiunge Valitutti. «Perché tanto di quello che studiamo e scopriamo, poi magari a settembre ci dà spunti in più da rielaborare e diventa materia viva per altri programmi. C’è uno scambio continuo con il repertorio, per noi è vivo».

Il fatto che i frammenti del passato mostrati da Techetechete’ siano in qualche modo materia viva è testimoniato anche dalla grande partecipazione del pubblico affezionato, che manda con grande frequenza messaggi sui social network agli autori e ai produttori del programma. Spesso sono ringraziamenti, ma a volte anche osservazioni critiche. Valitutti dice che certe persone puntualizzano magari su una data riportata erroneamente, oppure altre contestano proprio le scelte del repertorio, secondo loro poco pertinenti rispetto al tema.

La scorsa settimana per esempio qualcuno si era risentito perché nella puntata dedicata alla Luna, firmata da Valitutti, mancava una celebre canzone di Renato Zero, e lo aveva fatto sapere mandando un messaggio. La mancanza però era dovuta al fatto che pochi giorni dopo ci sarebbe stata una puntata monografica proprio su Renato Zero, e quindi Valitutti non voleva “bruciare” il collega che stava lavorando a quella puntata. Altre volte invece c’entrano questioni di diritti sulle immagini, perché anche se il materiale proviene dall’archivio Rai, magari i personaggi che vi compaiono hanno ceduto i diritti solo per quello specifico programma e non per altri usi. È una circostanza che capita soprattutto con il materiale più recente, dal 2000 in poi.

Secondo Valitutti, comunque, il motivo di questo ampio e sentito coinvolgimento del pubblico è legato al fatto che la memoria collettiva vissuta (o rivissuta) attraverso Techetechete’ è sentita come qualcosa di proprio. «È una partecipazione che non trovi quando fai i programmi di prima serata nel resto dell’anno», dice. «Un programma di quel tipo è “un’isola” a sé stante, può essere bello o brutto e viene giudicato per quello che è. Nel caso delle teche invece gli spettatori hanno reazioni così forti, nel bene e nel male, perché si sentono toccati nei loro ricordi, nella loro memoria. È un dettaglio che non va trascurato e ti spinge a essere rispettoso, a non essere mai superficiale».

I critici televisivi hanno le loro teorie sui motivi del successo di Techetechete’: Antonio Dipollina su Repubblica, lo scorso giugno, lo ha definito un «programma fondamentale» perché «ha il merito superiore di azzerare qualunque tentativo di chiacchiera e teorizzazione», e ritiene che le puntate più riuscite siano quelle senza un filo conduttore, «quelle in cui si prende un argomento a piacere e si estraggono le pepite giuste, buttandole dentro a pacchi, a nastro».

Aldo Grasso invece nel 2019 scrisse che «il bello di Techetechete’ è che vive sull’intrattenimento, sulla distrazione. […] È come se questo appuntamento quotidiano fosse l’altra faccia di Blob, una ricerca ideale di armonia contro l’esibizione della disarmonia, dell’incongruo, del disturbo televisivo». Mentre più di recente ha criticato il fatto che da quando le puntate sono singolarmente dedicate a un tema e curate da un solo autore, si è creato un «effetto jukebox» a suo dire prevedibile.

In ogni caso, se c’è qualcuno che apprezza il lavoro archeologico di Techetechete’ sono sicuramente i personaggi protagonisti delle puntate, o meglio quelli che hanno la fortuna di potersi rivedere. Spesso condividono sui social network la puntata che li riguarda, e ringraziano privatamente gli autori.