La quarta dose per chi ha più di 60 anni

Il ministero della Salute aggiornerà a breve le linee guida sulla somministrazione, dopo il consiglio dell'Agenzia europea per i medicinali

(Asanka Ratnayake/Getty Images)
(Asanka Ratnayake/Getty Images)
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Lunedì mattina il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha confermato che la possibilità di ricevere una seconda dose di richiamo dei vaccini contro il coronavirus (la cosiddetta quarta dose) sarà estesa alle persone tra i 60 e i 79 anni: «Già nella giornata di oggi adegueremo le nostre linee guida, circolari e indicazioni a questa determinazione. Apriremo immediatamente sui nostri territori la somministrazione della quarta dose anche alle persone sopra i 60 anni».

La decisione era attesa da tempo, soprattutto in seguito al marcato aumento dei casi positivi rilevato nelle ultime settimane, e riguarderà potenzialmente 13 milioni di persone che ricadono in questa fascia di età. La scorsa settimana, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA), aveva consigliato ai governi dell’Unione Europea di estendere la somministrazione della seconda dose «quando i tassi di contagio aumentano», valutazione confermata oggi in un comunicato diffuso con il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).

La quarta dose del vaccino è disponibile da metà aprile per le persone con più di 80 anni o con particolari problemi di salute, tali da rendere necessarie maggiori precauzioni per ridurre i rischi di ammalarsi di COVID-19. Viene somministrata non prima che siano passati 120 giorni dalla terza dose.

Per ora il ministero della Salute non ha fornito molte altre informazioni su tempi e modalità di somministrazione del secondo richiamo nella fascia 60-79 anni, anche se nei giorni scorsi sono circolate varie dichiarazioni in merito da parte di alcuni esponenti del governo. In altri paesi con i casi sensibilmente in aumento come in Italia si stanno facendo valutazioni simili, ritenendo che nuove vaccinazioni potrebbero contribuire a proteggere meglio le persone più anziane e con maggiori fattori di rischio.

Secondo l’ultimo bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), pubblicato lo scorso 8 luglio, la causa del marcato aumento di casi positivi è riconducibile alla sempre più ampia circolazione di BA.4 e BA.5, due sottovarianti di omicron che riescono almeno in parte a evadere l’immunità maturata in seguito alla vaccinazione o a precedenti infezioni.

Come era avvenuto per altre sottovarianti di omicron, anche in questo caso non sono emersi elementi per ritenere che BA.4 e BA.5 «siano associate ad un’aumentata gravità delle manifestazioni cliniche, rispetto a quelle causate da BA.1 e BA.2», scrive l’ISS nel bollettino. Benché nelle ultime settimane i ricoveri in generale siano aumentati, non c’è stato un aumento significativo dei posti letto occupati nelle terapie intensive per COVID-19. Ciò dipende da una minore aggressività delle varianti in circolazione, ma anche dalla forte protezione contro le forme gravi della malattia offerta dal vaccino e dall’immunità acquisita in seguito a eventuali precedenti infezioni da coronavirus.

BA.4 e BA.5 sono comunque molto contagiose e sembrano avere una certa abilità nel superare l’immunità sviluppata con precedenti infezioni per causare l’infezione. Ciò spiega l’ondata in corso in Italia e in diversi altri paesi, nonostante l’alto numero di immunizzati.

A oggi la seconda dose di richiamo del vaccino contro il coronavirus è stata somministrata a 1,3 milioni di persone, poco meno di un terzo del totale identificato dal ministero della Salute tra grandi anziani e soggetti a rischio; solo un quinto della popolazione con più di 80 anni ha deciso di sottoporsi nuovamente al vaccino. Il ministero della Salute aveva di recente avviato una nuova campagna per incentivare le vaccinazioni, ma molte regioni (cui spetta la gestione della sanità) non si erano attivate più di tanto per informare i soggetti interessati.

Parte dell’esitazione a sottoporsi a una seconda dose di richiamo deriva per molti dalla sensazione di avere già ricevuto sufficienti dosi e in un tempo relativamente breve rispetto ad altre vaccinazioni, e dell’altro dal fatto di avere a disposizione vaccini sviluppati sulle prime versioni del coronavirus in circolazione a inizio del 2020, quindi diverse da quelle ora tra la popolazione. I vaccini si sono mostrati nel complesso meno efficaci del previsto nel prevenire le infezioni da omicron, ma hanno comunque un’alta efficacia nel prevenire le forme gravi di COVID-19 e di conseguenza sono molto importanti soprattutto per le persone più a rischio.

Pfizer-BioNTech, Moderna e altri produttori hanno nel frattempo realizzato versioni aggiornate dei loro vaccini che, pur avendo come base i sistemi già sviluppati contro le prime versioni del coronavirus, contengono alcuni elementi per adattarsi meglio alla variante omicron, seppure nelle sue versioni precedenti a quelle ora in circolazione. Un certo ritardo tra varianti circolanti e aggiornamento dei vaccini è inevitabile, salvo non se ne riescano a sviluppare di più versatili e in grado di bloccare meglio i sistemi che il coronavirus impiega per infettare le cellule del nostro organismo.

L’autorizzazione per la somministrazione dei nuovi vaccini dovrebbe arrivare entro la fine dell’estate, in tempo per la stagione fredda, ma il consiglio emerso anche dalle valutazioni dell’EMA è di procedere comunque con un secondo richiamo nelle fasce di età più a rischio utilizzando i vaccini già disponibili, in modo da avere maggiore protezione nei prossimi mesi.