Il movimento religioso dietro a un famoso spettacolo di danza cinese

Il tour di Shen Yun ha molto successo in Italia e nel mondo, ma è legato al controverso movimento Falun Gong, vietato e represso in Cina

Un fotogramma da un video promozionale ufficiale di Shen Yun
Un fotogramma da un video promozionale ufficiale di Shen Yun
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Per tutto il mese di giugno grandi e importanti teatri italiani, fra cui il Massimo di Palermo, il Regio di Parma e il Verdi di Firenze, ospiteranno le tappe italiane dell’edizione del 2022 dello spettacolo di danza e musica cinese Shen Yun, che si presenta col sottotitolo “La Cina prima del comunismo”. Da sabato 4 e per oltre una settimana Shen Yun andrà in scena a Milano al Teatro degli Arcimboldi con biglietti che risultano “non disponibili” sulle principali piattaforme di vendita e quasi esauriti, per tutte le date, sul sito ufficiale.

La compagnia Shen Yun descrive le serate come “spettacoli di danza tradizionale cinese”, che “riportano sul palco 5000 anni di civiltà”. La “Shen Yun Performing Arts organization” è stata fondata nel 2006 nello stato di New York da esuli cinesi legati al movimento religioso-politico Falun Gong. Oggi può contare su sei diverse compagnie che mettono in scena questo spettacolo di danza e musica in oltre 100 città nel mondo e dichiarano di raggiungere un milione di spettatori l’anno.

Shen Yun è un’espressione cinese che può essere tradotta come “la bellezza degli esseri divini che danzano”, come si legge sul sito ufficiale della compagnia. Ogni compagnia porta in scena una cinquantina di ballerini accompagnati da circa 80 musicisti, alcuni con strumenti tradizionali cinesi. La rappresentazione artistica è accompagnata da forti richiami alla disciplina di meditazione ed elevazione spirituale del Falun Gong e a frequenti messaggi politici di difesa dei “valori tradizionali” e opposizione all’attuale regime cinese e al comunismo in generale.

Quest’ultima componente e i forti legami con un movimento che oggi ha preso derive lontane dalla sua forma originaria rendono i tour della compagnia Shen Yun piuttosto controversi.

Gli spettacoli possono leggermente variare da paese a paese, da stagione a stagione e da una compagnia all’altra, ma seguono da anni un medesimo canovaccio che garantisce sempre un grande successo di pubblico in termini di affluenza. Sono divisi in venti mini-atti in cui ballerine in ampi e colorati abiti tradizionali danzano, spesso sostenendo e agitando lunghe fasce di tessuto, mentre le loro controparti maschili compiono sul palco evoluzioni acrobatiche. Ci sono anche parti più recitate, in cui vengono ricreati episodi della storia e della letteratura cinesi.

Sullo sfondo su un enorme schermo digitale si succedono scenari di antichi templi, giardini reali, ampie praterie con cavalli selvaggi e visioni spaziali. Nelle scorse edizioni ballerini virtuali proiettati sullo sfondo interagivano con quelli reali, mentre due attori con voci robotiche introducevano le scene, soffermandosi sulla realtà del Falun Gong e sulle persecuzioni inflitte al movimento dal governo cinese. Sempre in passate edizioni dello show, a un certo punto un enorme martello rosso, metafora del Comunismo, compariva sullo schermo per poi scatenare uno tsunami con la faccia di Karl Marx.

Come raccontò il New Yorker nel 2019, alcuni spettacoli trasmettono anche messaggi di difesa della cultura tradizionale che sfociano nell’omofobia o in atteggiamenti antiscientifici.

Secondo varie recensioni lo spettacolo è caratterizzato da un deciso gusto kitsch; altri sottolineano la ripetitività dei balletti. I giudizi sono molto variabili, sia da parte della critica sia dagli spettatori. A far da contraltare alle già citate critiche, molte persone, in varie parti del mondo, descrivono lo spettacolo in termini entusiastici. Shen Yun piace in Occidente per un certo richiamo dell’esotismo, per i colori sgargianti, per le coreografie in cui un gran numero di ballerini ben coordinati è presente sul palco. Al suo successo di pubblico poi contribuiscono campagne pubblicitarie imponenti e pervasive, su mezzi tradizionali, come la cartellonistica, o online.

Shen Yun si presenta come mezzo per recuperare il balletto tradizionale cinese cancellato dal regime del Partito comunista, ma in realtà questa forma d’arte è portata avanti da diverse compagnie in Cina, dove invece Shen Yun non può operare.

