I ceceni che combattono coi russi in Ucraina
Sono stati mandati dal leader ceceno Ramzan Kadyrov, noto per la sua brutalità, che vuole assicurarsi l'appoggio di Putin e indebolire i suoi oppositori
Nella guerra in Ucraina, a sostegno della Russia, sono intervenute anche alcune formazioni di combattenti ceceni inviate da Ramzan Kadyrov, il capo paramilitare della Cecenia vicino al presidente russo Vladimir Putin e noto per i suoi metodi di governo autoritari e repressivi: Kadyrov ha interesse a compiacere Putin perché è anche attraverso il suo sostegno che riesce a mantenere il potere. In Ucraina i combattenti ceceni hanno agito soprattutto nelle prime fasi dell’invasione, oltre che nell’assedio di Mariupol, la città finora più martoriata dai bombardamenti russi.
Dall’inizio della guerra, secondo il Financial Times, la Cecenia ha inviato in Ucraina almeno tre formazione di combattenti. Non si sa di preciso quanti uomini siano: Kadyrov ha parlato di circa 10mila, minacciando di mandarne altri 60mila, ma diverse ricostruzioni di esperti sostengono che siano molti meno, tra i 3.500 e i 7mila.
I ceceni hanno combattuto coi russi soprattutto durante le prime fasi dell’invasione: molti di loro, tra cui un comandante, sarebbero stati uccisi durante la controffensiva ucraina al piccolo aeroporto militare di Hostomel, circa 25 chilometri dal centro di Kiev, in una delle battaglie più decisive finora di tutto il conflitto. Secondo l’intelligence occidentale, nelle prime 48 ore dell’invasione alcune formazioni cecene assoldate dai russi avrebbero tentato di uccidere il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
I combattenti ceceni hanno inoltre collaborato coi russi nell’assedio di Mariupol, ormai quasi completamente distrutta, senza acqua, cibo e rifornimenti, in cui ci sono stati alcuni degli attacchi più brutali della guerra, tra cui il bombardamento di un ospedale.
Le forze cecene sono note per i loro metodi di combattimento violenti e brutali, basati tra le altre cose su torture, detenzioni arbitrarie e tecniche di interrogatorio particolarmente dure. Anche se secondo varie analisi non saranno determinanti per l’esito delle operazioni militari, le forze cecene sono comunque un punto di forza per la Russia. «I combattenti ceceni possono essere usati come strumento psicologico contro gli ucraini», ha detto al Guardian Aleksandre Kvakhadze, un ricercatore della Fondazione georgiana per gli studi strategici e internazionali, che si occupa del Caucaso settentrionale.
Alcuni dei combattenti ceceni oggi attivi in Ucraina, inoltre, sono particolarmente esperti: combatterono per esempio proprio contro i russi a Grozny, in Cecenia, durante le guerre degli anni Novanta tra le forze russe e filorusse e le milizie separatiste.
Lo stesso Ramzan Kadyrov si è esposto esplicitamente. Il 15 marzo, per esempio, aveva detto sul proprio canale Telegram di essersi unito alla campagna militare russa in Ucraina, un annuncio che poi è stato messo in discussione da molti. Kadyrov, che è noto per il suo uso spregiudicato dei social network, aveva condiviso una serie di video che sembravano mostrare lui e il suo braccio destro Adam Delimkhanov a capo di alcune divisioni di forze cecene mentre obbligavano alcuni prigionieri di guerra ucraini a cantare slogan ceceni e intimavano all’Ucraina di arrendersi. In questi video, Kadyrov sosteneva di trovarsi vicino all’aeroporto di Hostomel, a nord di Kiev.
Secondo l’intelligence ucraina – e secondo altre ricostruzioni – quei video erano però falsi e Kadyrov li aveva registrati dalla Cecenia.
Kadyrov, che ha 45 anni, è dal 2007 il capo della Cecenia, una repubblica della Federazione russa: ad affidargli l’incarico fu proprio Putin, con l’obiettivo di reprimere i moti separatisti ceceni. Come suo padre Akhmad, assassinato nel 2004, Ramzan Kadyrov sosteneva infatti il dominio russo sulla repubblica e aveva contribuito a reprimere con violenza le rivolte degli indipendentisti; anche con torture e rapimenti, secondo varie organizzazioni per i diritti umani. Come capo della Cecenia, Kadyrov è noto per i suoi metodi repressivi e antidemocratici ed è accusato di gravi violazioni dei diritti umani; tra le altre cose, è accusato di aver aperto campi di concentramento per gli omosessuali.
Da quando è al potere, Kadyrov ha sempre sostenuto il regime autoritario di Vladimir Putin, fornendogli per esempio sicari per uccidere i propri oppositori politici all’estero, o inviando forze per aiutarlo nelle proprie operazioni militari, tra cui l’invasione e l’annessione della Crimea nel 2014. Secondo Emil Solomon Aslan, politologo dell’Università Carolina di Praga, il sostegno di Putin sarebbe indispensabile a Kadyrov per rimanere al potere, visto che il leader paramilitare sarebbe osteggiato da buona parte della popolazione cecena.
Il rapporto tra Kadyrov e Putin – un rapporto di vassallaggio e convenienza, in sostanza – è simile a quello che Putin ha con altri leader autoritari di paesi che appartengono alla sfera d’influenza della Russia. Un esempio molto chiaro è il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko, che ha concesso alla Russia di usare il proprio territorio come deposito di armi e punto di partenza per l’invasione dell’Ucraina. Due anni prima, Putin aveva aiutato Lukashenko a reprimere le enormi proteste contro il suo regime, permettendogli di rimanere al proprio posto.
Sostenere l’esercito russo in Ucraina potrebbe servire a Kadyrov anche per un altro motivo. Tra le forze ucraine ci sono infatti alcune formazioni di ceceni suoi oppositori, che lui vorrebbe sconfiggere anche come atto dimostrativo rivolto ai dissidenti interni.
La collaborazione tra esercito russo e forze cecene, comunque, non è facile e ci sono stati episodi di tensione: secondo il Guardian, i combattenti ceceni si rifiuterebbero di riconoscere l’autorità dell’esercito russo, considerando come unico loro capo Kadyrov. I combattenti ceceni, tra l’altro, parlano sui social della guerra in Ucraina definendola appunto “guerra”, ignorando quindi le regole della propaganda russa, che continua a definire l’invasione dell’Ucraina una “operazione militare speciale”.
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