La Russia rischia il default

Cioè di non essere più in grado di pagare i propri debiti a causa dell'economia devastata dalle sanzioni: potrebbe essere un problema soprattutto per i creditori internazionali

di Eugenio Cau

Persone in fila per ritirare denaro da una banca a Mosca (AP Photo/Victor Berzkin, File Photo)
Persone in fila per ritirare denaro da una banca a Mosca (AP Photo/Victor Berzkin, File Photo)

Con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, è diventata sempre più concreta la possibilità che la Russia vada in default, cioè che non sia più in grado di ripagare il suo debito. Sarebbe un evento eccezionale, le cui conseguenze sono piuttosto difficili da prevedere: per avere un’idea dei suoi effetti – sia sull’economia russa sia sui creditori occidentali – bisognerà aspettare di capire come questo probabile default sarà gestito, e soprattutto se si limiterà ai titoli di stato o si estenderà anche ai bond societari, cioè ai debiti che le imprese russe hanno con i creditori internazionali.

Le società di rating e gli analisti sono ormai concordi nel ritenere che un default russo almeno su parte del suo debito di stato sia probabile.

La società di rating Fitch l’ha definito «imminente» e ha tagliato il rating del debito di stato russo, come avevano fatto in precedenza anche le altre grosse società di rating internazionale come Moody’s e S&P. Il taglio è stato così grosso che ormai il debito pubblico della Russia è considerato “spazzatura”, come si dice in gergo: significa che chi compra oggi titoli di stato russi corre un altissimo rischio di non essere ripagato. Anche Carmen Reinhart, l’economista a capo della Banca mondiale, ha detto che la Russia (assieme alla Bielorussia) si trova «chiaramente in zona default».

Si definisce “default” lo stato di insolvenza in cui il governo di un paese non è in grado (o, più raramente, si rifiuta) di pagare in tutto o in parte il proprio debito.

Tecnicamente, la Russia non è ancora in default perché dall’inizio della guerra non ha dovuto ripagare scadenze o interessi sul debito, ma le cose potrebbero cambiare nel giro di poche settimane. Il 16 marzo scade il termine per il pagamento di 107 milioni di dollari di interessi agli investitori stranieri, anche se per questi pagamenti è concesso un “periodo di grazia” di 30 giorni, nel corso dei quali il debitore non è ancora considerato insolvente. Se però il pagamento non arriverà entro il 15 aprile, allo scadere del “periodo di grazia”, la Russia sarà ufficialmente in default.

Secondo Reuters, altri pagamenti sono previsti in seguito: uno da 359 milioni di dollari il 31 marzo e uno da due miliardi il 4 aprile (anche in questo caso c’è un “periodo di grazia” di 30 giorni).

Per la Russia, sarebbe il primo default su debiti detenuti da creditori internazionali dagli anni successivi al 1917, quando il governo bolscevico appena istituito si rifiutò di pagare i debiti dello zar. La Russia era andata in default anche nel 1998, ma su 40 miliardi di dollari di debiti detenuti internamente: fu proprio a seguito di quella crisi, peraltro, che il presidente russo Vladimir Putin fu eletto, con la promessa di risollevare l’economia.

Fino a poche settimane fa, comprare titoli di stato russi era considerato un buon investimento. Il paese ha un debito basso (nel 2020 erano circa 280 miliardi di dollari; l’Italia, per fare un paragone, ha un debito pubblico di circa 2.500 miliardi di euro, cioè circa 2.900 miliardi di dollari), un eccellente rapporto tra il debito e il PIL e – prima della guerra – più di 640 miliardi di dollari in riserve di oro e valute straniere conservate dalla Banca centrale, che rendevano il pagamento del debito praticamente garantito.

Le cose sono cambiate radicalmente con l’invasione e dopo l’imposizione delle durissime sanzioni occidentali.

Nel giro di pochi giorni, il governo russo è passato da avere una grande disponibilità teorica di liquidi a esserne a corto: le sanzioni hanno ridotto le disponibilità economiche della Russia sia tagliando varie fonti di ricavo sia bloccando più della metà delle riserve che la Banca centrale russa deteneva in valuta straniera: degli oltre 640 miliardi a disposizione, secondo gli esperti ne è rimasta alla Russia meno della metà, il resto è stato congelato dai governi occidentali. Il tutto senza contare che la Russia ha ora una guerra costosissima e probabilmente molto lunga da finanziare. Al momento, dunque, è probabile che la Russia abbia ancora le risorse necessarie per pagare i debiti, ma che si stiano esaurendo rapidamente.