Shen Yun è fortemente osteggiato dal regime cinese e anche i teatri che lo ospitano in Italia hanno ricevuto – stando a quanto dichiarano fonti contattate dal Post che hanno preferito rimanere anonime – lettere, visite e pressioni da ambasciata e consolati cinesi perché gli spettacoli non fossero ospitati. In queste comunicazioni si sottolineava: «“Shenyun” non è dunque uno spettacolo di intrattenimento ma uno strumento politico del “Falun” per predicare messaggi di culto, diffondere propaganda anti-cinese, aumentare la propria influenza e raccogliere fondi».

Shen Yun è ufficialmente un’organizzazione non profit, e in Italia gli accordi di noleggio degli spazi teatrali sono stati gestiti dall’Associazione Culturale “Il Ponte” Onlus, ma i legami con il movimento Falun Gong sono conclamati. Già nel 2017 il Guardian aveva dimostrato che le ricche e onnipresenti campagne pubblicitarie dei tour (che almeno inizialmente e almeno negli Stati Uniti erano la principale ragione della popolarità dello spettacolo) erano finanziate dagli uffici locali del movimento.

Falun Gong, anche conosciuto come Falun Dafa, fu fondato in Cina da un’ex guardia di sicurezza, Li Hongzhi, nel 1992. Fu lanciato come una serie di pratiche ed esercizi basati sulla meditazione, la concentrazione mentale, il controllo della respirazione e particolari movimenti. Una sorta di tai chi meditativo e volto alla “autocoltivazione” personale che ottenne subito un buon successo e che, sette anni dopo la sua fondazione, nel 1999, aveva decine di milioni di seguaci in tutta la Cina. Negli anni Novanta si contavano solo a Pechino oltre duemila centri di pratica del Falun Gong: questa popolarità crescente fu considerata pericolosa dal regime cinese, che iniziò a proibire la vendita delle pubblicazioni del movimento.

Le successive proteste da parte di esponenti del gruppo furono utilizzate per aumentare la repressione, Falun Gong fu definito una “setta pericolosa per la società” e la sua pratica vietata in Cina a partire dal 1999.

Da allora il movimento si è sviluppato per lo più all’estero (Li Hongzhi era emigrato a New York già dalla metà degli anni Novanta) e ha denunciato migliaia di incarcerazioni fra i propri seguaci in Cina, dove la repressione fu piuttosto brutale.

Falun Gong sostiene anche che il governo cinese sottoponga i propri seguaci a un sistematico espianto degli organi: questa denuncia viene riproposta dai palchi che ospitano gli spettacoli e spesso anche dai banchetti che gli attivisti montano nelle strade delle città di mezzo mondo, anche in Italia, ma sulla sua fondatezza non esistono riscontri certi (un avvocato che ha difeso centinaia di attivisti del Falun Gong ha detto al Washington Post di non essersi mai imbattuto in casi di espianti di organi).

D’altro canto la definizione di “setta” per Falun Gong è discutibile e non si segnalano casi giudiziari di violenza o di pratiche coercitive tra i suoi adepti. Il costante ricorso agli strumenti della propaganda dai due fronti opposti, quello del movimento e quello del Partito comunista cinese, rende difficile chiarire quale sia la realtà dei fatti.

Negli ultimi anni poi il Falun Gong è entrato in una nuova fase, in cui la sua azione politica ha preso direzioni e interessi finora inediti, avvicinandosi alle posizioni dell’estrema destra americana, sposando teorie complottiste e anti-vacciniste e riproponendo le tesi più fantasiose e spesso pericolose del movimento QAnon.

Il fondatore del Falun Gong Li Hongzhi ha sempre espresso tesi antiscientifiche (negando per esempio il concetto di evoluzione), razziste (il paradiso avrebbe sezioni diverse per gruppi etnici diversi) e omofobiche, ma l’avvicinamento all’alt-right americana si è concretizzato, a partire dal 2019, attraverso un convinto e munifico appoggio a Donald Trump. L’allora presidente degli Stati Uniti è stato individuato come un alleato decisivo nella lotta al comunismo, in vista di un prossimo “giorno del giudizio” in cui il bene (il movimento) e il male (il comunismo nelle sue varie forme) si scontreranno.

Falun Gong, attraverso il discusso giornale Epoch Times, nato negli Stati Uniti e oggi presente in 33 paesi e in 31 lingue, è stato un forte sostenitore della campagna per la rielezione di Trump, con migliaia di post sponsorizzati acquistati sui social, dove ha un forte seguito. Negli ultimi anni Epoch Times ha sostenuto le principali teorie sovraniste, complottiste e negazioniste sulla pandemia da coronavirus.