Ci sono alcune ipotesi sulle cause dell’esplosione di Ravanusa

Non ci sono ancora conferme, ma potrebbe essere stata provocata dal cedimento di una saldatura dell'impianto della rete di metano

Vigili del fuoco al lavoro tra le macerie causate dall'esplosione (ANSA/ Matteo Guidelli)
Vigili del fuoco al lavoro tra le macerie causate dall'esplosione (ANSA/ Matteo Guidelli)
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L’indagine sulle cause dell’esplosione che l’11 dicembre scorso provocò a Ravanusa, in provincia di Agrigento, il crollo di quattro palazzine e la morte di nove persone sembra avere raggiunto alcune conclusioni, scrivono i giornali, anche se non ancora confermate ufficialmente. A provocare l’esplosione, ha scritto Repubblica, sarebbe stato il cedimento di una saldatura da cui sarebbe uscito il gas. Quella saldatura avrebbe fatto parte di un raccordo a “S” con vari tronchetti dei tubi interrati uniti tra loro. A effettuare i lavori fu nel 1998 Siciliana Gas, società che all’epoca era una partecipata dalla regione Sicilia e ora appartiene all’ENI.

L’esplosione di sabato 11 dicembre era avvenuta tra via Trilussa e via Galilei, poco dopo le 20.30. Erano state coinvolte quattro palazzine di cui due, avevano detto i vigili del fuoco, si erano «polverizzate». Erano morte nove persone e molte famiglie erano rimaste senza casa.

Dopo l’esplosione alcuni residenti avevano detto che nei giorni precedenti all’11 dicembre si era sentito un forte odore di gas. Non c’era però stata alcuna segnalazione ai vigili del fuoco, all’amministrazione comunale o a Italgas, la società che ha in gestione ora la rete.

Alcuni giorni prima, inoltre, come avevano accertato i carabinieri, c’era stato un intervento di manutenzione sull’impianto della rete di metano che però non aveva evidenziato criticità. Italgas, nei giorni seguenti all’esplosione, aveva emesso una nota per comunicare di che tipo di intervento si era trattato: «Unicamente interventi routinari su contatori domestici e su alcune valvole stradali. Detti interventi, si sono svolti nell’abitato di Ravanusa in vie distanti dal luogo dell’evento. Gli interventi effettuati rientrano tra quelli ciclici di manutenzione programmata».

Italgas aveva fatto sapere anche che le tubature di via Trilussa erano state posate nel 1988, e che non avevano bisogno di sostituzione. Il periodo di vita utile delle tubature, cioè il periodo in cui l’utilizzo è accettabile prima che ne cominci il deterioramento, è secondo Italgas di 60 anni, e quelle di via Trilussa erano quindi in regola con i tempi prescritti dall’ARERA (Autorità di regolazione energia reti e ambiente).

A indagare sulle possibili cause dell’esplosione è stato finora un gruppo di tecnici coordinato da Antonio Barcellona, docente di Tecnologie e sistemi di lavorazione al dipartimento di Ingegneria Chimica, Gestionale, Informatica e Meccanica dell’Università di Palermo. L’ipotesi che le cause fossero legate alle saldature è stata esaminata in laboratorio. Alle analisi tecniche hanno partecipato anche i periti nominati dagli avvocati delle dieci persone indagate: dirigenti e tecnici di Italgas, sia nazionali sia regionali. L’ipotesi di reato è disastro e omicidio colposo.

I carabinieri stanno anche riesaminando tutte le testimonianze acquisite per cercare di capire cosa fosse avvenuto nelle ore precedenti all’esplosione, se davvero fosse stato avvertito odore di gas. Non c’era stata però nessuna segnalazione ufficiale riguardo a possibili perdite. Inoltre, si sta anche verificando se il gas all’interno dei tubi fosse stato opportunamente trattato con speciali additivi che ne accentuano l’odore, rendendo così più evidente il verificarsi di un’eventuale fuoriuscita.

L’indagine deve anche appurare se i controlli sono stati fatti negli anni con regolarità: per questo i carabinieri hanno acquisito anche tutta la documentazione relativa allo svolgimento dei lavori e ai collaudi quando l’impianto venne affidato a Italgas. Sarebbe invece stata esclusa qualsiasi pressione esterna causate da frane nella zona.

Intanto è pronto il cosiddetto “progetto di delocalizzazione” delle case danneggiate o distrutte nell’esplosione, che di fatto verranno ricostruite altrove. È però tutto fermo perché alcune famiglie insistono per rientrare nelle abitazioni che secondo loro non hanno avuto danni strutturali. Il fatto è che quelle case possono essere dichiarate agibili dai tecnici del comune solo dopo che saranno presentati i certificati di agibilità, regolarità statica e abitabilità: i proprietari però non riescono ad averli perché gli immobili sono in una zona da sempre classifica R 4, cioè ad alto rischio idrogeologico.

Ha detto il sindaco di Ravanusa, Carmelo D’Angelo: «Il progetto definitivo è pronto, ma è fermo perché l’amministrazione vuole la massima condivisione con le persone che hanno perso la casa nella tragica esplosione. Condivisione anche per quanti hanno avuto danni minori, ma non possono rientrare perché non si possono fare interventi strutturali in immobili che si trovano in zona ad alto rischio idrogeologico. C’è un confronto iniziato anche con i tecnici incaricati da queste persone. I tecnici del Comune incontreranno, nei prossimi giorni, quelli della Regione siciliana e speriamo in un nuovo incontro con il governatore [della Regione Sicilia, ndr] Nello Musumeci, che ha già dato disponibilità di fondi, per giungere a una soluzione definitiva e ottenere il finanziamento, iniziare le opere e ridare la casa a chi l’ha persa».

Sono in tutto 50 le case da ricostruire, gli sfollati sono 130, tutti per ora in case in affitto. Il comune pagherà 72 mila euro l’anno in affitti, grazie anche alla copertura dell’assessorato regionale alle infrastrutture.