A New York Uber ha fatto pace con i taxi

Grazie a un nuovo accordo sulla sua app si potranno chiamare anche i famosi taxi gialli, con potenziali vantaggi per entrambe le parti

(AP Photo/ Richard Drew, File)
(AP Photo/ Richard Drew, File)

Giovedì Uber, il servizio di noleggio di auto con autista, ha annunciato di aver trovato un accordo con l’amministrazione locale di New York per rendere possibile la prenotazione di tutti i normali taxi della città attraverso la propria app, dove continuerà a essere offerto anche il suo servizio di trasporto a chiamata. L’accordo sembra poter risolvere il problema della mancanza di autisti di Uber, accentuato dalla pandemia da coronavirus, e allo stesso tempo dovrebbe portare più clienti ai tassisti newyorkesi, che da anni si lamentano del calo di lavoro causato proprio dalla presenza di Uber e degli altri servizi simili.

Fondata a San Francisco nel 2009, negli ultimi anni Uber aveva già stretto alcune collaborazioni con i servizi locali di taxi in vari paesi: l’accordo appena raggiunto con New York però è il primo che preveda una collaborazione con una città così grande e su così ampia scala. L’azienda ha spiegato che con il nuovo servizio sarà possibile prenotare non solo le auto disponibili su Uber, ma anche i circa 14mila taxi registrati presso la New York City Taxi and Limousine Commission. I dati dell’app di Uber saranno integrati con quelli delle due app più utilizzate per prenotare un taxi in città, Curb e Arro; il servizio dovrebbe essere disponibile dalla fine di questa primavera.

Uber ha fatto sapere che il costo di un viaggio con un taxi chiamato tramite la sua app sarà più o meno uguale a quello di una corsa col servizio Uber X, cioè quello più richiesto e solitamente quello più economico (a eccezione del servizio Uber Pool, che permette di condividere il viaggio con altri passeggeri che si spostano nella stessa direzione e si basa sulla logica del “carpooling”). Anche il compenso dei tassisti che accettano le corse tramite l’app di Uber sarà calcolato in maniera simile a come viene già calcolato quello degli autisti di Uber, e non in base al tempo di percorrenza: i tassisti potranno vedere quanto incasseranno prima della corsa e decidere se accettarla o meno.

Uber fu creata con l’idea di rivoluzionare il sistema di trasporto a chiamata, ma negli anni ha incontrato numerose resistenze e proteste da parte dei tassisti in tutto il mondo, Italia compresa, in qualche caso trovando dei compromessi. Durante la pandemia da coronavirus, negli Stati Uniti, l’azienda ha inoltre dovuto fare i conti con la scarsità degli autisti, che per via della poca domanda nelle fasi più acute dell’epidemia avevano trovato altri lavori, in particolare nel settore delle consegne a domicilio (lo stesso problema c’è stato anche nel Regno Unito, dove oltre ai problemi legati alla pandemia molti autisti stranieri hanno lasciato il paese per via di Brexit). Il modello di business di Uber era insomma entrato in crisi negli ultimi anni, dimostrandosi incapace di generare stabilmente profitti.

Sia Uber che la sua principale concorrente, Lyft, hanno fatto sapere che gli autisti stanno progressivamente tornando a lavorare per i loro servizi. Da sola però in questo momento l’azienda non riesce a soddisfare la domanda: per questo adesso sta puntando proprio sui servizi di taxi tradizionali per rafforzare la propria offerta.

Uber ha fatto sapere di voler espandere il modello di servizio che introdurrà a New York anche in altre città statunitensi. Andrew Macdonald, responsabile della mobilità internazionale dell’azienda, ha detto al Wall Street Journal che Uber punterebbe addirittura a includere tutti i servizi taxi del mondo nella propria app entro il 2025: «è un obiettivo senz’altro ambizioso, ma penso che senz’altro sia raggiungibile», ha osservato.

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