Gli effetti della didattica a distanza sugli studenti stranieri

Durante la pandemia sono stati penalizzati più dei loro coetanei italiani, secondo vari studi

di Chiara Incolingo

(ANSA/FILIPPO VENEZIA)
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Le principali indagini sull’andamento scolastico svolte durante la pandemia da coronavirus mostrano che gli studenti stranieri sono stati tra i più penalizzati dagli effetti negativi della didattica a distanza (DAD) e delle restrizioni messe in atto per contenere i contagi. Per molti alunni la frequenza scolastica è diminuita a causa, tra le altre cose, della mancanza di apparecchi informatici, di una connessione internet adeguata e dell’aiuto da parte dei genitori.

Le difficoltà nell’ambito della didattica a distanza hanno riguardato soprattutto gli studenti provenienti da contesti socio-economici sfavorevoli, e in modo particolare gli alunni stranieri: «All’interno delle fasce più svantaggiate i minori di cittadinanza non italiana, soprattutto se di seconda generazione, evidentemente sono i più penalizzati», dice Marco Campione, esperto di politiche pubbliche per la scuola, spiegando anche che spesso in questi contesti i genitori non parlano italiano.

La DAD, ovvero l’insieme delle attività formative svolte senza la presenza fisica nello stesso luogo di docenti e alunni, è stato l’unico mezzo che ha permesso alle scuole di proseguire la loro attività durante i vari periodi della pandemia. Secondo l’Indagine ISTAT sugli alunni delle scuole secondarie, tra il 2020 e il 2021 la frequenza delle lezioni online da parte degli alunni italiani è stata dell’80 per cento, ma per gli studenti stranieri soltanto del 71,4 per cento.

Questi dati riguardano una porzione non trascurabile degli studenti: nel 2019/2020, erano presenti circa 870 mila stranieri nelle classi primarie e secondarie, ovvero un alunno ogni dieci. Sempre secondo ISTAT, la DAD ha influenzato negativamente anche i voti, che sono calati per il 34 per cento degli alunni stranieri, rispetto al 25 per cento dei loro compagni. Il peggiore rendimento scolastico, in particolare nelle scuole superiori, è stato evidenziato anche dai risultati delle prove INVALSI 2022.

Gli effetti negativi principali hanno riguardato soprattutto le fasce più povere della società: in questi due anni di DAD, la comunicazione tra insegnanti e studenti è stata ostacolata dalla connessione internet debole in molte abitazioni e dall’inadeguatezza degli apparecchi elettronici. Molti alunni si sono dovuti affidare all’utilizzo esclusivo del cellulare per seguire le lezioni (il 16,8 per cento degli stranieri e il 6,8 per cento degli italiani) e spesso chi era in possesso di altri dispositivi come tablet o PC doveva condividerli con almeno una sorella o un fratello.

È stato rilevante anche il problema degli spazi abitativi inadeguati: in stanze piccole, da condividere con familiari che si dedicano ad altre attività o seguono altre lezioni, gli alunni non hanno trovato un ambiente che consentisse la fruizione regolare della didattica.

Tra il 2020 e il 2021 il governo, per rendere la didattica a distanza più accessibile, ha stanziato fondi per scuole e famiglie; sembra tuttavia che queste agevolazioni siano state poco incisive per quanto riguarda gli studenti stranieri. In particolare, all’inizio della pandemia erano stati erogati fondi alle scuole per l’acquisto di PC e tablet da cedere in comodato d’uso agli studenti. Erano stati anche approvati provvedimenti per le famiglie, come il cosiddetto bonus babysitter o ulteriori bonus sempre per l’acquisto di PC o tablet, che potevano essere richiesti direttamente dalle famiglie con reddito dichiarato inferiore a 20mila euro.

Sull’effetto di queste misure si concentra l’indagine del 2021 della fondazione ISMU (Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità) sulla didattica a distanza durante il primo lockdown, svolta tra la popolazione straniera nelle province di Milano, Bergamo, Brescia e Cremona. Secondo ISMU, sono state pochissime le famiglie straniere che hanno utilizzato il bonus per l’acquisto di un tablet (solo l’8,6 per cento) e ancora meno quelle che hanno usufruito di altre agevolazioni come il bonus babysitter o congedi parentali (rispettivamente 6,4 e il 5,2 per cento).

La maggiore difficoltà nell’accedere a questo tipo di aiuti statali nel caso delle famiglie straniere, racconta Marco Campione, è attribuibile a tre fattori principali: la scarsa dimestichezza con la lingua italiana, che ha ostacolato l’accesso agli aiuti; il fatto che spesso i genitori lavorino in condizioni di non totale legalità e non siano riconosciuti a livello fiscale; e infine la scarsa conoscenza delle opportunità messe a disposizione dallo stato.

Per far fronte a queste difficoltà, alcune scuole hanno anche adottato iniziative individuali. Nella scuola elementare Picentia di Pontecagnano Faiano, nella provincia di Salerno, la preside Ginevra de Majo racconta che durante la pandemia sono stati avviati corsi di italiano personalizzati per gli studenti stranieri: «Ho incaricato alcuni docenti di seguire personalmente gli alunni che avevano grosse difficoltà». In molti casi è stato possibile raggiungere gli studenti, ma non sempre è stato riscontrato un miglioramento.

Spesso durante la pandemia i genitori non hanno avuto la possibilità di aiutare i figli con le attività scolastiche, stando a quanto mostra ISMU: più di uno su cinque non ha potuto aiutare i figli con lezioni o compiti. Inoltre i casi in cui è stato possibile rinunciare al lavoro per seguirli adeguatamente sono rarissimi (2,5 per cento). Gli immigrati in Italia lavorano spesso nell’ambito di servizi sanitari e assistenziali o in altri settori, come quello alimentare, che non si sono fermati durante la pandemia e che, al contrario di molti altri, non potevano essere svolti da casa. Tutti questi fattori contribuiscono alla difficoltà nel seguire i figli nel percorso scolastico. Secondo Marco Campione le diseguaglianze economiche e sociali costituiscono ancora uno dei principali ostacoli all’accesso allo studio e continuano a essere alla base del fenomeno della dispersione scolastica in Italia.

Questo e gli altri articoli della sezione Tra cultura e pandemia sono un progetto del workshop di giornalismo 2022 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.