Il M5S rischia un’altra scissione

Una minoranza di parlamentari molto convinta del sostegno al governo Draghi potrebbe uscire dal partito se domani non voterà la fiducia

(ANSA/ETTORE FERRARI)
(ANSA/ETTORE FERRARI)
Caricamento player

Mercoledì il presidente del Consiglio, Mario Draghi, parlerà alle camere in un’informativa a cui seguirà un voto di fiducia. Sarà il passaggio decisivo della crisi politica in corso che dovrebbe chiarire le intenzioni di Draghi ma anche quelle dei partiti, che fin qui hanno mantenuto un atteggiamento ambiguo e una linea incerta. La situazione appare particolarmente concitata soprattutto nel Movimento 5 Stelle, dove si è creata un’ulteriore spaccatura all’interno dei gruppi parlamentari, dopo quella di un mese fa che aveva portato all’uscita dal partito del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Tra il fine settimana e lunedì i parlamentari del M5S si sono incontrati più volte per discutere la situazione: alcuni momenti piuttosto animati di queste riunioni sono filtrati sui giornali, che hanno raccontato di liti e spaccature tra i parlamentari e di un sentimento di generale ostilità verso la leadership di Giuseppe Conte. Lunedì, scrive Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera, alla fine dell’ennesima riunione Conte avrebbe concluso che la decisione su cosa fare spetta a Draghi, perché il Movimento ha già fatto la sua mossa ripresentando le ormai famose nove richieste al governo.

Conte non ha specificato se dirà ai parlamentari di votare la fiducia oppure no, anche perché tra le altre cose non sembra avere l’autorità di far rispettare qualsiasi indicazione ai suoi gruppi parlamentari, divisi tra chi si sente ormai fuori dalla maggioranza e chi invece vorrebbe continuare a votare la fiducia al governo. Secondo i calcoli dei cronisti politici, questi ultimi sarebbero in totale una cinquantina, di cui circa quaranta alla Camera e i restanti al Senato. Attualmente il M5S ha 104 deputati e 62 senatori.

Uno dei più convinti di questa linea è il capogruppo alla Camera, Davide Crippa, che ieri ha detto: «Abbiamo detto che non era un voto sulla fiducia, tanto che alla Camera l’abbiamo votata dopo aver presentato a Mario Draghi quei sacrosanti 9 punti. Cosa cambia oggi? Dobbiamo avviare una fase di dialogo sull’agenda di governo. Da settembre sarà un bagno di sangue, non possiamo sottrarci, il muro contro muro non porta a nulla». Crippa aveva tentato senza successo di cominciare la discussione in parlamento di domani dalla Camera, per sfruttare il fatto che molti dei “governisti” si trovano in quel ramo del parlamento e non al Senato, ma la conferenza dei capigruppo aveva poi deciso che il voto di fiducia avverrà prima in Senato.

La spaccatura all’interno del M5S è tale che la componente cosiddetta “governista” potrebbe decidere di uscire dal partito qualora domani prevalesse l’altra componente, quella più ostile al governo Draghi, e il M5S non votasse la fiducia. A quel punto si potrebbe formare un altro gruppo parlamentare che in teoria potrebbe permettere al governo di andare avanti, ma non è detto che Draghi accetti questa eventualità, o che la accettino gli altri partiti: domenica il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi e il leader della Lega Matteo Salvini avevano pubblicato una nota in cui escludevano la possibilità di governare ancora con il Movimento 5 Stelle.