Ci sono anche problemi tecnici: il distaccamento del sistema finanziario russo da quello globale provocato dalle sanzioni, assieme ai controlli sui movimenti di capitale imposti dalle autorità russe, ha reso problematica anche l’emissione dei pagamenti: come ha scritto il Washington Post, alla Russia scarseggiano «i mezzi logistici» per pagare il debito.

C’è poi un altro elemento inedito che rende probabile un default: alla Russia, in questo momento, ripagare i propri debiti con i creditori internazionali potrebbe convenire poco.

Di solito, quando un paese va in default, la conseguenza peggiore che può subire è perdere l’accesso ai mercati internazionali. Se un paese non paga i propri debiti, faticherà a trovare investitori disposti a prestargli altri soldi, e se alla lunga non riesce più a finanziarsi rischia un tracollo completo della sua economia. Per questo, abitualmente, quando un paese va in default il suo governo si affretta a intavolare trattative con i creditori e a dilazionare i pagamenti per ridare fiducia ai mercati e mantenere aperta la possibilità di ottenere nuovi investimenti.

Ma la Russia ha già perso l’accesso ai mercati internazionali. A seguito delle sanzioni occidentali, non può ottenere prestiti da otto delle dieci più grandi economie mondiali e, anche senza le sanzioni, la guerra e la crisi economica hanno spaventato grandemente i creditori.

La Russia ha già subìto le conseguenze più gravi che di solito si accompagnano a un default e ormai, come ha detto il finanziere Jay Newman a Bloomberg, ripagare il suo debito è «opzionale… a questo punto non è logico che paghino». Questo, ovviamente, è vero soltanto nel breve termine: se la Russia spera di reintegrarsi nell’economia globale, dovrà ristabilire la fiducia dei mercati e trovare il modo di pagare i propri debiti.

Questo comunque non è un buon segno per l’economia russa: a corto di liquidi, sotto sanzioni, senza potersi rifinanziare sui mercati e con una costosa guerra in corso, la Russia rischia uno dei peggiori collassi economici degli ultimi decenni.

Il problema del default russo, intanto, riguarda soprattutto i creditori internazionali, che detengono una cifra pari a 40 miliardi di dollari di debito russo denominato in dollari ed euro e una pari a 28 miliardi di dollari denominati in rubli. È una somma importante, sulla quale, tra le altre cose, varie banche italiane hanno una certa esposizione: in particolare Unicredit, che è una delle banche europee in assoluto più esposte sull’economia russa, ma anche Intesa Sanpaolo.

Non è tuttavia una somma capace di provocare conseguenze disastrose sull’economia mondiale, sia perché non lo hanno fatto default peggiori (nel 2001 l’Argentina fece default su 82 miliardi di dollari di debito) sia perché è improbabile che il governo russo dichiari un default vero e proprio. È più probabile, per esempio, che cercherà di pagare i propri debiti denominati in valuta internazionale con i rubli, che in questo momento sono eccezionalmente svalutati. Di solito i titoli di stato emessi in una valuta si ripagano con la stessa valuta, ma questa settimana il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che obbliga a pagare in rubli i creditori che appartengono a paesi “ostili”.

Per i creditori sarebbe una grave perdita, ed è probabile che ci saranno dispute legali sulla questione. Tra le altre cose, è perfino stata avanzata la proposta di usare le riserve russe congelate dalle sanzioni per ripagare i creditori: è comunque una possibilità estremamente remota, che potrebbe provocare anni di contese.

Le cose potrebbero peggiorare notevolmente se si rifiutassero di pagare i propri debiti anche le imprese, e non soltanto lo stato russo. L’esposizione dei creditori internazionali alle imprese russe è di oltre 200 miliardi di dollari, che se non fossero pagati (o se fossero pagati in rubli svalutati, come imporrebbe il decreto firmato da Putin) creerebbero grossi problemi. Quest’ipotesi, remota, per ora non si è realizzata: al contrario, il 7 marzo la società di stato russa Gazprom ha pagato 1,3 miliardi di dollari di bond scaduti come previsto dai contratti, anche se non è chiaro se l’abbia fatto per rispettare gli impegni presi o perché non ha fatto in tempo ad adeguarsi alle nuove norme russe.