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  • Mercoledì 27 aprile 2022

La Russia ha interrotto le forniture di gas a Polonia e Bulgaria

È la prima grossa ritorsione russa alle sanzioni, e un modo per inviare un messaggio agli altri paesi europei

Parte di un impianto di trasmissione del gas naturale legato al gasdotto Yamal-Europe a Wloclawek, in Polonia, il 19 febbraio 2022 (Omar Marques/Getty Images)
Parte di un impianto di trasmissione del gas naturale legato al gasdotto Yamal-Europe a Wloclawek, in Polonia, il 19 febbraio 2022 (Omar Marques/Getty Images)
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Gazprom, l’azienda energetica statale russa, ha annunciato di aver interrotto mercoledì mattina le forniture di gas naturale alla Polonia e alla Bulgaria, come era stato anticipato il giorno prima dai due paesi. Quella di mercoledì è la prima interruzione delle forniture di gas russo a due paesi europei dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina e di fatto è la prima grossa ritorsione della Russia alle sanzioni economiche imposte dall’Occidente. È anche una violazione dei contratti stipulati tra Gazprom e i paesi europei, che dimostra come il governo russo sia pronto a usare le forniture energetiche per fare pressione sull’Europa.

La ragione dell’interruzione secondo le autorità russe è che i due paesi si sarebbero rifiutati di pagare il combustibile in rubli o comunque nelle modalità richieste dalla Russia. Il governo russo ha anche fatto sapere che se la Polonia e la Bulgaria preleveranno dai gasdotti il gas destinato ad altri paesi europei ridurrà il livello generale delle forniture, per un ammontare analogo a quanto sottratto dai due paesi.

A fine marzo il presidente russo Vladimir Putin aveva annunciato che avrebbe obbligato i paesi “ostili”, cioè quelli che hanno imposto sanzioni alla Russia per l’invasione dell’Ucraina, a pagare in rubli per le forniture di gas nonostante i contratti prevedessero pagamenti in euro o in dollari: aveva poi firmato un decreto che obbliga Gazprombank, la banca che gestisce i pagamenti per il gas dei paesi europei, a convertire in rubli la totalità dei pagamenti. Tecnicamente col nuovo sistema di pagamento previsto dal decreto i compratori (cioè i paesi europei) potrebbero continuare a versare euro o dollari a Gazprombank e a ricevere gas in cambio, ma solo aprendo un secondo conto presso la banca, in cui l’istituto trasferirebbe il denaro convertendolo in rubli, per poi passarlo sul proprio conto: in questo modo, di fatto, i pagamenti a Gazprom risulterebbero in rubli, anche con versamenti iniziali in euro o dollari.

I paesi europei avevano risposto a questi cambiamenti unilaterali con una notevole incertezza, ma finora non c’erano state conseguenze nelle forniture di gas russo perché i primi pagamenti con il nuovo sistema erano previsti per la fine di aprile e l’inizio di maggio. Soltanto venerdì della settimana scorsa la Commissione Europea aveva fatto sapere ai paesi membri che sarebbe stato possibile aprire i conti secondari in rubli senza violare le sanzioni, dopo aver ottenuto da Gazprombank l’assicurazione che i contratti in vigore sarebbero stati considerati rispettati una volta avvenuto il pagamento in euro o in dollari.

Secondo alcune ricostruzioni pubblicate sui media, la Polonia e la Bulgaria hanno però rifiutato il nuovo sistema di pagamento. Il ministero dell’Energia bulgaro ha spiegato che viola il contratto attualmente in vigore con Gazprom e che mette a rischio la Bulgaria di pagare il gas senza poi riceverlo; secondo Reuters, anche la compagnia energetica polacca PGNiG si sarebbe rifiutata di pagare per il gas secondo le modalità volute dalla Russia.

I due paesi non sono gli unici ad aver rifiutato la conversione del pagamento in rubli (per ora accettata soltanto dall’Ungheria), ma sono probabilmente i primi – o comunque tra i primi – per cui i pagamenti per il gas erano in scadenza, e per questo sarebbero stati colpiti. Le date dei pagamenti per le forniture di gas sono segrete, ma almeno un giornale polacco citato da Bloomberg ha rivelato che la scadenza per il pagamento della forniture alla Polonia era venerdì, e Gazprom ha fatto sapere che la Polonia deve pagare per le forniture immediatamente (e in rubli).

Per quanto riguarda gli altri paesi europei – Italia compresa – non si sa ancora quali saranno le reazioni alle richieste russe, ma hanno ancora un po’ di tempo per decidere perché le scadenze dei pagamenti per il gas non sono ancora arrivate. L’interruzione delle forniture di gas a Polonia e Bulgaria diventerà probabilmente un fattore rilevante nelle decisioni future, e avrà anche un effetto importante nella discussione sulle prossime sanzioni da imporre contro la Russia.

Indipendentemente dalle cause, l’interruzione delle forniture di gas a due paesi più periferici all’interno dell’Europa (l’economia polacca è piuttosto grande in realtà, ma poco dipendente dal gas russo) consente alla Russia di inviare una minaccia indiretta ai paesi più grandi, come la Germania e l’Italia, dove gli effetti economici di un’interruzione delle forniture di gas sono molto temuti.

Per la Polonia l’interruzione delle forniture non dovrebbe essere un problema nel breve termine. Secondo le stime più recenti, PGNiG, l’azienda dello stato polacco che si occupa della gestione del gas, nel primo trimestre di quest’anno aveva acquistato dalla Russia il 53 per cento circa del gas importato in Polonia. Tuttavia il governo polacco ha fatto sapere che grazie alle attuali forniture da altri paesi, alla minore domanda in vista dell’arrivo della stagione calda e alle riserve di gas del paese non ci saranno tagli alla distribuzione di gas per le attività produttive e domestiche.

La ministra per il Clima polacca Anna Moskwa ha sottolineato che i depositi di gas polacchi sono pieni per il 76 per cento – cioè molto di più di quelli della maggior parte degli altri paesi europei; quelli di Germania e Italia sono pieni per meno del 35 per cento attualmente – e che quindi il gas non mancherà nelle case.

La situazione della Bulgaria, che importa circa il 90 per cento del gas che usa dalla Russia, è più complicata: solo il 17 per cento dei suoi depositi di gas è pieno al momento.

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