BioNTech vuole produrre vaccini nei container

L'azienda tedesca ha sviluppato un sistema che sarà sperimentato in Africa per semplificare e aumentare la produzione delle dosi

Prototipo dei container per la produzione di vaccini (BioNTech)
Prototipo dei container per la produzione di vaccini (BioNTech)

BioNTech, l’azienda di biotecnologie tedesca che ha sviluppato con la statunitense Pfizer uno dei vaccini a mRNA contro il coronavirus di maggior successo, sta lavorando a un nuovo sistema per produrre vaccini all’interno di container. La nuova soluzione dovrebbe consentire di facilitare la produzione delle dosi nei paesi in cui non ci sono grandi impianti industriali adeguati per farlo, come in diverse aree dell’Africa. La fornitura dei vaccini potrebbe migliorare sensibilmente nei paesi più poveri, e al tempo stesso BioNTech potrebbe tutelare meglio i propri interessi sia per quanto riguarda i ricavi sia i brevetti.

Il progetto prevede di impiegare fino a 12 container, simili a quelli impiegati per il trasporto delle merci sulle navi mercantili, collegati tra loro e dotati dei macchinari e degli equipaggiamenti necessari per la produzione dei vaccini. A pieno regime ogni minifabbrica sarà in grado di produrre tra i 40 e i 60 milioni di dosi di vaccini all’anno, che potranno essere impiegate nel paese di produzione o esportate nei paesi confinanti. BioNTech confida di poter ridurre sensibilmente i costi di produzione rispetto a un impianto tradizionale, che tra costruzione e messa a punto può arrivare a costare intorno ai 170 milioni di dollari.

Una prima fase sperimentale interesserà un paese africano, ha confermato BioNTech, senza fornire ulteriori dettagli. La società è comunque in contatto con i governi di Sudafrica, Ruanda e Senegal, ed è quindi probabile che i primi container siano consegnati in uno di questi paesi.

Salvo ritardi, l’installazione avverrà entro la fine di quest’anno, ma saranno poi necessari mesi prima di poter attivare l’impianto. Dovrà inoltre essere formato il personale locale che assisterà i tecnici di BioNTech e in seguito assumerà il controllo dei container.

All’Economist, il capo di BioNTech, Ugur Sahin, ha detto di avere già avviato i contatti con l’Unione Africana, l’organizzazione che coordina le attività e tutela gli interessi in ambito internazionale degli stati africani, e con diverse altre istituzioni sanitarie africane. I container dovranno infatti ricevere le autorizzazioni e le certificazioni necessarie per produrre prodotti farmaceutici, seguendo le indicazioni e le leggi locali sulla sicurezza dei farmaci. L’intero processo potrebbe richiedere fino a un anno di lavoro, rendendo pienamente operativi i container solo alla fine del 2023.

Modello dell’interno dei container (BioNTech)

Trasferire un intero sistema di produzione da un impianto tradizionale a uno modulare basato su container non è del resto semplice, soprattutto per un prodotto delicato come i vaccini a mRNA. Per produrli è per esempio fondamentale il mantenimento della giusta temperatura e di corretti livelli di umidità, risultato difficile da ottenere all’interno di container esposti al Sole e alle alte temperature che si incontrano in numerose aree dell’Africa.

I produttori di farmaci devono seguire le “norme di buona fabbricazione” (NBF), una serie di norme e linee guida condivise per la realizzazione dei farmaci. Una delle NBF più seguite deriva dalle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e coinvolge poi numerose autorità di controllo nei singoli paesi. Un farmaco o un vaccino realizzati secondo le NBF offrono importanti indicazioni sulla qualità dei prodotti, ma i siti industriali che le applicano impiegano di solito molto tempo prima di ricevere le certificazioni.

BioNTech dice che i suoi container seguiranno le NBF, e che di conseguenza potranno essere trasportati e installati in vari paesi, senza particolari perdite di tempo. Lo sviluppo della soluzione per rispettare i vari standard ha richiesto otto mesi di lavoro, ma diversi passaggi devono essere ancora svolti, compresi quelli per testare il complesso dei container nel mondo reale, all’esterno dei capannoni dove sono stati costruiti e accessoriati. Le certificazioni NBF ottenute in Germania e nell’Unione Europea dovrebbero rivelarsi sufficienti per ricevere i permessi negli stati africani dove il sistema sarà sperimentato.

Riprodurre su scale più piccole o in impianti improvvisati i processi per realizzare i vaccini a mRNA contro il coronavirus si è finora rivelato molto difficile, se non impossibile. Oltre ad avere i permessi per la produzione sotto licenza, quindi senza violare i brevetti di chi ha sviluppato i vaccini, le difficoltà sono legate al procurarsi reagenti e altre materie prime per produrre le dosi. Ulteriori difficoltà sono legate alla mancanza di conoscenze sulla messa a punto dei macchinari, che i detentori dei brevetti hanno sviluppato nei primi mesi della pandemia, affinandole man mano che acquisivano nuovi dati sull’andamento delle produzioni.

Ogni dispositivo compreso nella catena di produzione deve essere tarato con grande accuratezza, per ridurre il rischio di perdere interi lotti di vaccini mentre vengono realizzati. Le variabili riguardano temperatura e pressione, che devono essere tarate a seconda delle condizioni ambientali. Ciò significa che a seconda dell’ambiente in cui si trova il sito di produzione devono essere scelte impostazioni diverse.

Difficoltà nel tarare correttamente i sistemi erano già emerse nelle prime fasi di produzione, con difficoltà nel trasferimento delle conoscenze negli impianti di produzione di Pfizer-BioNTech. Il problema potrebbe ripresentarsi anche nel caso dei container, rendendo ancora più importante la formazione del personale che se ne dovrà occupare e lo sviluppo di soluzioni per ridurre i rischi, per esempio con software che aiutino a calcolare meglio i vari dispositivi.

Tra autorizzazioni, installazione e messa a punto, i primi container di BioNTech potrebbero impiegare fino a due anni per essere messi in attività. Per allora si confida che la pandemia da coronavirus sia finita, o per lo meno che si sia normalizzata soprattutto grazie ai vaccini. I nuovi impianti potrebbero essere quindi impiegati per la produzione delle dosi di richiamo, se queste si riveleranno necessarie per una somministrazione annuale per ridurre i rischi legati a nuove infezioni e varianti del coronavirus.

Una volta installati, i container potranno comunque essere utilizzati anche per la produzione di altri vaccini, cui sta lavorando BioNTech. Uno dei più attesi, soprattutto per l’Africa, riguarda il contrasto alla malaria, malattia che solo nel 2020 si stima abbia causato la morte di oltre 600mila persone in tutto il mondo, con il 96 per cento di queste registrate nel continente africano. Lo sviluppo di un vaccino sicuro ed efficace contro la malaria tiene impiegati da tempo numerosi gruppi di ricerca, ma BioNTech ritiene di avere buone possibilità di successo grazie ai vaccini a mRNA e alle cose che ha imparato in questi due anni di pandemia.